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Viaggio in Cina – Gran Finale!

Suzhou, 22 Ottobre 2014, Mercoledì, primo pomeriggio.

Prima di lasciare Suzhou andiamo a visitare un altro importante giardino il cui nome, al solito, lunghissimo è il Giardino del Maestro delle Reti (o del Pescatore). In città ci sono decine e decine di giardini/parchi, ma questo ha un fascino speciale dovuto al coreografico intreccio di laghetti, ponticelli, passatoie coperte e scoperte, e alla simpatica offerta di graziose pagode a disposizione dei visitatori per una piacevole sosta all’ombra. Il tutto corredato da una miriade di estese piante acquatiche, cespugli, fiori e alberi di mille varietà. In questo giardino, inoltre, c’è una notevole raccolta di rocce bizzarre che avevamo già visto a Guilin, disposte un po’ ovunque a mo’ di imponenti e coreografiche statue.

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Avrei tante altre foto da pubblicare, ma penso di avervi dato abbastanza l’idea della bellezza del giardino del maestro delle reti.

Usciti da questo piccolo paradiso terrestre, facciamo quattro passi a piedi in una via di Suzhou, in attesa che il pullman ci venga a prelevare. Abbiamo così la possibilità di intravvedere un vicolo dove c’è un frequentatissimo mercato delle pulci: sarebbe stato interessante dargli un’occhiata ma il tempo stringe. Dobbiamo tornare a Shanghai in autostrada e poi raggiungere l’aeroporto di Pudong dove ci attende l’aereo che ci riporterà in Italia.

Per tornare a casa utilizziamo ancora la compagnia Emirates, ma il volo verso l’Italia non è diretto. Facciamo scalo a Dubai e, infine, dopo una sosta di un paio di ore, riprendiamo a volare verso Milano dove atterriamo alle ore 16 di giovedì 23 Ottobre 2014.

Conclusione.

Ho già raccontato nelle prime puntate del diario di bordo cosa mi è successo durante il volo di ritorno e non sto a ripetermi, dico solo che per almeno una decina di giorni ho sofferto le pene dell’inferno a causa del jet lag. Ma io sono un caso particolare e non faccio testo. Da quel che so, tutti gli altri del gruppo non hanno avuto gli stessi miei problemi.

Il tour in Cina, durato circa 15 giorni, è costato all’incirca 4000 euro a testa, compresi tutti i voli, i pasti, gli alberghi, gli ingressi alle varie location visitate, le mance alle guide, i souvenir per gli amici… e quant’altro. Dunque non è stato un viaggio economico, però, mi auguro che tutti possiate farlo almeno una volta nella vita. Ne vale davvero la pena.

Moltissime sono le cose che mi sono piaciute nel Paese di mezzo, elencarle tutte sarebbe troppo lungo. Nelle diverse puntate del diario, però, ho già avuto la possibilità di dichiarare le mie preferenze nelle località visitate. Comunque, quelle che di sicuro non dimenticherò sono tre:

1) la crociera in battello sul fiume Li a Guilin, per lo spettacolo unico al mondo delle colline bizzarre che ci hanno accompagnato lungo tutto il tragitto (73 km.), per la vita (lavoro e svago) che si svolge su quel placido corso d’acqua e per le numerose altre attrattive naturali che si affacciano su entrambe le sue rive.

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2) l’esercito di terracotta a Xian, per la maestosità del progetto della tomba che il generale Qin Shi Huang si è voluto predisporre per accompagnare il proprio sonno eterno.

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3) il Grande Budda scolpito nella roccia a Leshan che, da secoli, è punto di riferimento per i credenti che vivono e gravitano in quelle terre.

Budda Gigante

Sulla popolazione cinese ho poco o nulla da dire perché non abbiamo avuto mai contatti diretti con gli abitanti delle varie città dove abbiamo sostato, non perché fosse proibito, ma perché non avevamo il tempo per intrattenerci con loro. Inoltre c’era il problema della lingua: pochi in Cina conoscono l’inglese o altre lingue. Solo nelle grandi città gli studenti universitari e i professionisti parlano l’inglese: pare però che adesso questa lingua venga insegnata anche nelle scuole inferiori. Hong Kong e Shanghai sono le città moderne che mi sono piaciute di più: in entrambe si respira davvero aria internazionale. I grattacieli sono molto belli e danno l’idea di non essere ammassati fra di loro come capita in alcune zone di New York o di altre città degli Stati Uniti.

La Cina è un colosso che – per numero di abitanti e potenza economica – fa paura a noi abitanti del vecchio mondo però, se il made in Italy  di pregio saprà aggredire  con intelligenza quell’immenso mercato, per noi ci saranno grandi possibilità di espansione in un paese che sta iniziando ad apprezzare le cose belle e ben fatte.

Ringraziamenti.

Un grazie sentito a tutti gli amici che hanno partecipato al viaggio assieme a me: sono stati una compagnia gradevolissima. Grazie a chi mi ha permesso di utilizzare le loro foto sia nei vari post che nei filmati: Mirella e suo marito Giorgio II°, Barbara e suo marito Sergio, Giorgio I° e mia moglie Chicca. Alcune foto a corredo dei post le ho scovate in Internet: per queste mi sento in dovere di ringraziare gli sconosciuti autori che le hanno rese disponibili gratuitamente.

Per le notizie storiche mi sono servito spesso di Wikipedia, di articoli scovati in Rete e del libro Appunti di Viaggio di Luigi Paoli: Cina, la civiltà del Fiume Giallo edito da Mistral Tour e della Guida Express Viaggi & Turismo, Cina, donataci dall’Agenzia La Mirage che ha organizzato ottimamente il nostro tour.

Grazie, infine, ai tanti naviganti della Rete che hanno avuto la pazienza di spendere un po’ del loro tempo per leggere i miei lunghissimi post e, infine, un ringraziamento particolare va a quei pochi che hanno visionato anche i miei filmati.

Appuntamento al prossimo viaggio!

Nicola

Shanghai, 22 Ottobre 2014, mercoledì.

Sveglia antelucana questa mattina. Dobbiamo fare colazione ed essere pronti con i bagagli al seguito perché oggi lasciamo definitivamente l’Hotel Central e col pullman ci spostiamo a Suzhou, ultima tappa del nostro tour in Cina. Durante il trasferimento accendo la macchina fotografica e, per passare il tempo, mi diverto a scattare decine di istantanee dell’estesa periferia di Shanghai e dell’intrico di autostrade che escono dalla città. Nella foto sotto se ne notano tre…

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Dopo avere percorso 80 Km. di autostrada, verso le nove arriviamo a Suzhou, una città che viene definita, stante la sua conformazione idrica, la Venezia d’Oriente.

