Come NON comprare una roulotte usata di sesta mano – Viola Veloce

Pubblicato: 30/09/2013 in articolo, cultura, curiosità, racconto, Società, umorismo
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Questa settimana mi taccio e con grande piacere vi presento un racconto di vita vissuta dalla mia amica Viola Veloce, una scrittrice molto brava e simpatica e, nel contempo, vi invito a seguirla sul suo blog.

Buona lettura, buon divertimento e… occhio agli acquisti!

Nicola

Come NON comprare una roulotte usata di sesta mano

di Viola Veloce

C’è sempre qualcosa di intimamente razzista quando si parla di qualcuno riducendolo alla sua origine etnica o al paese in cui è nato.

Orribile sentirsi definire: “Un italiano”, così com’è orribile bollare qualcuno semplicemente come: “slavo”.

Ma solamente andare a messa di domenica è politically correct e quindi mi prenderò qualche libertà nell’esposizione dei fatti relativi all’acquisto della mia roulotte di sesta mano da uno slavo.

Dopo aver fatto un paio di premesse per scusarmi di quanto scriverò.

Allora: nella scena che preferisco dei Blues Brothers, John Belushi cerca di comprare le donne dei vicini di tavolo, facendo probabilmente finta di essere slavo.

Chiede: «Quanto costa bambina? Quanto costano tue donne?» e conclude con: «Compro tutte tue bambine!».

Belushi era di origini albanesi e forse stava imitando qualche accento sentito nel quartiere (di albanesi) dov’era cresciuto.

Insomma, gli slavi non hanno storicamente la fama dei benefattori, anche se, tra loro, le brave e le cattive persone sono probabilmente distribuite (statisticamente) come nelle altre popolazioni.

C’è solo un piccolo dettaglio che li distingue dalle altre popolazioni: i maschi slavi sono spesso delle montagne di muscoli (tatuati) e non vorresti trovartene un paio contro una sera in cui hai bevuto un po’ troppo e magari hai fatto una battuta di cattivo gusto sul conto loro.

Scendendo ancora più nel dettaglio, non vorresti trovarti contro un ex-militare croato che ha combattuto a Vukovar (dove durante la guerra civile il sangue scendeva dai rubinetti al posto dell’acqua), e che ti sta vendendo una roulotte usata CHE FA SCHIFO.

Finite quindi le necessarie premesse, posso raccontare tutto dall’inizio.

L’estate di tre anni fa ero più scannata del solito.

I bungalow del campeggio nudista che fino a un anno prima costavano 45 euro al giorno (la mezza pensione) per due erano raddoppiati fino a toccare l’irraggiungibile vetta dei 90 euro al giorno.

Mi viene allora un colpo di genio: comprare una roulotte usata!

Telefono alla reception del campeggio naturista e parlo con uno degli impiegati. Gli chiedo se conosce qualcuno che potrebbe vendermi una roulotte.

Lui risponde immanente: «Certo, c’è un amico di cui mi fido. Si chiama Dragan. Ha fatto il soldato con me. È di Vukovar».

E mi dà il suo numero.

Lo chiamo.

Dragan risponde, ma parla male l’italiano.

Dice, con lo stesso tono di Belushi: «Io vendere te bella roulotte tutta legno!».

Gli chiedo: «Ma è veramente di legno? Ha gli interni di legno?».

Dragan risponde: «Certo, TUTTA LEGNO!».

Chiedo: «C’è anche l’acqua in roulotte?».

E lui, serissimo, come se l’avessi offeso: «Acqua sì!».

Insisto: «E il bagno, c’è il bagno?».

Lui allora ammette: «No, bagno no c’è».

«E quanto costa?», domando.

Lui spara: «1200 euro! Prezzo buono!».

Allora domando: «Ma di che anno è?».

Silenzio.

Chiedo ancora: «Di che anno è?».

Dragan a questo punto risponde: «1980, più o meno…».

Ho cominciato a ridere come una pazza.

Non ho detto nulla, ho solo riso.

Anche Dragan ha cominciato a ridere, e poi ha concesso: «Solo mille euro, faccio sconto!».

Bene, affare fatto.

Un mese dopo, io e Tommaso partiamo per le vacanze. In treno (non guido la macchina) fino a Trieste, dove prendiamo un autobus che ci porta in Croazia.

Tommaso mi chiede per tutto il viaggio come sarà questa famosa roulotte TUTTO LEGNO, e siccome io sono di un fottuto ottimismo, lo tranquillizzo: «Vedrai, sarà molto carina…».

