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Guilin, Lunedì 13 Ottobre 2014, dopo cena.

La giornata è stata pesante, eppure il gruppo di amici-mai stanchi ci convince di partecipare a una crociera notturna che affronterà i quattro laghi di Guilin. Come sempre avevano ragione loro: in effetti, valeva la pena di fare anche quest’esperienza. Il percorso è delimitato da luci di mille colori che pitturano l’acqua di riflessi magici e ci regala incontri speciali: coreografici spettacoli di danza (rievocazioni di antiche battaglie contro draghi o armate nemiche), cantanti pop che interpretano canzoni americane del momento, ma soprattutto, offre in presa diretta la crudele pesca col cormorano.

Vi invito caldamente a guardate il filmato che ho girato in quell’occasione: anche se l’illuminazione non era delle migliori e la mia videocamera di notte è ben poco efficiente, vi renderete conto di come il padre-pescatore ha istruito con opportuni e urlati comandi vocali i propri figli-uccelli alla pesca. Vedrete come gli ubbidienti volatili si buttano in acqua, come risalgono sulla barca e si assoggettano al rito violento dell’estrazione del pesce appena pescato dalla loro povera gola strozzata alla fine del collo da un anello che impedisce loro di inghiottire qualsiasi preda catturata. Su Internet ho trovato una splendida immagine del cormorano che ha pescato un’anguilla e un’antica foto di un pescatore che torna al suo villaggio con una coppia di cormorani appollaiati sul bastone da lui utilizzato, senza troppi complimenti, per convincerli a buttarsi in acqua per compiere il loro duro lavoro. Sono convinto che tra il pescatore e i propri uccelli si stabilisca un rapporto di amore-odio (più amore che odio) che dura tutta la vita: difatti, seppure fortemente vessati, i cormorani non scappano mai dal loro padre-padrone e non necessitano di essere legati con corde o guinzagli a fine giornata.

Cormorano e anguillaPescatore con i suoi cormorani

Ecco un paio di immagini scattate durante la crociera notturna sui quattro laghi di Guilin: la casa di cristallo e le pagode gemelle.

Guilin - Ponte di cristallo NotteDSCN2561

Nel viaggio di ritorno al porticciolo d’imbarco, una giovane (e molto carina) suonatrice di flauto ci allieta con diversi brani studiati apposta per soddisfare i clienti di varie nazionalità presenti sul battello. Per noi ha suonato il classico O sole mio, ovviamente. Terminata la crociera lacustre si va tutti a nanna; l’indomani sarà un’altra dura giornata che, dulcis in fundo, comprende un nuovo trasferimento in aereo verso la terza tappa del nostro tour.

Guilin, Martedì 14 Ottobre 2014. Per inciso oggi è il compleanno di mia moglie Chicca.

Il programma prevede di caricare le valige sul bus e, prima di andare in aeroporto, di dare una veloce occhiata a due famose colline e, tra una visita e l’altra, di pranzare in un buon ristorante nella via pedonabile più elegante di Guilin. La prima bizzarra altura ha un nome lunghissimo: la collina della proboscide dell’elefante e rappresenta il simbolo più noto di Guilin:

Guilin_Collina della proboscide dell'elefante

Il panorama è da mozzafiato. Infatti, intorno a me è tutto uno scattare di foto e di filmini con le videocamere. Anch’io non mi sottraggo al rito collettivo della ricerca dei punti più belli da immortalare. Da qui, a piedi, ci spostiamo in un parco vicino dove è possibile ammirare le tante sculture moderne di autori vari che illustrano i classici momenti della vita di una coppia (dall’innamoramento, al fidanzamento, al sesso all’aria aperta e, infine, al matrimonio con scene di una felice famiglia con bambini).

DSC_0329DSC_0331DSC_0332DSC_0333Guilin 04 Collina Proboscide MT (13)Guilin 04 Collina Proboscide MT (16)Guilin 04 Collina Proboscide MT (18)Guilin 04 Collina Proboscide MT (19)

Esplorato il parco in lungo e in largo è quasi ora di pranzo. Ci avviamo verso la lussuosa via pedonabile di Guilin: qui troviamo folle di turisti attratti dai tanti negozi di pregio alternati a eleganti ristoranti. Incuriosisce l’occhio un ristorante con una bacheca dove sono esposti “a chiare lettere” i menù che si possono scegliere… per uno che sa il cinese, ovvio. Fatta la scelta, si ritira la tavoletta e la si porta all’interno del ristorante.

DSCN2603

Non appena entriamo in questa prestigiosa strada pedonabile avviene qualcosa che mai avrei pensato che capitasse a me: perdo il contatto con il gruppo. In meno di un batter di ciglia, mi ritrovo dimenticato in un paese straniero, senza un soldo in tasca, senza telefono, senza conoscere una parola della lingua del luogo, senza avere con me la brochure con il nome dell’albergo lasciato in mattinata e senza ricordare il nome cinese della collina bizzarra che dovevamo ancora visitare, né dove è parcheggiato il bus e nemmeno qual è il nome del ristorante a cui eravamo diretti. Rimasto solo con me stesso e la mia stupidità entro subito in confusione.