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Suzhou si trova nella provincia di Jiangsu, lungo le rive del Fiume Azzurro e sulle sponde del lago Taihu. La città è famosa per i suoi ponti di pietra, le pagode e gli splendidi giardini. Qui l’industria della seta, sviluppatasi durante la Dinastia Song (960 – 1279), continua ad avere una grande importanza strategica ancora oggi. A detta della guida, Suzhou è una delle città col più alto sviluppo economico della Cina e conta, attualmente, circa 8 milioni di abitanti. Sebbene vanti 2500 anni di storia, devo confessare che fino a qualche mese fa non conoscevo nemmeno il nome di questa bellissima città…  Oh, splendida ignoranza!

Con i miei occhi ho potuto constatare la raffinatezza e la delicatezza dei suoi numerosi giardini e, giustamente, alcuni di questi sono nell’elenco dei patrimoni culturali dell’Unesco. Infine, vengo a sapere che per il suo clima temperato e per il suo pittoresco paesaggio, Suzhou è una delle più gettonate mete turistiche nei tour internazionali e nei tour della stessa popolazione cinese. L’impatto con la città è subitaneo: appena scendiamo dal pullman siamo catapultati in un paesaggio che ricorda molto alcuni scorci della Venezia  che tutti noi italiani conosciamo:

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La prima visita in programma è il Giardino dell’Amministratore Umile che, come vedremo, è il paradiso degli alberi bonsai. Il bonsai come si conosce oggi, è sostanzialmente quello giapponese, tuttavia l’origine dei bonsai è da situarsi in Cina: furono dei transfughi cinesi, approdati sulle coste giapponesi, a portare nel paese i primi bonsai. I giapponesi appresero questa tecnica e ne fecero un’arte, applicando alle piante coltivate i canoni della propria estetica influenzata dallo Zen.

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C’è poca gente in giro e così possiamo percorrere il giardino in tutta calma e scattare centinaia di foto, tutte da ammirare. Una curiosità: questo paradiso deve avere sicuramente ispirato il Tao chi all’anziano qui sotto fotografato:

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Davanti a noi, l’uomo si è tolta la giacca, l’ha piegata per benino, l’ha appoggiata su un tavolino di marmo lì vicino e si è messo a danzare rivolto al sole… Fantastico! (vedi filmato)

Usciti dal giardino dell’Amministratore umile, prendiamo un largo sentiero alberato affiancato da un canale con acqua corrente pulita e, in pochi minuti, arriviamo ai piedi della Collina della Tigre dove, alla fine di una lunga scalinata, c’è un piccolo tempio buddista:

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In questo tempio, oltre alle classiche immagini di Budda, c’è qualcosa di simile al presepio caratteristico della religione cristiana, solo che qui le statuine, grandi e piccole, rappresentano personaggi del credo buddista.

La leggenda narra che il re Wu, fondatore di Suzhou, fece seppellire suo padre, re Fuchai, con le sue mitiche 3000 spade, su una collina artificiale alta 36 metri. Una tigre si insediò sulla collina, si dice per custodire le spoglie del defunto re e, per questo, essa prese il nome con cui oggi è conosciuta. Sulla cima della Collina della tigre venne eretta una pagoda in mattoni alta 47 metri che, a causa della superficie irregolare del terreno, iniziò a pendere. Attualmente è inclinata di due metri.

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Dunque anche in Cina c’è un pizzico d’Italia: la laguna di Venezia e la torre di Pisa… in salsa cinese!

La mattinata termina con la visita a una fabbrica della seta dove vedremo come avviene il ciclo di formazione di questo prezioso tessuto, partendo dai bachi:

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Alcune signore, bypassando i mariti, acquisteranno splendidi foulard e colorate camicie, approfittando dei prezzi scontati, nel magazzino collegato alla fabbrica… e, alla fine, pranzeremo nella mensa predisposta appositamente per i turisti dalla direzione commerciale dell’azienda stessa.

Nel pomeriggio visiteremo altre bellezze di Suzhou, ma questo sarà l’argomento della prossima e ultima puntata.

Arrivederci.

Nicola

Crediti: foto di Mirella & Giogio II°, Barbara & Sergio, Giorgio I° e Chicca. Il filmato in Cinemascope e Alta Definizione è mio. Le notizie storiche su Suzhou le ho ricavato dagli Appunti di Viaggio di Luigi Paoli: Cina, la civiltà del Fiume Giallo. Edizioni Mistral Tour

 

Shanghai – 21 Ottobre, martedì pomeriggio.

Appena usciti dal magnifico giardino del Mandarino andiamo a pranzo e, subito dopo, raggiungiamo il Tempio del Budda di Giada (Yufo Si), l’unico tempio che non ha subito distruzioni dissennate durante la “rivoluzione culturale” di Mao.

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Costruito nel 1882 e riedificato nel 1928 per custodire due statue di giada di Budda portate dalla Birmania dal monaco Huigen è meta tutto l’anno di visitatori e fedeli. Oggi, dopo successive ristrutturazioni, il tempio offre oltre al Budda disteso e al Budda seduto in meditazione, entrambi in preziosa giada bianca, altre statue sia di giada sia in legno di grande pregio. Quelle che seguono sono le foto delle due statue birmane originali di Budda:

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Il tempio è anche un monastero in cui si celebrano molte feste religiose e dove il culto è intensamente sentito: canti e processioni accompagnano i riti che iniziano all’alba e durano tutto il giorno.

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Nella sala maggiore a pianterreno ci sono tre grandi statue in legno di Budda che rappresentano il passato, il presente e il futuro:

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Nel tempio ci sono tante pregevoli statue che rappresentano demoni, guardiani, tutte figure che appartengono al credo buddista:

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Terminata la visita al tempio, si torna in albergo e la guida, prima di cena, ci lascia liberi di girovagare per Shanghai. Ci dice, inoltre, di avere prenotato per noi il pullman per andare di nuovo nel quartiere Pudong e poterlo così gustare nella versione by night.  All’uscita del nostro albergo mia moglie e io ci immettiamo nella famosa via Nanchino, la più importante strada commerciale di tutta la Cina. In certi tratti, a pochissima distanza dall’Hotel Central dove siamo alloggiati, la via diventa solo pedonabile e assomiglia moltissimo alla newyorchese Manhattan: un vero spettacolo di palazzi, grattacieli, negozi di lusso. Peccato che stia piovigginando. Durante la passeggiata incontriamo un grande rivendita di prodotti alimentari che dire fantasiosi può sembrare un eufemismo… Entriamo per filmare e fotografare, di certo non per acquistare! Tra l’altro quel “cibo” è tutta “roba” che costa cara.