Poi, verso le tre, arriviamo (in autobus) nel paesino dove Dragan ci sta aspettando.

Il mio obiettivo è di farmi portare la roulotte di Dragan in campeggio e non pagare neanche una notte nei bungalow, anche perché i bungalow sono tutti prenotati, e quindi, anche volendo pagare i 90 euro per una sola notte, non ci sarebbe posto.

Ma Dragan non si vede. Non c’è nessuno. Io e Tommaso ci sediamo su un muretto ad aspettarlo.

Verrà? O ci lascerà marcire da soli in un paese sconosciuto della compagna croata?

Dopo un quarto d’ora vediamo arrivare un SUV.

È lui. Si ferma davanti a noi e scende a salutarci.

Io e Tommaso rimaniamo col sedere incollato sul muretto.

Dragan non sorride, ma ghigna.

Sfoggia un metro e novanta di muscolatura in vera pietra croata, ed è tatuato fino ai denti.

Non fai fatica a immaginartelo che ammazza un serbo a coltellate, dopo un corpo a corpo in cui si sono presi a testate.

Mi dice, senza troppi complimenti: «Sali su macchina!».

Io e Tommaso saliamo.

Dopo cinque minuti di strada, arriviamo in una specie di campo abbandonato, dove c’è un cane lupo legato alla catena che abbaia  e una vecchissima roulotte abbandonata in un angolo, sotto un albero.

Ci accoglie una donna bionda, che prova quasi a sorridere.

Dragan ci fa scendere e io, tanto per dire qualcosa, domando: «È tua moglie?».

E lui risponde: «No, questa no è mia dona».

Allora indico il cane: «Ma questo cane è tuo, invece!».

E lui: «Questo no è mio cane! Quelli miei cani!».

E indica con un dito una gabbia poco vicina dove sono pigiati due molossi da cento chili l’uno, così feroci da sembrare incrociati con i leoni del Colosseo (quelli che mangiavano i cristiani).

I due molossi ringhiano come belve affamate.

Mi guardo intorno: non ho via di fuga. Ma soprattutto non ho un posto dove dormire di notte.

Chiedo a Dragan: «Posso vedere dentro la roulotte?».

Lui allora risponde: «Sì, ma prima pulire!».

Fa un gesto alla bionda che sale e porta fuori dei sacchi a pelo puzzolenti.

Dragan dice: «Dormito cugino in roulotte!».

Io e Tommaso entriamo a dare un’occhiata, ma scappiamo fuori immediatamente, vinti dalla sporcizia e dalla puzza di chiuso.

Riesco a dire: «No, non la voglio! Brutta roulotte, brutta! Non ne hai un’altra?».

Dragan e la bionda confabulano per un minuto, e poi mi indicano un’altra roulotte seminascosta dietro una casa lì vicino.

Sembra ancora più schifosa di quella appena vista.

Ma Tommaso mi tira per una manica: «Diamo un’occhiata, mamma…».

Andiamo a vedere il rudere.

image

L’interno sembra polverizzato: ci sono ancora le tracce delle mantovane a fiorellini che pendolano sbilenche dalle finestre, e tutto è coperto da una polvere biancastra che sa di malato.

Un formicaio si è già mangiato metà parete della cucina, e sento Dragan che dice: «Questa roulotte molto bela: 1400 euro!».

Tommaso mi guarda nelle palle degli occhi: «Prendiamo l’altra!».

Scendiamo dal rudere e torniamo verso la roulotte TUTTA LEGNO.

Dico a Dragan: «Questo no legno!» (gli interni sono di formica color legno).

Lui allora urla: «No, questo LEGNO!».

Tommaso insiste: «Compriamola e andiamocene!».

Io però 1000 euro per quella merda non glieli do.

Mi faccio ammazzare, ma non glieli do.

Butto lì: «La compro, ma solo per 700 euro!».

Che è pur sempre un prezzo assurdo per quello schifo.

Allora Dragan parla cinque minuti furiosamente con la sua amica bionda e dice: «Torna domani per risposta. Oggi no so!».

«Cosa vuol dire: torna domani?», gli chiedo.

Ma lui è furioso: «Torna domani: oggi no so!».

Tommaso mi guarda: «Mamma, compriamola e basta!».

Io allora rilancio: «800 euro OGGI va bene?».

Dragan parla in croato per altri cinque minuti con la bionda e poi emette la sentenza: «Ok, tu dare me 800 euro oggi e roulotte tutta legno tua!».