Anche volendo contattare un poliziotto cosa potrei chiedergli? “Vengo dall’Italia e mi sono perso. Non so dove è diretto il mio gruppo, può aiutarmi a ritrovarlo?” Avrei fatto la figura del cretino patentato. Per qualche istante vedo un buco nero nel mio futuro: davanti a me non c’è che un’alternativa: adattarmi a imparare il cinese, trovare in fretta un lavoro e cambiare per chissà quanto tempo le mie comode abitudini di vita… A bocca aperta

Quel momento, per fortuna, dura poco, la razionalità riprende possesso del mio cervello andato in panne: presto, prestissimo, il gruppo, moglie compresa, si accorgerà che all’appello manca una persona e tutti – preoccupati – si precipiteranno a cercarmi, mi ritroveranno subito e l’incidente si concluderà con una crassa risata generale. Per permettere loro un mio rapido “ricupero” decido saggiamente di non allontanarmi troppo dal luogo dove mi sono perso. Una cinquantina di metri davanti a me vedo un incrocio con al centro una pagoda da cui è possibile tenere d’occhio i quattro punti cardinali. Corro lì e mi metto a girare in tondo, pronto a lanciare un segnale al primo del gruppo che noterò in lontananza. Passano inesorabili i minuti, ma nessuno compare all’orizzonte: comincio a sudare freddo e a dare segni di squilibrio mentale. In effetti non devo avere un comportamento del tutto normale perché un poliziotto mi sta fissando da un po’: forse sta pensando che sono un avvinazzato da tenere sotto controllo. Per rassicurarlo lo guardo anch’io e gli sorrido: lui si tranquillizza e si volta da un’altra parte.

Quando sono sul punto di dar fuori di matto (sto sotto la pagoda da un quarto d’ora buono…) in lontananza intravedo mia moglie nello stesso identico punto dove avevo perso contatto con il gruppo. Sollevo entrambe le braccia e mi dirigo verso di lei. La mia disavventura si conclude. Senza volerlo ho imparato, a mie spese, quanto sia veritiera l’espressione “passare un brutto quarto d’ora”…

Prima domanda: come è potuto capitare un simile accidente? Guardando il filmato girato quel giorno, novello Sherlock Holmes, ho potuto ricostruire tutta la vicenda. Se avete un attimo di pazienza vi spiego l’arcano:

sherlock_holmes_by_artbyangel19

“Siamo entrati da poco nella famosa via pedonabile di Guilin, stiamo guardandoci intorno; io e mia moglie siamo gli ultimi del gruppo che, con la guida in testa, sta affrontando, alla nostra sinistra, i primi gradini di una scala esterna che conduce a un ristorante al primo piano di una costruzione a tre/quattro metri da noi. Mia moglie si stacca da me e segue il gruppo che sta velocemente abbandonando la strada. Io, affascinato da ciò che c’è in giro, non mi accorgo di questo cambio di direzione del gruppo, accendo la videocamera e mi metto a fare una lenta ripresa a 360 gradi dei negozi, delle insegne e della gente che cammina allegramente per la via. Quando spengo la videocamera, tutto il gruppo, moglie compresa, è sparito all’interno del ristorante. Il grossolano errore, dunque, è da imputare non alla mia disattenzione, ma alla guida bruttina che, invece di chiudere la fila e controllare – come si fa di solito – se manca qualcuno, è salita per prima nel ristorante, lasciandomi così nei pasticci.”

Seconda domanda: perché ci hanno messo tanto a scoprire la mia assenza?

DSC_0343 compleanno chicca

“Semplice. Appena entrati nel ristorante uno del gruppo è subito andato al bar a ordinare una bottiglia di buon vino frizzante (non credo che avessero dello champagne a disposizione…) e poi, tutti in piedi, si sono messi a brindare alla salute di mia moglie Chicca che, proprio quel giorno, festeggiava il compleanno. Solo quando si sono seduti per pranzare si sono accorti che una sedia, la mia, era vuota. Per prima cosa sono andati a vedere se ero in bagno (a qualcuno era già successo di assentarsi per parecchio tempo in un luogo di decenza per problemi di “squaraus” (anche detta sbarabaus o vendetta di Montezuma o corsetta, alla milanese…). Visto che non rispondevo all’appello, solo allora hanno realizzato che, forse, mi ero perso da qualche altra parte…”

Una volta rientrato nel gruppo ed essermi beccato una giusta lavata di capo da parte di mia moglie (ahimè, le avevo rovinato la ricorrenza del suo compleanno), la guida, capita la grave manchevolezza commessa, è venuta da me a scusarsi, inchinando il capo con quell’umiltà disarmante, tutta cinese, che mi ha distolto dal mio evidentissimo desiderio di appenderla a una delle tante lanterne rosse presenti nel ristorante.

Tutto è bene quel che finisce bene. Però, nel prosieguo del viaggio, ho messo in atto tutti gli accorgimenti possibili per non perdermi di nuovo. E ho avuto fortuna. Comunque per il prossimo tour in terra straniera mi procurerò un bel filo di Arianna, sperando di trovarlo in giro… Sorriso 

Finito il pranzo (giuro, non ricordo assolutamente cosa abbiamo mangiato!) ci siamo diretti verso la seconda e ultima tappa del nostro soggiorno a Guilin: Fubo shan, la collina di Fubo.