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Un’altra cosa bella di Shanghai che, purtroppo, non abbiamo visto è il Parco Huangpu: questo parco fu aperto ai cinesi solo nel 1928: prima di quell’anno, un cartello all’ingresso recitava: «Vietato l’accesso ai cinesi e ai cani». A bocca aperta

Dopo una sostanziosa cena al self-service dell’albergo Central, prendiamo il nostro bus che, in pochi minuti, ci porta al quartiere Pudong proprio di fronte al Bund, il centro finanziario di Shanghai. Le condizioni atmosferiche sono migliorate, non piove più, rimane soltanto una nebbiolina che nasconde la parte alta dei grattacieli. Comunque sia, lo skyline di Pudong è uno spettacolo di luci capace di vincere anche qualche piccola défaillance del tempo.

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Per i volenterosi che desiderano vivere dal vivo Shanghai, possono guardare il mio filmato:

Alla prossima!

Nicola

Crediti: foto di Mirella & Giorgio II°, Chicca, Giorgio I°, Barbara & Sergio che sono appena rientrati nel gruppo dopo avere esplorato il Tibet e dintorni. Alcune foto sono frutto di ricerche sul Web. Il filmato è mio. Le informazioni storiche le ho ricavate da Internet e dagli Appunti di viaggio di Luigi Paoli su Cina e la civiltà del Fiume Giallo, ed. Mistral

 

Pechino, 19 Ottobre 2014, Domenica sera.

Domenica sera dopo avere degustato l’anatra laccata, la nostra guida ci anticipa che l’indomani dovremo lasciare l’albergo di prima mattina (quindi occorrerà preparare le valige stasera stessa, prima di andare a dormire) e, dopo avere sbrigato in mattinata le ultime due visite programmate a Pechino, lui ci accompagnerà  in stazione dove prenderemo il treno super veloce che, in poco più di quattro ore, percorrerà 1310 km. e ci scaricherà, armi e bagagli, a Shanghai, ultima tappa del nostro tour in Cina.

Il nostro spiritoso cicerone cinese ci avvisa, ridendo, che domani sarà una giornata “pesantina” (perché tutte le altre come sono state?) per cui conviene fare una sostanziosa prima colazione al King Grand Hotel che ci ospita per avere la giusta energia per affrontare la Piazza Tienanmen e il Tempio del Cielo. Il pranzo a menù turistico che faremo in un ristorante già prenotato da tempo, lo dice lui stesso, sarà modesto come sempre.

Pechino, 20 Ottobre 2014, lunedì.

Una volta sistemate le valige sul pullman, alle 8.30 partiamo e dopo pochi minuti di trasferta, siamo già in coda al check-in predisposto all’ingresso della Piazza Tienanmen. Come negli aeroporti, siamo costretti a passare un accurato controllo eseguito da zelanti poliziotti tutti ben armati e con in mano un apparato ricetrasmittente con antenna satellitare. Per la prima volta da quando siamo in Cina, ci sentiamo controllati a vista e non abbiamo voglia di scherzare fra di noi mentre aspettiamo di potere entrare nella piazza. Anche la guida, ovvio, deve passare il controllo dei documenti e del borsello.

A metterci ancor più di malumore contribuisce la foschia mattutina che avvolge la città. Questa fitta nebbiolina, in buona parte dovuta allo smog industriale, uno dei più alti al mondo, ci farà compagnia durante tutta la visita. Diverse guardie in uniforme sono piazzate sull’attenti davanti ai vari punti sensibili e molte altre, in coppia o singolarmente, camminano seguendo un percorso che permetta loro di tenere costantemente sott’occhio i turisti, invece di tranquillizzarci ci incutono soggezione (dire timore forse non è esagerato). Insomma nessuno di noi è veramente tranquillo mentre gironzoliamo e fotografiamo i vari monumenti e i palazzi che si affacciano sulla grande piazza.

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Al momento di uscire dalla piazza Tienanmen assistiamo alle esagitate proteste di una donna che, in ginocchio, urla e piange mentre due guardie e un agente in borghese le strappano di mano un foglio e, sollevata di peso, la portano via. Notate come i civili assistono silenziosi e indifferenti alla scena: sulla sinistra c’è un uomo che gioca tranquillamente col telefonino… Ha avuto un bel coraggio uno del nostro gruppo a scattare questa foto…

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Dunque è solo per non dimenticare che pubblico la famosa foto di Jeff Widener, Associated Press, che ritrae uno sconosciuto e inerme rivoltoso durante le dimostrazioni studentesche sulla piazza Tienanmen nella primavera del 1989, poi tragicamente represse dall’esercito cinese:

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Chiudo qui il discorso perché, come sapete tutti, la politica italiana ed estera non è di casa nel mio blog anche se, ovviamente, la seguo nella vita quotidiana.

La seconda meta che affrontiamo appena lasciata la piazza Tienanmen è il Tempio del Cielo, anche detto Tempio del Paradiso, costruito tra il 1406 e il 1420 sotto le dinastie Qing e Jiaqing. Si tratta dell’edificio di culto più importante della Cina. Il complesso si estende su un’area di quasi tre km. quadrati e presenta tre gruppi di costruzioni di grande interesse storico e architettonico:

1 – Altare circolare: una piattaforma circolare di tre piani di marmo bianco, ognuno dei quali circondato da una balaustra in pietra, che costituiva la zona centrale dei sacrifici imperiali ai cieli: questi si tenevano prima dell’alba del solstizio d’inverno (verso il 22 dicembre), ed erano presieduti dall’imperatore. Il primo piano è la terrazza dell’uomo, il secondo, la terrazza della terra e il terzo, la terrazza del cielo. Questa struttura rappresentava la triade cosmica fra l’imperatore, la Terra e il Cielo. A sud-est dell’altare si trova una serie di speciali bracieri, che servivano a bruciare gli animali, le giade e le sete offerti in sacrificio:

Pechino Tempio del Cielo Altare circolare

Pechino Tempio del Cielo Altare Circolare

2 – Tempio del Dio dell’universo: un edificio circolare a un solo tetto spiovente, costituito di un solo piano di marmo. Qui venivano riposti gli altari quando non erano in uso. Inoltre è circondato da un muro circolare, chiamato Muro dell’eco, perché se si parla a bassa voce a una delle estremità si può essere sentiti dall’altro capo.