E fu così che sono diventata l’onorabile proprietaria di una roulotte in formica del 1981 dove ancora trascorro le mie confortevoli e ricche vacanze naturiste.

Copyright © by Viola veloce

commenti
  1. Nicola Losito ha detto:

    Cosa posso aggiungere a ciò che ti ho già detto e scritto? Hai avuto un grande coraggio a contrattare con Dragan l’acquisto della roulotte e… anche a comprarla, dopo averla vista! 😀
    Nicola

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  2. tramedipensieri ha detto:

    Boh…che dire…non l’avrei comprata …ma nemmeno per idea!
    Croato, russo o americano con o senza tatuaggi….

    °_°

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  3. anna maria liuzzi ha detto:

    davanti alla forza fisica sono una fifona, forse l’avrei comprata anch’io. o forse no. ma una cosa è certa: prima di ogni mio acquisto che non sia la spesa al supermercato, mi ricorderò di questo racconto.
    annamaria

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  4. Nicola Losito ha detto:

    Brava scrittrice Viola Veloce, no?
    Ha scritto davvero un racconto da non dimenticare!
    Un caro saluto.
    Nicola

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  5. fulvialuna1 ha detto:

    Però!!!!

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  6. sissa ha detto:

    E’ ciò che io chiamo: tapparsi il naso e tuffarsi: vivere!
    Mangiare la minestra e contemporaneamente buttarsi dalla finestra,
    (niente “oppure!”).

    Solo così puoi gustare TUTTI i sapori della pietanza a te destinata.
    Brava Viola!

    Sis
    P.S. Mi chiedo cosa avrebbe fatto il Nic se i suoi giardinieri fossero stati “slavi”…

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    • Nicola Losito ha detto:

      Cara Sissa, bentornata!
      La nostra comune amica si è lanciata in un’avventura pericolosa che, però, è riuscita a gestire abbastanza bene. Tanto di cappello, invece, alla scrittrice.
      Per fortuna i miei giardinieri sono bergamaschi e, a parte il dialetto incomprensibile, sono persone simpatiche e affidabili. Curare i giardini non è un mestiere adatto a gente “macha” di razza slava. Per cui non ho corso quel pericolo… 😀
      Ciao e a presto.
      Nicola

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  7. Viola Veloce ha detto:

    Sì, sono quella della roulotte. Ma, credetemi, c’è qualcosa di meraviglioso a rotolarsi nella melma (se la conosci bene). Sì, lo confesso, uno dei libri che mi hanno segnato di più si chiamava la Sequestrata di Poitiers, o qualcosa del genere, di Andrè Gide.
    La storia di una ragazza minorata mentale che passa tutta la vita chiuda dentro una stanza, stanza che non viene mai pulita, neanche dai suoi escrementi.
    Quando la trovano, trent’anni dopo, i medici la portano in ospedale.
    La sequestrata di Poitiers viene lavata, pulita, accudita.

    Ma lei non è contenta.
    Vuole ritornare nella sua cameretta.
    Chiama la sua prigione: “Il Grande Forno Malempia”.
    Il Grande Forno le manca.
    L’ospedale, le cure dei medici, la compagnia degli altri esseri umani le fanno schifo.

    Tutti abbiamo un forno Malempia da qualche parte.
    Un posto umido, scuro, buio e sporco, dove però ci sentiamo al sicuro.
    La mia roulotte è il MIO Grande Forno Malempia.
    Mi piace, ho voglia di tornarci.

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  8. Nicola Losito ha detto:

    Cara Viola,
    mi ha fatto piacere che tu sia intervenuta a difendere la tua scelta al limite dell’incoscienza. Hai avuto coraggio ad affrontare una strada che pochi, te lo assicuro, avrebbero intrapreso. Ti è andata bene e ora, dopo il tuo profondo commento, ho capito perché.
    Chapeau!
    Nicola

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    • ili6 ha detto:

      Simpaticissimo racconto che mi riporta indietro nel tempo…noi non acquistammo una roulotte, l’affittammo per due mesi e con “Brattitta” (diminuitivo di bratta, blatta in italiano…ed è tutto dire) ci accadde di tutto dalla Sicilia alla Danimarca a/r . Lo raccontai tempo fa nel blog e mi ci vollero ben 3 post per dire di tutte le vicissitudini accadute, dal comico al pericolo di vita. Brattitta, però,resterà sempre tra miei ricordi più belli.
      Ciao
      Maria Rosaria

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