DSC_0362 guilin fubo

La collina prende il nome da un famoso generale; si eleva nel centro di Guilin, offrendo dalla sua sommità una vista davvero spettacolare. Proprio sotto questa collina si trova la Grotta della Perla Restituita:

DSC_0362c

La leggenda racconta di un pescatore che tanto tempo fa rubò la perla che apparteneva al drago che viveva nella caverna. Più tardi, sopraffatto dal rimorso, il pescatore restituì la perla e, da allora, pescò felicemente in abbondanza. Per lodare la sua onestà la gente chiamò la grotta "della Perla Restituita". Qui una gigantesca stalattite partendo dal soffitto arriva a soli 2 cm da terra: qualche coraggioso si sdraia lì vicino e, incurante del pericolo, arriva persino a metterci la mano sotto…

DSC_0366

Nella grotta ci sono, incise sulla roccia,  più di 100 iscrizioni storiche e 250 statue, per la maggior partesi tratta di opere risalenti alle dinastie Tang e Song. I pezzi migliori sono considerati l’autoritratto di Mi Fu, un famoso pittore della dinastia Song, e il “Poema del Banchetto” di Fan Chengda,  un noto poeta della stessa dinastia. All’entrata della grotta si trova un’enorme marmitta in ferro del peso di 2500 kg, fusa 300 anni fa nell’8° anno di regno dell’imperatore Qing Kangxi:

DSCN2609

I locali vendono dipinti e rubbings (riproduzioni su carta ottenute mediante sfregamento) tratti dalle pareti della caverna. La cima della collina Fubo, alta 73 metri, si raggiunge salendo 324 gradini e da lì è possibile osservare la città dall’alto e ammirare, se non c’è foschia, anche altre bizzarre alture.

DSC_0366b

DSC_0367DSC_0369aDSC_0375Guilin 06 Collina Fubo MT (11)

Con questa bella immagine prendiamo congedo da Guilin:

Guilin 06 Collina Fubo MT (22)

In aeroporto ci attende un nuovo volo interno che ci porterà a Chengdu, terza tappa del nostro tour in Cina.

Nicola

Crediti: le foto sono di Mirella & Giorgio II°, Barbara & Sergio, Giorgio I° e Chicca. Qualche immagine l’ho scaricata da Internet. Alcune informazioni storiche le ho ricavate da Wikipedia. Il filmato è mio.

Guilin, Lunedì 13 Ottobre 2014, dopo cena.

La giornata è stata pesante, eppure il gruppo di amici-mai stanchi ci convince di partecipare a una crociera notturna che affronterà i quattro laghi di Guilin. Come sempre avevano ragione loro: in effetti, valeva la pena di fare anche quest’esperienza. Il percorso è delimitato da luci di mille colori che pitturano l’acqua di riflessi magici e ci regala incontri speciali: coreografici spettacoli di danza (rievocazioni di antiche battaglie contro draghi o armate nemiche), cantanti pop che interpretano canzoni americane del momento, ma soprattutto, offre in presa diretta la crudele pesca col cormorano.

Vi invito caldamente a guardate il filmato che ho girato in quell’occasione: anche se l’illuminazione non era delle migliori e la mia videocamera di notte è ben poco efficiente, vi renderete conto di come il padre-pescatore ha istruito con opportuni e urlati comandi vocali i propri figli-uccelli alla pesca. Vedrete come gli ubbidienti volatili si buttano in acqua, come risalgono sulla barca e si assoggettano al rito violento dell’estrazione del pesce appena pescato dalla loro povera gola strozzata alla fine del collo da un anello che impedisce loro di inghiottire qualsiasi preda catturata. Su Internet ho trovato una splendida immagine del cormorano che ha pescato un’anguilla e un’antica foto di un pescatore che torna al suo villaggio con una coppia di cormorani appollaiati sul bastone da lui utilizzato, senza troppi complimenti, per convincerli a buttarsi in acqua per compiere il loro duro lavoro. Sono convinto che tra il pescatore e i propri uccelli si stabilisca un rapporto di amore-odio (più amore che odio) che dura tutta la vita: difatti, seppure fortemente vessati, i cormorani non scappano mai dal loro padre-padrone e non necessitano di essere legati con corde o guinzagli a fine giornata.

Cormorano e anguillaPescatore con i suoi cormorani

Ecco un paio di immagini scattate durante la crociera notturna sui quattro laghi di Guilin: la casa di cristallo e le pagode gemelle.

Guilin - Ponte di cristallo NotteDSCN2561

Nel viaggio di ritorno al porticciolo d’imbarco, una giovane (e molto carina) suonatrice di flauto ci allieta con diversi brani studiati apposta per soddisfare i clienti di varie nazionalità presenti sul battello. Per noi ha suonato il classico O sole mio, ovviamente. Terminata la crociera lacustre si va tutti a nanna; l’indomani sarà un’altra dura giornata che, dulcis in fundo, comprende un nuovo trasferimento in aereo verso la terza tappa del nostro tour.

Guilin, Martedì 14 Ottobre 2014. Per inciso oggi è il compleanno di mia moglie Chicca.

Il programma prevede di caricare le valige sul bus e, prima di andare in aeroporto, di dare una veloce occhiata a due famose colline e, tra una visita e l’altra, di pranzare in un buon ristorante nella via pedonabile più elegante di Guilin. La prima bizzarra altura ha un nome lunghissimo: la collina della proboscide dell’elefante e rappresenta il simbolo più noto di Guilin:

Guilin_Collina della proboscide dell'elefante

Il panorama è da mozzafiato. Infatti, intorno a me è tutto uno scattare di foto e di filmini con le videocamere. Anch’io non mi sottraggo al rito collettivo della ricerca dei punti più belli da immortalare. Da qui, a piedi, ci spostiamo in un parco vicino dove è possibile ammirare le tante sculture moderne di autori vari che illustrano i classici momenti della vita di una coppia (dall’innamoramento, al fidanzamento, al sesso all’aria aperta e, infine, al matrimonio con scene di una felice famiglia con bambini).

DSC_0329DSC_0331DSC_0332DSC_0333Guilin 04 Collina Proboscide MT (13)Guilin 04 Collina Proboscide MT (16)Guilin 04 Collina Proboscide MT (18)Guilin 04 Collina Proboscide MT (19)

Esplorato il parco in lungo e in largo è quasi ora di pranzo. Ci avviamo verso la lussuosa via pedonabile di Guilin: qui troviamo folle di turisti attratti dai tanti negozi di pregio alternati a eleganti ristoranti. Incuriosisce l’occhio un ristorante con una bacheca dove sono esposti “a chiare lettere” i menù che si possono scegliere… per uno che sa il cinese, ovvio. Fatta la scelta, si ritira la tavoletta e la si porta all’interno del ristorante.