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3 – Tempio della preghiera per il buon raccolto, una grande struttura circolare a tre cornicioni eretta su una terrazza circolare a tre piani. Qui l’imperatore pregava per il buon raccolto estivo, di conseguenza l’edificio ha rapporto con la cultura agricola, ad esempio le quattro colonne interne più alte si dice rappresentino la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno; gli antichi cinesi suddividevano il giorno in 12 periodi, per cui le 12 colonne che sostengono il primo cornicione rappresentano i 12 periodi, mentre le 12 colonne mediane indicano i 12 mesi dell’anno, per un totale di 24 colonne, simbolo dei 24 periodi del calendario lunare:

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Ma tante altre splendide costruzioni sono presenti nel grande complesso che stiamo visitando:

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Qui parecchi sposi vengono a fare le foto artistiche e di buon augurio del proprio matrimonio:

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Se desiderate entrare nell’atmosfera che si respira nel Tempio del Cielo non vi resta che guardare il filmato: ne vale davvero la pena.

Termina così la nostra permanenza a Pechino. Dopo pranzo la guida ci porterà nella stazione dove partono i treni ad alta velocità che collegano Pechino a Shanghai. Si tratta di una stazione particolare: ci si deve assoggettare ai controlli tipici di un aeroporto, non si può andare sui binari finché il treno non è pronto per partire e, una volta saliti sulle carrozze, è proibito cambiare il posto che ci è stato assegnato, pena la fustigazione in loco… A bocca aperta

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Questi treni erano stati progettati per raggiungere i 350 km. orari ma poi, dopo un brutto incidente, la velocità massima è stata fissata a 310.

Alla prossima!

Nicola

Crediti: le foto sono di Mirella & Giorgio II°, Giorgio I° e Chicca. Qualche immagine l’ho scaricata da Internet. Il filmato è mio. Alcune notizie storiche sul Tempio del Cielo le ho tratte dal libro di Luigi Paoli “Appunti di viaggio, la Cina e la civiltà del fiume giallo”. Ed. Mistral Internazionale.

 

16 Ottobre 2014, Giovedì.

Nel pomeriggio dopo la full immersion nel Centro di Ricerca e Riproduzione del panda gigante e del panda rosso, lasciamo Chengdu e salutiamo Barbara e Sergio, due amici del gruppo, che hanno in programma un breve tour in Tibet. Li ritroveremo a Shanghai per concludere, di nuovo insieme, il nostro viaggio in Cina. Senza altri indugi andiamo in aeroporto per prendere un volo interno che, in un’ora, ci porterà a Xi’an. Come al solito ad attenderci c’è la nuova guida locale, un simpatico giovanotto, italiano-parlante, che ci condurrà in pullman all’Hotel Golden Flower Shangri-la, un superbo 5 stelle:

 

Hotel Golden Flower Shangri-la

dove dormiremo due notti.

17 Ottobre 2014, Venerdì.

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Xi’an, situata nella parte nord-occidentale del paese, è città importantissima in Cina potendo vantare 3100 anni di storia. La guida, nel presentare la sua amata città, ha detto: “Se la Cina fosse un albero, i rami e le foglie rappresenterebbero Shanghai, il tronco, Pechino e Xi’an, le radici, cioè la storia e la cultura”. Per tantissimo tempo, nell’antichità, Xi’an è stata capitale della Cina e la fine orientale della via della seta. Oggi la città supera i dieci milioni di abitanti, ma avremo poco tempo per dare un’occhiata alla parte urbana moderna (40 università e un milione di studenti, traffico caotico) perché ci immergeremo subito nel suo glorioso passato visitando la Cinta Muraria Ming, una costruzione difensiva massiccia lunga 14 km. larga 18 mt. alla base e 15 mt. in cima e con postazioni di guardia ogni 120 metri. La dislocazione delle singole postazioni fu decisa calcolando in 60 mt. la distanza raggiungibile da una freccia scoccata dall’arco di un soldato in grado di colpire mortalmente un nemico che fosse riuscito a scalare le mura.

Cominciamo dalla Cinta Muraria Ming:

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Nota di colore: dall’alto delle mura è possibile vedere una piattaforma  dove un folto gruppo di persone (giovani e anziani, uomini e donne) danzano (Tai chi chuan) al suono di una radiolina, guidati da un istruttore che mostra le giuste mosse da compiere. Dall’altra parte delle mura, in corrispondenza, un vasto mercato offre merce di ogni specie su banchetti allestiti alla buona.

Al termine della visita alle mura, in pullman, raggiungiamo il Mausoleo dell’imperatore Qin Shi Huang (260 a.C. – 210 a.C.) con il suo esercito di terracotta (pare che i soldati fossero dai 6000 agli 8000). Si tratta di una scoperta archeologica recente (1974), del tutto casuale, dovuta a un contadino che stava arando il suo campo a pochi chilometri da Xi’an. Le statue finora portate alla luce e restaurate sono 500, rigorosamente tutte diverse fra di loro. Quelle più belle sono visibili nel museo che si trova all’interno della grande costruzione che copre parte della tomba. Nel 1987 il mausoleo dell’imperatore con l’esercito di terracotta è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.

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L’esercito di terracotta è uno spettacolo decisamente affascinante che merita di essere visto di persona per cogliere l’essenza e la grandiosità dell’impianto tombale. Purtroppo la folla che si accalca alle transenne impedisce di soffermarsi troppo sui tanti particolari interessanti che abbiamo davanti ai nostri occhi e perciò il ricordo è tutto affidato agli scatti delle macchine fotografiche degli amici e alle riprese amatoriali fatte quel giorno.

Nota umoristica: all’interno e all’esterno del mausoleo girano venditori ambulanti di souvenir, non autorizzati, che offrono all’incauto turista confezioni in scatola di statuine mignon in terracotta dei soldati più rappresentativi dell’esercito che stiamo ammirando. Il prezzo di partenza di questo simpatico souvenir è standardizzato a 150 yuan (circa 20 euro) ma è contrattabile. Al primo ambulante che mi blocca offro, credendo di essere furbo, 100 yuan (circa 13 euro) e costui accetta subito. Quando vengo a sapere che altri del gruppo hanno comprato quella stessa confezione a 50 yuan (circa 6 euro) ci rimango malissimo: ovvio, fare la figura dello sprovveduto non è mai piacevole!

Mi riabilito un pochino perché, arrivato all’uscita del mausoleo, un altro ambulante mi tampina a lungo per vendermi la stessa confezione che poco prima ho acquistato a caro prezzo. Per curiosità gli chiedo quanto vuole e lui spara 70 yuan. Gliene offro 15 (circa 2 euro)… e lui accetta! Di certo si tratta di una confezione caduta dal classico camion, di italiota memoria. Ma che importa: entrambi abbiamo fatto un buon affare… A bocca aperta

La guida, essendo ormai ora di pranzo, ci conduce in un ristorante all’esterno del mausoleo e qui mangiamo il solito menù turistico, cioè decisamente male.

