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Care amiche e amici,

questa settimana vorrei parlarvi di un’iniziativa musicale nata nel 2004 ma di cui, con il mio usuale tempismo, sono venuto a conoscenza (per puro caso) soltanto alcuni giorni fa, ma di cui mi sono innamorato immediatamente. Sapete tutti che sono stonatissimo e, proprio per questo, apprezzo molto chi sa suonare uno strumento o sa cantare senza vergogna davanti a un pubblico piccolo o grande che sia. Dunque, la settimana scorsa, cazzeggiando su YouTube alla ricerca di un interprete di  Redemption song, una famosa canzone scritta da Bob Marley, conosciuta da tutti ma sconosciuta al sottoscritto, ne ho trovati diversi (lo stesso Bob Marley, Chris Cornell, José Neto, Jonny Cash & Joe Strummer, eccetera) e, fra questi, un gruppo dal nome Playing for Change. Ascoltare le voci e i suoni di quest’eterogeneo gruppo è stato come ricevere un pugno nello stomaco: tutti bravissimi anche se, come venni a sapere dopo, si tratta di gente che canta per strada e vive delle offerte in denaro dei passanti. L’assolo iniziale di una stranissima chitarra lo trovai davvero memorabile, e magnifici i vari solisti alternatisi nel canto.

Ok, prima di proseguire nella lettura del post, vi consiglio di ascoltare Redemption Song interpretata dai Playing for Change:

Questo il link:  https://www.youtube.com/watch?v=55s3T7VRQSc

Vi è piaciuta? Se sì, eccovi alcune informazioni riguardanti l’iniziativa che prende il nome, appunto, di Playing for Change – Music around the world.

Playing for Change è un gruppo musicale formato in gran parte da artisti di strada di varie etnie, nato come progetto multimediale per opera del produttore discografico statunitense e ingegnere del suono Mark Johnson e dell’italiano Enzo Buono. Con il nome Playing for Change Foundation (letteralmente: Suonare – ma anche recitare, agire – per un cambiamento) è stata creata una organizzazione non a scopo di lucro cui è demandato il compito di edificare scuole di musica destinate all’infanzia nei luoghi più disparati del mondo. Il progetto è orientato a sostenere in maniera particolare alcune realtà del terzo mondo.

Come vi ho detto, Playing for Change ha avuto inizio come progetto nel 2004: lo scopo dichiarato era quello «di ispirare e mettere in collegamento musicisti di varie estrazioni per portare un messaggio di pace nel mondo attraverso la musica». Per fare ciò i due fondatori si sono recati in diversi Paesi molto distanti l’uno dall’altro del globo terrestre, come Stati Uniti, Spagna, Sudafrica, India, Nepal, Medioriente, Irlanda (per l’Italia, a Livorno sono stati registrati interventi di Roberto Luti alla chitarra resofonica, Simone Luti al basso e a Pisa sono state effettuate incisioni di Stefano Tomaselli al sassofono).

Servendosi di un’apparecchiatura mobile professionale con funzioni di studio di registrazione, Mark Johnson  e Enzo Buono hanno registrato sul posto le performance di musicisti che eseguivano la medesima canzone, interpretata nel proprio personale stile e molto spesso con strumenti tipici delle varie culture.

Fra le guest star che hanno partecipato al progetto, figurano Stephen Marley, Keith Richards, Los Lobos, Bono, Manu Chao e tantissimi altri, molti sconosciuti e alcuni più noti, almeno a livello locale, come Char (Giappone), Ernest Ranglin (Jamaica), Imorly Richardson (Cuba), Baby Black Ndombe (Congo), Grandpa Elliott (Stati Uniti).

Il repertorio del gruppo è vasto e varia dalla musica blues, al soul, al pop, al classico rock and roll, con brani di autori affermati come Bob Dylan, Bob Marley, Ben E. King, Tracy Chapman.

Il loro successo maggiore è Stand by Me, lo standard del rock and roll di Ben E. King e del duo Jerry Leiber e Mike Stoller, già interpretato da vari artisti di fama mondiale. Il brano è stato il primo singolo del gruppo e ha preso le mosse da un artista di strada a Santa Monica (California), Roger Ridley (poi deceduto). Sulla base dell’interpretazione di questo artista, Mark Johnson e Enzo Buono hanno iniziato un viaggio attraverso il mondo registrando gli interventi e le esecuzioni di più e più artisti. Tutti i diversi contributi sono stati poi sottoposti a missaggio in una composizione unica. Il videoclip di Stand by Me ha avuto risonanza e popolarità come fenomeno di Internet sia attraverso il sito ufficiale del gruppo sia attraverso YouTube, dove ha registrato più di ottanta milioni di contatti.