DSCN2603

Non appena entriamo in questa prestigiosa strada pedonabile avviene qualcosa che mai avrei pensato che capitasse a me: perdo il contatto con il gruppo. In meno di un batter di ciglia, mi ritrovo dimenticato in un paese straniero, senza un soldo in tasca, senza telefono, senza conoscere una parola della lingua del luogo, senza avere con me la brochure con il nome dell’albergo lasciato in mattinata e senza ricordare il nome cinese della collina bizzarra che dovevamo ancora visitare, né dove è parcheggiato il bus e nemmeno qual è il nome del ristorante a cui eravamo diretti. Rimasto solo con me stesso e la mia stupidità entro subito in confusione.

Anche volendo contattare un poliziotto cosa potrei chiedergli? “Vengo dall’Italia e mi sono perso. Non so dove è diretto il mio gruppo, può aiutarmi a ritrovarlo?” Avrei fatto la figura del cretino patentato. Per qualche istante vedo un buco nero nel mio futuro: davanti a me non c’è che un’alternativa: adattarmi a imparare il cinese, trovare in fretta un lavoro e cambiare per chissà quanto tempo le mie comode abitudini di vita… A bocca aperta

Quel momento, per fortuna, dura poco, la razionalità riprende possesso del mio cervello andato in panne: presto, prestissimo, il gruppo, moglie compresa, si accorgerà che all’appello manca una persona e tutti – preoccupati – si precipiteranno a cercarmi, mi ritroveranno subito e l’incidente si concluderà con una crassa risata generale. Per permettere loro un mio rapido “ricupero” decido saggiamente di non allontanarmi troppo dal luogo dove mi sono perso. Una cinquantina di metri davanti a me vedo un incrocio con al centro una pagoda da cui è possibile tenere d’occhio i quattro punti cardinali. Corro lì e mi metto a girare in tondo, pronto a lanciare un segnale al primo del gruppo che noterò in lontananza. Passano inesorabili i minuti, ma nessuno compare all’orizzonte: comincio a sudare freddo e a dare segni di squilibrio mentale. In effetti non devo avere un comportamento del tutto normale perché un poliziotto mi sta fissando da un po’: forse sta pensando che sono un avvinazzato da tenere sotto controllo. Per rassicurarlo lo guardo anch’io e gli sorrido: lui si tranquillizza e si volta da un’altra parte.

Quando sono sul punto di dar fuori di matto (sto sotto la pagoda da un quarto d’ora buono…) in lontananza intravedo mia moglie nello stesso identico punto dove avevo perso contatto con il gruppo. Sollevo entrambe le braccia e mi dirigo verso di lei. La mia disavventura si conclude. Senza volerlo ho imparato, a mie spese, quanto sia veritiera l’espressione “passare un brutto quarto d’ora”…

Prima domanda: come è potuto capitare un simile accidente? Guardando il filmato girato quel giorno, novello Sherlock Holmes, ho potuto ricostruire tutta la vicenda. Se avete un attimo di pazienza vi spiego l’arcano:

sherlock_holmes_by_artbyangel19

“Siamo entrati da poco nella famosa via pedonabile di Guilin, stiamo guardandoci intorno; io e mia moglie siamo gli ultimi del gruppo che, con la guida in testa, sta affrontando, alla nostra sinistra, i primi gradini di una scala esterna che conduce a un ristorante al primo piano di una costruzione a tre/quattro metri da noi. Mia moglie si stacca da me e segue il gruppo che sta velocemente abbandonando la strada. Io, affascinato da ciò che c’è in giro, non mi accorgo di questo cambio di direzione del gruppo, accendo la videocamera e mi metto a fare una lenta ripresa a 360 gradi dei negozi, delle insegne e della gente che cammina allegramente per la via. Quando spengo la videocamera, tutto il gruppo, moglie compresa, è sparito all’interno del ristorante. Il grossolano errore, dunque, è da imputare non alla mia disattenzione, ma alla guida bruttina che, invece di chiudere la fila e controllare – come si fa di solito – se manca qualcuno, è salita per prima nel ristorante, lasciandomi così nei pasticci.”

Seconda domanda: perché ci hanno messo tanto a scoprire la mia assenza?

DSC_0343 compleanno chicca

“Semplice. Appena entrati nel ristorante uno del gruppo è subito andato al bar a ordinare una bottiglia di buon vino frizzante (non credo che avessero dello champagne a disposizione…) e poi, tutti in piedi, si sono messi a brindare alla salute di mia moglie Chicca che, proprio quel giorno, festeggiava il compleanno. Solo quando si sono seduti per pranzare si sono accorti che una sedia, la mia, era vuota. Per prima cosa sono andati a vedere se ero in bagno (a qualcuno era già successo di assentarsi per parecchio tempo in un luogo di decenza per problemi di “squaraus” (anche detta sbarabaus o vendetta di Montezuma o corsetta, alla milanese…). Visto che non rispondevo all’appello, solo allora hanno realizzato che, forse, mi ero perso da qualche altra parte…”

Una volta rientrato nel gruppo ed essermi beccato una giusta lavata di capo da parte di mia moglie (ahimè, le avevo rovinato la ricorrenza del suo compleanno), la guida, capita la grave manchevolezza commessa, è venuta da me a scusarsi, inchinando il capo con quell’umiltà disarmante, tutta cinese, che mi ha distolto dal mio evidentissimo desiderio di appenderla a una delle tante lanterne rosse presenti nel ristorante.