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Alla fine del pranzo molte portate rimangono tristemente sulla tavola. Forse tutti vogliamo restare leggeri sapendo che ci aspetta un pomeriggio intenso…

La successiva visita in programma è la Pagoda della Grande Oca Selvaggia:

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La grande pagoda con le sue sale ricche di statue e di oggetti preziosi è molto bella e ben tenuta anche se folle di turisti e fedeli si accalcano per pregare o fotografare ogni minimo particolare.  Dovete sapere che a Xi’an esiste anche la Pagoda della Piccola Oca Selvaggia ma, siccome non abbiamo il tempo per andare a vederla, eccovi una foto:

Xiao_yan_taPagoda della piccola oca selvaggia

Diamo, invece, una rapida occhiata (una foto e via!) a due famose e antiche costruzioni. La Torre della campana con la campana visibile nell’angolo di sinistra della balaustra:

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e la Torre del tamburo con il grande tamburo sulla facciata:

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Dopo, sempre di corsa, raggiungiamo l’Antica Moschea Mussulmana, passando attraverso un variopinto mercato:

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Oltre alla moschea vera e propria qui ci sono splendidi giardini, pagode e piazzali di ritrovo dove sostare per chiacchierare o pregare. Non c’è folla in giro, perciò possiamo visitare con calma quest’antica zona della città dove la cultura e l’architettura araba si è avvicinata (non sono in grado di dire se si è integrata) a quella cinese.

Ormai è sera. La guida, magnanimamente, ci permette di tornare in hotel per una veloce doccia, poi ci conduce a teatro per assistere a uno spettacolo di antiche musiche e danze del periodo Tang. Lì troviamo dei grandi tavoli già apparecchiati per noi e per altri gruppi di turisti. Mentre sul palco gli artisti ballano, cantano e i musicisti suonano, noi pranziamo. Tutte le performances sono decisamente professionali: niente a che vedere con le patetiche esibizioni dei gruppetti artistici ad usum turisti visti in altre parti del mondo. L’unica nota un po’ stonata della serata è il pranzo. Ci avevano detto che Xi’an era la patria dei ravioli e che ne avremmo assaggiati di 16 tipi diversi. Così avviene, però – per quel che mi riguarda – quasi tutte le “diverse” varietà di ripieni avevano lo stesso sapore… Mah.

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Lo spettacolo, invece, mi è piaciuto tanto che, al termine, acquisto subito il DVD con le danze e i suoni del periodo Tang interpretati dagli artisti visti poco prima in teatro. Dal DVD originale ho estratto un ballo coreografico e un pezzo musicale dove affiatate ballerine ed esperti musicisti con gli occhi a mandorla stupiscono lo spettatore per la loro bravura:

Usciti dal teatro, la guida ci saluta e ci dà appuntamento per l’indomani mattina di buon’ora per condurci in aeroporto dove prenderemo un volo interno diretto a Pechino, l’odierna Beijing. L’autista, prima di portarci in albergo, ci fa fare una spericolata immersione in una zona popolosa e popolare di Xi’an. Assistiamo con il cuore in gola alle sue acrobazie per fare passare indenne il pullman da 50 posti attraverso strade a doppio senso di marcia, strettissime e con auto parcheggiate selvaggiamente su entrambi i lati della carreggiata. Più volte il nostro autista kamikaze è costretto a fermarsi, ad aprire il finestrino e a mettersi a urlare contro chi, a piedi o in auto, ingombra la strada: comunque, riesce a portarci sani e salvi in hotel. Sono sicuro che attraversare Napoli durante una processione sarebbe stato molto più facile… A bocca aperta 

Mentre sono a letto mi vengono in mente due foto pubblicate su Internet dove è ben visibile com’è strutturato a Xi’an l’impianto elettrico delle case popolari e come certe piccole imprese locali “rispettano” i criteri di sicurezza sul lavoro:

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Xi'an Sicurezza sul lavoro

La giornata passata a Xi’an è stata intensa e interessantissima e siamo tutti decisamente stanchi: una franca risata è il toccasana che ci voleva per riuscire ad addormentarsi…

Alla prossima!

Nicola

Crediti: le foto sono di Mirella & Giorgio II°, Giorgio I° e Chicca. Qualche immagine l’ho scaricata da Internet. Il filmato in giro per Xi’an è mio.

Cibo, Musica & Danze, Politica, Stranezze della Cina

Ancora qualche riflessione prima di intraprendere il viaggio vero e proprio. Abbiate pazienza, non si tratta di discorsi peregrini, ma di informazioni preziose e attuali che vi permetteranno di programmare a ragion veduta una trasferta nel paese del bamboo, del panda, delle colline bizzarre, degli occhi a mandorla e di tantissime altre interessantissime cose. Con un’avvertenza: nei miei post non troverete mai esaltazioni o maldicenze ma solo verità. La mia, naturalmente. A bocca aperta

Cibo

Come ha detto, in modo ironico, uno degli amici che ha partecipato al viaggio, “in Cina il cibo è vario, ottimo e abbondante”. Per significare tutto il contrario. Ovviamente la sua è una battuta che, però, stigmatizza il fatto che nei pranzi prepagati all’agenzia in Italia, i cosiddetti MENU’ TURISTICI, il cibo era modesto e – più o meno – sempre lo stesso. Variava solamente la quantità di spezie con cui venivano preparate le pietanze: più pepate al Nord e un po’ meno piccanti man mano che ci si sposta verso il Sud della Cina.

Vediamo ora come vengono serviti i menù turistici e in cosa consistono.

Il tavolo è sempre rotondo, di dimensioni proporzionali al numero di commensali. Noi del gruppo eravamo in 16 e, a parte una volta, venivamo sempre distribuiti su due tavoli da 8.

Tavola-Cinese

Nella foto sopra si vedono perfettamente tutti i particolari: sul tavolo c’è una enorme lastra rotonda di vetro che viene fatta ruotare dai convitati quando vogliono approvvigionarsi su uno dei piatti di portata che vengono ivi deposti da solerte cameriere, uno di seguito all’altro, senza aspettare che la prima entrée sia terminata.