Il link di Stand by me è: https://www.youtube.com/watch?v=Us-TVg40ExM

Altre interpretazioni del gruppo sono comprese in vari CD prodotti nel tempo e acquistabili in Rete nel sito istituzionale della Fondazione. Come ultima notizia, eccovi un elenco di brani tutti godibili e che potete trovare facilmente su YouTube cantati e suonati da Playing for a Change:

A Change Is Gonna Come
Better Man
Bring It On Home
Carnaval toda la vida

Ripple     <— link
Chanda Mama
Clandestino
Don’t Worry Be Happy
Get Up Stand Up
Guantanamera

Imagine   <—-  link
La Bamba
Lean On Me
Love Is All
Love Rescue Me
One Love
Sittin’ On The Dock Of The Bay
Talkin’ Bout A Revolution
War-No More Trouble

What a Wonderful World   <— link

Le canzoni in elenco sono state portate al successo mondiale da famosi solisti (come Imagine di John Lennon o What a Wonderful World di Louis Armstrong) ma altrettanto memorabili sono le interpretazioni che ne hanno dato i vari cantanti di strada appartenenti al gruppo Playing for Change e che le hanno riproposte in tutto il mondo nella loro versione. Ascoltare per credere…

Alla prossima.

Nicola

Crediti: le informazioni inserite nel post le ho ricavate da Wikipedia mentre i video si trovano su YouTube.


 

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Ground Zero

Oggi riprendiamo in esame il mio viaggio di quest’estate negli Stati Uniti e in Canada. Nei due precedenti filmati relativi alla città di New York abbiamo visto l’Uptown e la Midtown dell’isola di Manhattan, in quello odierno daremo una veloce occhiata a Downtown. Qui si trovano Ground Zero, Wall Street, Battery Park, Historic District, Le Corti di Giustizia, China Town, Little Italy e Soho. Dunque a Downtown c’è tantissimo da visitare. In questo terzo filmato esploreremo le prime quattro voci in elenco, rimandando il seguito alle prossime puntate.

Nel 2011 c’è stato il decennale dell’attentato alle torri gemelle: i giornali, le televisioni ne hanno parlato fin troppo, quindi evito di dilungarmi su questo increscioso episodio di terrorismo islamico. L’unica cosa che posso dire da spettatore in visita è che, a differenza di tutte le altre parti di New York, rumorose oltre il dovuto, qui la gente, le auto, gli operai che lavorano alla ricostruzione, evitano il più possibile di fare chiasso. Non si sentono clacson fastidiosi, non ci sono ambulanti che gridano, sembra quasi che il luogo della tragedia imponga a tutti un automatico momento di riflessione, qualche istante di silenzio o di preghiera per le vittime dell’attentato. I genitori stanno attenti a che i bambini non gridino e quasi nessuno si fa fotografare davanti alle macerie ancora visibili. Girando attorno a quest’area dove più di tremila persone sono morte e vedendo con i propri occhi l’orrore che può provocare l’odio fra popoli di culture diverse, chissà quanti hanno ritrovato, fosse anche per un solo istante, quel sentimento di comprensione umana verso il prossimo che da troppo tempo tutti abbiamo dimenticato.

Ben diversa è l’atmosfera che si vive a Wall Street. Questa strada, dove il passaggio delle auto è impedito, è meta di visitatori che desiderano assaporare quello che era lo strapotere del dollaro prima del probabile tracollo dell’economia americana e dove alcuni sperano d’incontrare qualche danaroso finanziere col sigaro acceso in bocca. C’è la coda per farsi fotografare davanti al monumento di George Washington. Qui le costruzioni sono massicce e imponenti non in altezza ma in larghezza, larghezza che è poi il vero simbolo dell’opulenza.

Nella punta dell’isola di Manhattan è possibile vedere Battery Park, cioè il parco con i monumenti ai caduti nelle varie guerre combattute dall’America e, in lontananza, il Ponte di Brooklin e la Statua della libertà.

A Downtown c’è anche l’Historic District dove si può visitare il Museo delle navi storiche americane.

Ultima nota di colore: qui, sotto un cavalcavia dell’autostrada, c’è un’area cani ben attrezzata ma terribilmente triste. Le bestiole scorrazzano (per modo di dire) non sull’erba ma sul cemento. Ahimè, Central Park, l’immenso parco di New York, è a parecchi chilometri di distanza…

Buona visione.

Nicola

P.S.

I video senza parlato possono risultare noiosi da guardare, questo lo so anch’io, perciò ho provato a inserire un commento utilizzando la mia voce.

Accidentaccio!01772D~1

Il timbro della mia voce registrata è così fesso che, per non peggiorare il tutto, ho preferito cancellare il parlato. Per rendere più godibili i filmati, perciò, ho inserito dei pezzi musicali scelti con grande cura.