Tutto è bene quel che finisce bene. Però, nel prosieguo del viaggio, ho messo in atto tutti gli accorgimenti possibili per non perdermi di nuovo. E ho avuto fortuna. Comunque per il prossimo tour in terra straniera mi procurerò un bel filo di Arianna, sperando di trovarlo in giro… Sorriso 

Finito il pranzo (giuro, non ricordo assolutamente cosa abbiamo mangiato!) ci siamo diretti verso la seconda e ultima tappa del nostro soggiorno a Guilin: Fubo shan, la collina di Fubo.

DSC_0362 guilin fubo

La collina prende il nome da un famoso generale; si eleva nel centro di Guilin, offrendo dalla sua sommità una vista davvero spettacolare. Proprio sotto questa collina si trova la Grotta della Perla Restituita:

DSC_0362c

La leggenda racconta di un pescatore che tanto tempo fa rubò la perla che apparteneva al drago che viveva nella caverna. Più tardi, sopraffatto dal rimorso, il pescatore restituì la perla e, da allora, pescò felicemente in abbondanza. Per lodare la sua onestà la gente chiamò la grotta "della Perla Restituita". Qui una gigantesca stalattite partendo dal soffitto arriva a soli 2 cm da terra: qualche coraggioso si sdraia lì vicino e, incurante del pericolo, arriva persino a metterci la mano sotto…

DSC_0366

Nella grotta ci sono, incise sulla roccia,  più di 100 iscrizioni storiche e 250 statue, per la maggior partesi tratta di opere risalenti alle dinastie Tang e Song. I pezzi migliori sono considerati l’autoritratto di Mi Fu, un famoso pittore della dinastia Song, e il “Poema del Banchetto” di Fan Chengda,  un noto poeta della stessa dinastia. All’entrata della grotta si trova un’enorme marmitta in ferro del peso di 2500 kg, fusa 300 anni fa nell’8° anno di regno dell’imperatore Qing Kangxi:

DSCN2609

I locali vendono dipinti e rubbings (riproduzioni su carta ottenute mediante sfregamento) tratti dalle pareti della caverna. La cima della collina Fubo, alta 73 metri, si raggiunge salendo 324 gradini e da lì è possibile osservare la città dall’alto e ammirare, se non c’è foschia, anche altre bizzarre alture.

DSC_0366b

DSC_0367DSC_0369aDSC_0375Guilin 06 Collina Fubo MT (11)

Con questa bella immagine prendiamo congedo da Guilin:

Guilin 06 Collina Fubo MT (22)

In aeroporto ci attende un nuovo volo interno che ci porterà a Chengdu, terza tappa del nostro tour in Cina.

Nicola

Crediti: le foto sono di Mirella & Giorgio II°, Barbara & Sergio, Giorgio I° e Chicca. Qualche immagine l’ho scaricata da Internet. Alcune informazioni storiche le ho ricavate da Wikipedia. Il filmato è mio.

Domenica 12 Ottobre 2014.

Dopo averci lasciato il tempo di fare un’abbondante colazione in albergo, la guida dal sorriso accattivante è pronta a condurci in bus all’aeroporto di Hong Kong dove prenderemo un aereo delle linee interne cinesi che in un’ora ci porterà a Guilin, una ridente cittadina nel sud est della Cina, oggi accreditata di un numero di abitanti intorno al milione di anime.

Guilin_Mappa

 

Guilin_SceneGuilin-main_streetGuilin-main_street2

Guilin significa “Foresta di cassie”, questo perché la cassia angustifolia, una pianta ornamentale dai fiori gialli molto profumati, cresce con grande facilità da queste parti. Come si vede nella terza foto, le strade cittadine di grande traffico presentano ai lati una corsia che in passato serviva per le biciclette, ma che oggi è il regno assoluto di motorini elettrici così silenziosi che non si sentono arrivare. Lo segnalo perché, se non si sta attenti, si rischia di essere investiti senza tanti complimenti da spericolati quanto indisciplinati guidatori di ogni età e sesso. Mai viste in giro tante due ruote motorizzate come a Guilin! Nelle ore di punta gli incroci più importanti, oltre ai regolamentari semafori, sono controllati da otto volenterosi signori con bandierine rosse (non credo siano dei vigili perché non hanno una divisa) che tentano (senza riuscirci) di mettere in riga automobilisti, ciclisti motociclisti e pedoni che pretendono di attraversare la strada quando e come pare a loro. Sullo sfondo della foto grande già s’intravede l’altra famosa caratteristica della città: le colline bizzarre, uno spettacolo straordinario della natura che si trova solo qui.

Ma procediamo con ordine.

Nell’aeroporto di Guilin, la nuova guida locale, un giovanotto che parla un italiano scolastico stentato, ci accoglie sventolando la bandierina italiana e ci conduce al bus che sarà il nostro mezzo di trasporto nei due giorni che resteremo nella sua città. Ci mette buona volontà, ma non riesce a spiegarci perché non possiamo caricare sul bus le valige e così, incurante delle nostre proteste, siamo costretti a lasciarle in balia di due tipi strani che le ammucchiano sul marciapiede in attesa di un furgone che le prenderà in carico assieme a quelle di altri gruppi. Pare che qui (e forse in altre parti della Cina) il trasporto dei bagagli sia affidato a società specializzate, e non importa se il nostro bus può contenere 50 persone (e noi siamo solo in 16) e ha un bagagliaio enorme. Inutile discutere con la guida: è irremovibile. Questi sono gli ordini ricevuti dall’alto e dobbiamo farcene una ragione.