In questa foto zoomata non sono in vista due immancabili presenze: una grande scodella di riso (cotto in precedenza e quasi sempre ridotto a un pastone colloso) e una altrettanto grande scodella di brodo (dove galleggiano verdure a noi sconosciute, forse del bianco d’uovo e altri misteriosi ingredienti…) che ben pochi di noi hanno osato affrontare. Quelli che ci hanno provato (a parte mia moglie e un’altra simpatica compagna di viaggio che mangiano di tutto A bocca aperta), hanno coraggiosamente depositato il brodo nella ciotolina di sinistra (dotata di un corto cucchiaio in ceramica) e, dopo avere assaggiato quello strano intruglio, lo hanno abbandonato lì, disgustati, oppure ci hanno versato dentro un pugno di riso per tentare di separarne – invano – i granelli incollati fra loro.

Ogni commensale è dotato di un piatto “leggermente” più grande di un nostro piattino da caffè, (abbiamo notato che più aumenta il diametro della lastra di vetro rotante, più quel piatto è piccolo)  da usare per depositare, senza mai essere sostituito, tutto ciò che si desidera mangiare delle varie portate offerte (con molta parsimonia) dal ristorante che ospita l’allegra comitiva girovagante. Oltre al mini piatto, ognuno di noi ha a disposizione un bicchiere di birra o acqua (uno solo e non di più), una coppia di bacchette in legno o plastica, una forchetta (a volte), un’altra ciotolina sulla destra che serve per contenere un thè molto, molto, molto leggero e, infine, un tovagliolo di carta di cinque centimetri che si spappola tra le dita dopo il primo utilizzo. La birra (o l’acqua, a scelta, e mai entrambe) viene distribuita da un’attenta e sveglia cameriera (a servire a tavola sono sempre le donne, gli uomini, in genere ragazzi, vengono utilizzati per mansioni più umili, tipo trasporto dei piatti e bicchieri sporchi, eccetera).

Prima che il pranzo inizi, a gesti la cameriera (in tutta la Cina non abbiamo mai incontrato, escludendo gli alberghi a 4 o 5 stelle, cameriere che parlassero o capissero l’inglese e tanto meno l’italiano)  fa intuire ai commensali di depositare il proprio bicchiere sul ripiano di vetro e, ferma in una posizione ben precisa, ruota il disco per portare i vari bicchieri davanti a sé e riempirli con la bevanda che ciascuno di noi ha scelto. La birra è abbastanza buona, l’acqua è minerale naturale. Credo che in Cina non esista quella gasata o, per lo meno, noi non l’abbiamo mai trovata. Se, per caso, uno è distratto e non deposita il proprio bicchiere sul disco di vetro, sono cavoli amari. Resta buggerato e, se durante il pranzo gli viene sete, non ci sono santi, deve pagare la consumazione. Se qualche furbetto, invece, deposita sul vetro due bicchieri per sé (il secondo, sottratto da un altro tavolo) sperando di farsi una scorta di birra o acqua, la cameriera lo ignora e lo toglie subito dal tavolo. Il secondo bicchiere è – tassativamente – sempre a pagamento.

Veniamo alle pietanze vere e proprie. Chi ama il cibo cinese che ha mangiato e apprezzato in Italia, se lo scordi. In Cina le verdure e le carni sono trattate in modo diverso da come ci hanno abituato i ristoratori cinesi immigrati in Italia. I sapori dei cibi cambiano persino passando da una regione all’altra della Cina. Si tratta sempre di pollo, di oca, di carne bovina, di maiale, di pesce, di verdure ma qui, ovunque si vada, ogni alimento viene cucinato diversamente. Io amo gli spaghetti di riso (o di soia) ebbene, in Cina, abbiamo dovuto litigare con la guida che ci accompagnava per riuscire a ottenere (una volta soltanto in quindici giorni) dalla direzione di un ristorante a menù fisso una portata di spaghetti di riso, portata che abbiamo fatto fuori in pochi secondi, tant’è che le cameriere, stupite da così grande apprezzamento, sono corse in cucina a farne preparare un’altra sostanziosa dose…

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I condimenti sono i soliti: salsa agro-dolce, tanto peperoncino dappertutto, e funghi. La cottura delle verdure è sempre al vapore in modo tale da farle sembrare (o essere) quasi crude. Dopo due settimane di questi menù turistici tutti noi, di notte, sognavamo la pizza e la pastasciutta condite in mille modi come solo in Italia sanno fare!  A bocca aperta

Nei ristoranti a menù fisso e prepagato, la frutta è praticamente assente. Quando c’è, si tratta di una fettina triangolare trasparente (dello spessore di mezzo centimetro e ricavata da un cocomero insipido) oppure di uno spicchio di arancia o di pompelmo… a testa.

Di pane neanche a parlarne. In alcune località (non ricordo dove) della Cina viene offerta una mini pagnottella bianca cotta al vapore, quindi praticamente cruda, che dovrebbe fungere da sostitutivo del pane. Neanche a dirlo, quella strana “cosa” gommosa è immangiabile per noi amanti dello sfilatino romano, della milanese michetta o del delizioso pane pugliese.

A Xian, durante uno spettacolo di musiche e danze cinesi antiche, a tavola ci hanno fatto assaggiare 13/16 qualità di ravioli, ovviamente cotti al vapore. Due per ogni qualità, ma sempre senza alcun condimento sopra. A me non sono dispiaciuti, ma qualche intenditore senza peli sulla lingua ha affermato che, pur se con ripieni diversi, i ravioli avevano tutti lo stesso identico sapore.

Sarebbe, però, ingiusto e riduttivo parlare solo dei menù turistici. In Cina se vai in un buon ristorante a la carte, oppure se sei ospite in un albergo a 4 o 5 stelle (a Pechino e a Shanghai l’agenzia ha dato anche a noi quest’opportunità) le cose cambiano come dal giorno alla notte. Tutto è sopraffino, perfino troppo lezioso. Si ha una scelta varia, le porzioni sono abbondanti e si può apprezzare la grande bravura dei cuochi cinesi. Costoro, come se nulla fosse, sono in grado di preparare piatti tali da accontentare ogni palato, anche il mio. Ed è un vero effetto speciale per uno come me che a tavola non gli va mai bene niente…

Concludo velocemente il discorso alimentare parlando della pulizia e dell’igiene riscontrabile nelle cucine cinesi. Niente da dire su quelle a vista nei grandi ristoranti o negli alberghi di lusso, ma ho parecchie riserve su quelle non visibili. Indipendentemente dalla categoria del ristorante o dell’albergo. Lì dentro temo che succeda di tutto e di più. Per non infierire troppo, dico soltanto, senza tema di smentite, che la pulizia e l’igiene sono, a volte, discutibili. Ma qui mi fermo. Un consiglio: fate come noi. Prima di partire per un paese straniero orientale, un buon antitifico vi preserverà da qualsiasi guaio. Eccovi un paio di foto con cibo all’aria e cuochi che “puliscono con cura” il pesce o la carne:

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Musica & Danze

Che dire? Non siamo mai stati in discoteca, quindi non so cosa ascoltano i ragazzi cinesi. In televisione, giocando col telecomando, non ho intravisto programmi musicali, c’erano persone che parlavano di politica (immagino), e diversi film con gente in divisa che discuteva (non so di che). Non credo di essermi mai sintonizzato con qualche televisione italiana o europea e nemmeno con la CNN. Per capire cosa piace ai ragazzi bisognerebbe vivere qui parecchio tempo. L’unico spettacolo di danze e musiche che abbiamo visto è stato a Xian, ma si trattava di proposte risalenti a dinastie di 400/500 anni fa. Come vedrete nel filmato che vi propongo si tratta di danze decisamente spettacolari e di musica di puro intrattenimento. L’estro e l’umorismo del suonatore di un flauto triangolare antico sono veramente ammirevoli. Consiglio a tutti di fare questa breve immersione nell’antica Cina. Non ve ne pentirete. 

Politica

In Cina, almeno apparentemente, c’è il pensiero unico. Lo hanno confermato le cinque diverse guide che ci hanno accompagnato in giro. Il mito di Mao è sempre vivo e indiscusso. La sua facciona compare in tutte le banconote in circolazione. Qui il comunismo non si discute, si accetta e basta. In caso contrario sono bastonate o peggio. Si è visto cosa è avvenuto ultimamente nella piazza Tienanmen. Per visitare questa piazza, oggi tutta transennata, bisogna passare un controllo poliziesco come in aeroporto e decine di poliziotti sono distribuiti in ogni suo punto strategico, sia sull’attenti in posizioni fisse sia a passeggio tenendo gli occhi ben aperti. Il regime centrale, per fortuna, da tempo ha capito che per progredire era d’uopo allentare un po’ le redini. Le ha allentate, intelligentemente, in campo economico, lasciando a tutti una certa qual libertà d’impresa. Questo ha permesso il grande salto in su dell’economia reale del paese. La Cina, se andrà avanti di questo passo, presto diventerà il paese leader nel mondo, dando punti all’America e alla Russia. E la vecchia e bolsa Europa, ahimè, diventerà sempre più ininfluente.

Piazza Tienanmen

Stranezze

Le stranezze in Cina sono tante e, quasi tutte, gradevoli.

1) Gente di ogni età, singolarmente o in gruppo, di prima mattina, fa ginnastica all’aperto, o meglio, esegue movimenti ritmici molto eleganti, seguendo la musica di una radio portatile. 

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2) Il ballo a coppie nei giardini. Lo vedrete in altre puntate del diario.

3) Uomini e donne, accompagnati da piccole orchestre, eseguono le loro performance canore non per i viandanti frettolosi che vanno al lavoro né per i turisti di passaggio, ma per il piacere di cantare all’aria aperta.

4) La pesca col cormorano. Decisamente violenta. L’uccello si butta in acqua a comando e poi, una volta risalito, il padrone gli sfila dalla gola il pesce appena pescato. Cattiveria allo stato puro.

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5) Vermi, cavallette, serpenti, e quant’altro di diversamente orripilante ai nostri occhi, viene cucinato in qualche maniera e mangiato. Si cercano volontari. A bocca aperta

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6) Le colline bizzarre.

A Guilin, in particolare, ci sono migliaia di colline dalle forme più strane che rendono indimenticabile la sky-line della regione durante la navigazione del fiume Lì.

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7) Le pietre bizzarre.

Ogni giardino che si rispetti presenta enormi pietre dalle forme più curiose e affascinanti. Da alcune di esse spuntano persino alberi che le incorporano, formando un tutt’uno indissolubile.

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Termina qui la terza e lunga puntata del mio diario sulla Cina. Arrivederci alla prossima.

Nicola

Crediti: le foto sono state scattate dagli amici Giorgio, Sergio, Barbara e da mia moglie Chicca. Il breve filmato Danze & Suoni l’ho estratto dal DVD originale acquistato a Xian al termine dello spettacolo a cui abbiamo assistito con grande piacere.

 

jet lag (Pastor Cartoon)

Jet lag

Oggi voglio fare del terrorismo psicologico – giusto per scherzare un po’ – per mettere sull’avviso tutti coloro che amano viaggiare in paesi lontani, ma che, come me, hanno un fisico così così…

Ok, chiarisco subito che col viaggio in Cina (presto inizierò a raccontarlo) questo post c’entra come i cavoli a merenda, però la Cina interviene colpevolmente per il fatto che è una terra TROPPO lontana dall’Italia. Per raggiungerla, infatti, occorre prendere – minimo – due aerei ma, soprattutto, dopo il grande affaticamento del fascinoso tour attraverso quest’esotico paese, bisogna, per forza, tornare a casa ed è proprio in questo frangente che possono comparire gli effetti malefici del jet lag.

Domanda stupida: perché solo al ritorno del viaggio, avviene questo fenomeno? 

Semplice, all’andata (è l’8 ottobre 2014, ore 14 italiane), siamo tutti belli, freschi, riposati, pieni d’entusiasmo per la vacanza e, pur andando incontro a:

1) 6 ore di volo Milano-Dubai, l’orologio viene portato avanti di due ore rispetto all’ora italiana. Ore 22 locali. Percorsi 4713 km.

2) Sosta di 5 ore all’aeroporto di Dubai (tra parentesi, trattasi di costruzione spettacolare, con marmi, luci, negozi extra-lussuosi, tutto qui lascia a bocca aperta e, ovvio, ogni piccola cosa costa più del dovuto) dove gli emiri, soddisfatti del risultato scenografico, non badano a spese anche sull’aria condizionata, che io odio.

3) Alle 3.00 di Dubai parte il volo per Hong Kong. Dopo circa 9 ore in cielo e un fottio di kilometri, arriviamo a destinazione: l’orologio locale segna le 17,20. In Italia, invece, sono le 11,20, cioè qui è tardo pomeriggio, mentre in patria è mattina inoltrata. Portiamo ancora avanti l’orologio di 6 ore. Se non ho sbagliato i calcoli, il nostro ormai rodato meccanismo biologico viene spostato in avanti di 8 ore. In pratica, in Cina, noi italiani scambiamo quasi il giorno con la notte…

in realtà non succede quasi nulla. Arrivati in Cina, l’organismo di chi ha affrontato la lunga trasferta aerea ha sopportato benissimo i punti 1), 2), 3). Nessuno lamenta problemi di jet lag. All’aeroporto di Hong Kong abbiamo sbrigato le solite formalità, incontrato la guida, una simpatica signora cinese di nome Mabel – italiano parlante – e, infine, siamo saliti su un bus che, in 45 minuti, ci ha scaricato nell’ottimo Hotel Regal Kowloon Metropark a Hong Kong.