Un certo qual nervosismo inizia a farsi strada nel nostro gruppo.

Il programma prevede l’arrivo in hotel, la presa di possesso della stanza, il pranzo e poi, di pomeriggio, in bus si deve andare a visitare la Grotta Ludi Yan (la grotta del flauto di canne) situata a pochi chilometri da Guilin. Invece, c’è un cambio di programma: non andiamo in albergo ma si va subito alla  famosa grotta il cui nome deriva dal fatto che era nascosta alla vista da canne di bamboo usate dai locali per costruire strumenti musicali. La grotta merita di essere vista, non tanto per le colonne e i pilastri pietrificati (in Italia e nel mondo ce ne sono a bizzeffe di grotte analoghe) ma per la maestria con cui quegli aggregati cristallini (stalattiti e stalagmiti) sono illuminati da fari dai colori diversi, scelti per evidenziare curiose somiglianze con piante e animali di varie specie.

Grotta di Ludi-YanGrotta di Ludi-Yan1Grotta di Ludi-Yan2Grotta di Ludi-Yan3

Terminata la visita, pranziamo in un ristorante attiguo alla grotta e, finalmente, veniamo condotti in albergo dove, però, le valige non sono ancora arrivate. Nell’aria cominciano a volare parole grosse e la guida, non sapendo più che pesci pigliare e cosa dire per calmare il nostro malumore, è costretta a fare una serie infinita di concitate telefonate con la società che gestisce il trasporto dei bagagli e con la locale agenzia di viaggi di cui è dipendente, con il risultato di fare innervosire irreparabilmente alcuni componenti del nostro gruppo con le sue risposte evasive. Quando finalmente le valige arrivano in albergo, il conflitto tra noi e la guida ha raggiunto il punto di non ritorno, così decidiamo all’unanimità di telefonare all’agenzia di viaggi in Italia per ottenerne la sostituzione. A nostro parere, chi si assume la responsabilità di guidare un gruppo di turisti deve essere autorevole, informato, avere un minimo di duttilità e, soprattutto, non deve mai mostrarsi supponente quando si discute sul da farsi in presenza di antipatici imprevisti.

Per sfruttare al meglio il tempo che rimane al termine della prima giornata in questa tappa del nostro viaggio in Cina, non potendo più disporre del bus, un gruppo di otto persone contatta due autisti di taxi (due spericolati stuntmen) per andare a visitare Jiang Tou, un paesino rurale a pochi chilometri da Guilin, i restanti otto, invece, scelgono di fare una passeggiata nel centro della città, costeggiando e, in parte, attraversando su panoramici ponticelli il primo dei quattro laghetti che impreziosiscono la città.

Io non facevo parte del primo gruppo però, dalle foto e dai racconti di coloro che ci sono stati, ho potuto constatare a posteriori che la trasferta a Jiang Tou si è rivelata molto interessante e ha permesso loro di osservare de visu come vivono e lavorano i contadini cinesi. Due note curiose: per entrare in paese bisogna pagare un piccolo balzello, poi, nelle campagne è ancora vivo e vegeto il ricordo di Mao e dei suoi tre collaboratori più fedeli, cioè i responsabili della rivoluzione culturale che tanti danni procurò alla Cina delle antiche tradizioni.

Jiang Tou

Guilin 02 Villaggio Jiang Tou MT (3)Guilin 02 Villaggio Jiang Tou MT (4)Guilin 02 Villaggio Jiang Tou MT (7)Guilin 02 Villaggio Jiang Tou MT (14)DSC_0185DSC_0188DSC_0189DSC_0190

La passeggiata con vista sul primo dei quattro laghi di Guilin riesce a smorzare del tutto le tensioni accumulate con la faccenda dei bagagli che non arrivavano in albergo e delle successive animate discussioni con la guida. La vegetazione e le costruzioni artistiche nel lago (pagode, ponticelli vari) sono ben distribuite e attirano gli scatti delle macchine fotografiche. Il lungo ponte (quello che si vede nella terza foto a sinistra) che attraversa una parte del lago è costruito volutamente a zig zag per dare credito a un’antica leggenda che parla di draghi e principesse in pericolo. I draghi, come è noto (A bocca aperta) rincorrono le loro vittime (belle fanciulle, in genere) seguendo una linea retta, per cui il solo modo per sfuggirgli è correre a zig zag… 

Primo laghetto e una via della città

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La cena nell’albergo Guilin Bravo Hotel conclude (non ricordo se degnamente o meno) la serata:

Guilin_Bravo Hotel

Lunedì 13 Ottobre 2014.

La giornata che abbiamo davanti è decisamente intensa. A farci da guida è arrivata una ragazza bruttina, con gli occhiali da vista spessi e un po’ fuori moda, capelli castano scuri pettinati a coda di cavallo, ma è simpatica e parla bene la nostra lingua perché per molti anni ha accompagnato turisti italiani, mentre adesso svolge mansioni di impiegata con maggiori responsabilità nell’agenzia di viaggio che ha in carico il nostro tour. Dopo essersi scusata per l’inconveniente delle valige, ci spiega come si svolgeranno gli impegni del giorno. Si parte di buon’ora per una crociera sul placido fiume Li dove, con tutta calma, possiamo ammirare, fotografare, filmare lo spettacolo, difficile da descrivere a parole, delle colline bizzarre (pare ce ne siano 33.333, una diversa dall’altra) e della vita che si svolge sul fiume e sulle sue rive. Una leggera foschia, invece di disturbare, rende più intrigante la visione di questo straordinario spettacolo della natura.

Da un noto testo sulla Cina estraggo che “qualche migliaio di anni fa, l’intera zona era sommersa dal mare il quale, ritirandosi, produsse una forte erosione, lasciando sul territorio un’infinità di picchi che, col passare del tempo, vento e acqua hanno modellato fino a creare una sconfinata scultura carsica.” Pranziamo sul battello attrezzato con cucina all’aperto, pregando il buon Dio di uscire indenni da un pasto preparato senza tante precauzioni igieniche ma che, alla fin fine, risulta più saporito di quello offerto dall’hotel che ci ospita. Dopo circa 70 km. di navigazione, scendiamo nel paese Yang Shuo. Qui ci attende un coloratissimo mercato dove acquistare di tutto e di più. Un pullman ci riporterà poi in albergo a Guilin. Se volete gustarvi appieno la nostra crociera non dovete fare altro che guardare il mio filmato: qui vi anticipo solo alcune foto:

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A Yang Shuo c’è così tanta folla (turisti e non) che qualcuno del gruppo rischia persino di perdersi. Le cose da raccontare sono tante, ma quella che mi colpisce di più è  un gruppetto di ex appartenenti all’esercito cinese, congedati anzitempo che protestano (molto ordinatamente) per ragioni forse spiegate nella loro lingua nei cartelli alle loro spalle e sul marciapiede. Vestiti con divise e cappello di ordinanza, a scadenza di un quarto d’ora, si mettono sull’attenti intonando canti militari e impedendo tassativamente ai passanti di fotografarli. È gradito, comunque, un obolo per sostenere la loro causa… qualunque essa sia.

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La giornata di lunedì non termina qui, altre sorprese ci attendono dopo la cena, ma questo sarà l’argomento della prossima puntata del diario…

Nicola

Crediti: le foto sono di Mirella & Giorgio II°, Barbara & Sergio, Giorgio I° e Chicca. Qualche immagine l’ho scaricata da Internet. Il filmato è mio, la colonna sonora di accompagnamento, al solito, è in lingua cinese… quindi non mi assumo la responsabilità di ciò che cantano…  Alcune notizie su Guilin le ho tratte dal libro di Luigi Paoli “Appunti di viaggio, la Cina e la civiltà del fiume giallo”. Ed. Mistral Internazionale

jet lag (Pastor Cartoon)

Jet lag

Oggi voglio fare del terrorismo psicologico – giusto per scherzare un po’ – per mettere sull’avviso tutti coloro che amano viaggiare in paesi lontani, ma che, come me, hanno un fisico così così…

Ok, chiarisco subito che col viaggio in Cina (presto inizierò a raccontarlo) questo post c’entra come i cavoli a merenda, però la Cina interviene colpevolmente per il fatto che è una terra TROPPO lontana dall’Italia. Per raggiungerla, infatti, occorre prendere – minimo – due aerei ma, soprattutto, dopo il grande affaticamento del fascinoso tour attraverso quest’esotico paese, bisogna, per forza, tornare a casa ed è proprio in questo frangente che possono comparire gli effetti malefici del jet lag.

Domanda stupida: perché solo al ritorno del viaggio, avviene questo fenomeno? 

Semplice, all’andata (è l’8 ottobre 2014, ore 14 italiane), siamo tutti belli, freschi, riposati, pieni d’entusiasmo per la vacanza e, pur andando incontro a:

1) 6 ore di volo Milano-Dubai, l’orologio viene portato avanti di due ore rispetto all’ora italiana. Ore 22 locali. Percorsi 4713 km.

2) Sosta di 5 ore all’aeroporto di Dubai (tra parentesi, trattasi di costruzione spettacolare, con marmi, luci, negozi extra-lussuosi, tutto qui lascia a bocca aperta e, ovvio, ogni piccola cosa costa più del dovuto) dove gli emiri, soddisfatti del risultato scenografico, non badano a spese anche sull’aria condizionata, che io odio.

3) Alle 3.00 di Dubai parte il volo per Hong Kong. Dopo circa 9 ore in cielo e un fottio di kilometri, arriviamo a destinazione: l’orologio locale segna le 17,20. In Italia, invece, sono le 11,20, cioè qui è tardo pomeriggio, mentre in patria è mattina inoltrata. Portiamo ancora avanti l’orologio di 6 ore. Se non ho sbagliato i calcoli, il nostro ormai rodato meccanismo biologico viene spostato in avanti di 8 ore. In pratica, in Cina, noi italiani scambiamo quasi il giorno con la notte…

in realtà non succede quasi nulla. Arrivati in Cina, l’organismo di chi ha affrontato la lunga trasferta aerea ha sopportato benissimo i punti 1), 2), 3). Nessuno lamenta problemi di jet lag. All’aeroporto di Hong Kong abbiamo sbrigato le solite formalità, incontrato la guida, una simpatica signora cinese di nome Mabel – italiano parlante – e, infine, siamo saliti su un bus che, in 45 minuti, ci ha scaricato nell’ottimo Hotel Regal Kowloon Metropark a Hong Kong.