I guai da jet lag, per me, sono iniziati a Shanghai il 22 ottobre, alla vigilia del finale del lungo e piacevole tour che ci ha portato a visitare bellissimi posti – purtroppo – lontani fra loro migliaia di chilometri. Quel giorno, dopo avere preparato e caricato armi e bagagli sul bus a nostra disposizione, da Shanghai abbiamo raggiunto Suzhou – la Venezia cinese – percorrendo circa 85 km. di autostrada. Per tutta la giornata abbiamo scarpinato, ammirando le bellezze di questa città di più di 10 milioni di abitanti e, infine, a sera, ci hanno portato direttamente all’aeroporto di Shanghai. Espletate le solite formalità d’imbarco, abbiamo sostato alcune ore in un gate perché il volo verso Dubai partiva a mezzanotte passata. L’aeroporto di Shanghai è nuovo e, ovviamente, è dotato di aria condizionata erogata alla massima potenza. Comincio a sentire freddo anche se sono abbastanza coperto, forse c’entrano la stanchezza accumulata durante l’intensa giornata passata a Suzhou e la saturazione alimentare causata da due infelici pasti di modesta cucina cinese (sul cibo parlerò in un apposito post). Salendo in aereo ho già un pizzicorino in gola, partono alcuni starnuti e si manifestano le prime avvisaglie di un malessere alla pancia…

Appena l’aereo dell’Emirates Airlines parte (gli emiri hanno solo velivoli nuovissimi con l’aria condizionata a palla) le splendide ed efficienti hostess (non sto scherzando!) ci propinano la cena. La vista di quel miscuglio di roba cinese, preconfezionata chissà dove, mi fa venire subito il voltastomaco. Corro in bagno per la prima volta e, da quel momento, inizia il mio calvario personale che durerà imperterrito per tutte le ore che occorrono per raggiungere Dubai. Nel frattempo mia moglie e tutti gli altri componenti del gruppo mangiano beatamente e poi dormono o guardano sul proprio schermo personale uno dei tanti film offerti dalla compagnia aerea degli sceicchi arabi.

Scesi a Dubai, attendiamo un bel po’ nello sciccoso quanto gelido aeroporto che venga pronto il nuovo aereo Emirates che ci porterà in Italia seguendo un tragitto più lungo e diverso di quello percorso durante il viaggio di andata. Non posso dire molto di cosa sia successo durante quest’ultima trasferta, perché sono stato quasi sempre seduto dentro una delle tante toilette dell’aereo Emirates che, per fortuna, ho sempre trovate libere, pulite e a mia disposizione…

Scesi a Malpensa. erano le due del pomeriggio del giorno 23 ottobre. Verde in viso e debilitato al massimo, ho ritirato l’auto da uno dei tanti parcheggi, coperti e non, esistenti in vicinanza dell’aeroporto lombardo e sono tornato, con la mia signora, nella nostra casa di Milano. Prima di mettere l’auto nel garage, ho vomitato l’anima nel sotterraneo dello stabile in cui viviamo.

Questa è la cronistoria dettagliata del mio viaggio di ritorno in Italia. Ma dov’è l’effetto jet lag?

Calma, ragazzi. Adesso ci arrivo!

Appena messo piede in salotto sono crollato addormentato su una poltrona. All’ora di cena, verso le venti, mia moglie (a proposito, lei ha sofferto solo di un leggero mal di gambe per le tante ore passate seduta in aereo) mi ha svegliato per andare in tavola. Il mio stomaco ha rifiutato qualsiasi cibo. Ho bevuto un po’ d’acqua e me ne sono andato a letto a dormire, digiuno.

A dormire? Macché! Per tutta la notte, a occhi semi chiusi (o semi aperti), non ho fatto altro che voltarmi e girarmi nel letto, perseguitato dagli odori del cibo cinese impressi ormai indelebilmente nel mio naso e tormentato da incubi innescati dal fatto che in Cina, a quest’ora è giorno e, solo ieri, stavo girovagando con gli amici tra mura antiche, pagode, colline bizzarre, fiumi, laghetti e quant’altro offre di bello quel lontano paese.

Due esempi di sogni angoscianti?

In uno, stavo scappando in una foresta di bamboo (reminiscenza del vecchio e terrorizzante film Alice in Wonderland della Disney, intravisto in aereo tra una seduta e l’altra sul water) inseguito da mostri giganteschi, spaventosi, e tutti con gli occhi a mandorla; in un altro, ero fermo e sperduto in un incrocio di un’ignota città della Cina, senza soldi in tasca, senza telefono, non sapendo in quale lingua rivolgermi a un vigile per chiedere indicazioni su come tornare in albergo. In un albergo di cui non ricordavo né il nome né in quale via fosse dislocato. Rivivevo, cioè, un’evenienza realmente capitata al sottoscritto in una zona molto bella e frequentata della città di Guilin che stavamo visitando, accompagnati da una giovane quanto inesperta guida locale. Come ulteriore sofferenza, benché sepolto nel letto sotto tonnellate di coperte, non riuscivo a riscaldarmi e così, ogni due ore, dovevo alzarmi e andare in bagno a fare pipì. Bene, per avvicinarvi alla mia reale condizione fisica e mentale di questi ultimi giorni in Italia, post tour, ripetete questa descrizione per almeno otto volte…

Ecco cosa è stato per me l’effetto jet lag, tornando dalla Cina.

Oggi, mentre scrivo queste brevi note, sto piano piano ricollocando nella giusta sequenza il giorno con la notte, il raffreddamento nelle ossa è terminato, la tosse è scemata, ho ripreso a gustare il cibo (italiano) e sto ricominciando a vivere una vita “quasi” normale.

Termino dicendo ai cari amici che stanno seguendo il mio diario di bordo che i miei guai da jet lag non fanno testo. A quanto ne so, nessuno dei 16 simpatici compagni di viaggio ha sofferto come me il rientro in Italia dopo 15 bellissimi giorni passati in Cina. Anzi li ricordo tutti allegri e ciarlieri nell’aeroporto di Malpensa, disponibili fin da subito a programmare una nuova trasferta in terre lontane.

Evidentemente loro hanno un fisico bestiale e io no…   A bocca aperta 

Nicola

Crediti: L’immagine è tratta da Internet ed è opera di Pastor Cartoon.