I guai da jet lag, per me, sono iniziati a Shanghai il 22 ottobre, alla vigilia del finale del lungo e piacevole tour che ci ha portato a visitare bellissimi posti – purtroppo – lontani fra loro migliaia di chilometri. Quel giorno, dopo avere preparato e caricato armi e bagagli sul bus a nostra disposizione, da Shanghai abbiamo raggiunto Suzhou – la Venezia cinese – percorrendo circa 85 km. di autostrada. Per tutta la giornata abbiamo scarpinato, ammirando le bellezze di questa città di più di 10 milioni di abitanti e, infine, a sera, ci hanno portato direttamente all’aeroporto di Shanghai. Espletate le solite formalità d’imbarco, abbiamo sostato alcune ore in un gate perché il volo verso Dubai partiva a mezzanotte passata. L’aeroporto di Shanghai è nuovo e, ovviamente, è dotato di aria condizionata erogata alla massima potenza. Comincio a sentire freddo anche se sono abbastanza coperto, forse c’entrano la stanchezza accumulata durante l’intensa giornata passata a Suzhou e la saturazione alimentare causata da due infelici pasti di modesta cucina cinese (sul cibo parlerò in un apposito post). Salendo in aereo ho già un pizzicorino in gola, partono alcuni starnuti e si manifestano le prime avvisaglie di un malessere alla pancia…

Appena l’aereo dell’Emirates Airlines parte (gli emiri hanno solo velivoli nuovissimi con l’aria condizionata a palla) le splendide ed efficienti hostess (non sto scherzando!) ci propinano la cena. La vista di quel miscuglio di roba cinese, preconfezionata chissà dove, mi fa venire subito il voltastomaco. Corro in bagno per la prima volta e, da quel momento, inizia il mio calvario personale che durerà imperterrito per tutte le ore che occorrono per raggiungere Dubai. Nel frattempo mia moglie e tutti gli altri componenti del gruppo mangiano beatamente e poi dormono o guardano sul proprio schermo personale uno dei tanti film offerti dalla compagnia aerea degli sceicchi arabi.

Scesi a Dubai, attendiamo un bel po’ nello sciccoso quanto gelido aeroporto che venga pronto il nuovo aereo Emirates che ci porterà in Italia seguendo un tragitto più lungo e diverso di quello percorso durante il viaggio di andata. Non posso dire molto di cosa sia successo durante quest’ultima trasferta, perché sono stato quasi sempre seduto dentro una delle tante toilette dell’aereo Emirates che, per fortuna, ho sempre trovate libere, pulite e a mia disposizione…

Scesi a Malpensa. erano le due del pomeriggio del giorno 23 ottobre. Verde in viso e debilitato al massimo, ho ritirato l’auto da uno dei tanti parcheggi, coperti e non, esistenti in vicinanza dell’aeroporto lombardo e sono tornato, con la mia signora, nella nostra casa di Milano. Prima di mettere l’auto nel garage, ho vomitato l’anima nel sotterraneo dello stabile in cui viviamo.

Questa è la cronistoria dettagliata del mio viaggio di ritorno in Italia. Ma dov’è l’effetto jet lag?

Calma, ragazzi. Adesso ci arrivo!

Appena messo piede in salotto sono crollato addormentato su una poltrona. All’ora di cena, verso le venti, mia moglie (a proposito, lei ha sofferto solo di un leggero mal di gambe per le tante ore passate seduta in aereo) mi ha svegliato per andare in tavola. Il mio stomaco ha rifiutato qualsiasi cibo. Ho bevuto un po’ d’acqua e me ne sono andato a letto a dormire, digiuno.

A dormire? Macché! Per tutta la notte, a occhi semi chiusi (o semi aperti), non ho fatto altro che voltarmi e girarmi nel letto, perseguitato dagli odori del cibo cinese impressi ormai indelebilmente nel mio naso e tormentato da incubi innescati dal fatto che in Cina, a quest’ora è giorno e, solo ieri, stavo girovagando con gli amici tra mura antiche, pagode, colline bizzarre, fiumi, laghetti e quant’altro offre di bello quel lontano paese.

Due esempi di sogni angoscianti?

In uno, stavo scappando in una foresta di bamboo (reminiscenza del vecchio e terrorizzante film Alice in Wonderland della Disney, intravisto in aereo tra una seduta e l’altra sul water) inseguito da mostri giganteschi, spaventosi, e tutti con gli occhi a mandorla; in un altro, ero fermo e sperduto in un incrocio di un’ignota città della Cina, senza soldi in tasca, senza telefono, non sapendo in quale lingua rivolgermi a un vigile per chiedere indicazioni su come tornare in albergo. In un albergo di cui non ricordavo né il nome né in quale via fosse dislocato. Rivivevo, cioè, un’evenienza realmente capitata al sottoscritto in una zona molto bella e frequentata della città di Guilin che stavamo visitando, accompagnati da una giovane quanto inesperta guida locale. Come ulteriore sofferenza, benché sepolto nel letto sotto tonnellate di coperte, non riuscivo a riscaldarmi e così, ogni due ore, dovevo alzarmi e andare in bagno a fare pipì. Bene, per avvicinarvi alla mia reale condizione fisica e mentale di questi ultimi giorni in Italia, post tour, ripetete questa descrizione per almeno otto volte…

Ecco cosa è stato per me l’effetto jet lag, tornando dalla Cina.

Oggi, mentre scrivo queste brevi note, sto piano piano ricollocando nella giusta sequenza il giorno con la notte, il raffreddamento nelle ossa è terminato, la tosse è scemata, ho ripreso a gustare il cibo (italiano) e sto ricominciando a vivere una vita “quasi” normale.

Termino dicendo ai cari amici che stanno seguendo il mio diario di bordo che i miei guai da jet lag non fanno testo. A quanto ne so, nessuno dei 16 simpatici compagni di viaggio ha sofferto come me il rientro in Italia dopo 15 bellissimi giorni passati in Cina. Anzi li ricordo tutti allegri e ciarlieri nell’aeroporto di Malpensa, disponibili fin da subito a programmare una nuova trasferta in terre lontane.

Evidentemente loro hanno un fisico bestiale e io no…   A bocca aperta 

Nicola

Crediti: L’immagine è tratta da Internet ed è opera di Pastor Cartoon.