Guardarsi allo specchio

A gennaio ho finito Insciallah, un vecchio romanzo di Oriana Fallaci, che mi ero perso quando era uscito nel 1990, suscitando scalpore e polemiche a non finire.  A Natale avevo pubblicato la Lettera del colonnello alla moglie immaginaria e, al contempo, avevo promesso di pubblicare un altro stralcio di questo libro. In Insciallah, a essere sincero, ho incontrato parti interessanti e parti noiose. Molto interessanti quelle che descrivono il doppio attentato al contingente americano e a quello francese da parte di kamikaze a Beirut in Libano. Molto noiose le pagine dove alcuni soldati italiani di diverse regioni italiane parlano fra loro in stretto dialetto. La necessità di una traduzione istantanea in italiano delle parti dialettali, a mio parere, rende la lettura abbastanza difficoltosa. Una curiosità, solo al dialetto fiorentino viene risparmiata la traduzione… La Fallaci, fiorentina, presuppone, infatti, che tutti gli italiani capiscano il dialetto da cui è nata la nostra lingua ufficiale.

Oriana Fallaci può piacere o non piacere, ma sicuramente è stata una grande reporter di guerra e la sua fama non è per niente infondata: le sue descrizioni della scena politica/militare in cui si stava svolgendo la guerra a Beirut sono precise, documentate, raccontate con una scrittura brillante, viva e partecipata e così passa in second’ordine che la sua passione e il suo giudizio sui fatti accaduti pecchino, a volte, di parzialità.

Da Insciallah ho estratto questo brano in cui la Fallaci ci descrive cosa sia e come si senta un vero soldato. Una chicca da leggere e commentare senza pregiudizi.

Buona lettura.

Nicola

L’urlo del soldato di Francesca Grosso

Il vero soldato 

Il vero soldato mente a sé stesso quando dice di odiare la guerra. Egli ama in modo profondo la guerra. E non perché sia un uomo particolarmente malvagio, assetato di sangue, ma per la vitalità che (per quanto paradossale possa sembrare) porta dentro di sé. Con la vitalità, la sfida e la scommessa e il mistero di cui essa si nutre.

Sul palcoscenico della gran messa che ha nome “pace” il mistero non esiste. Sai già che lo spettacolo si compone di alcuni atti e che dopo il primo atto vedrai il secondo, dopo il secondo vedrai il terzo: le incognite riguardano solo lo sviluppo della storia narrata e il suo epilogo. Sul palcoscenico della gran tragedia che ha nome “guerra”, invece, non sai mai che cosa accadrà. Che tu ne sia spettatore o interprete, ti chiedi sempre se vedrai la fine del primo atto. E il secondo è una possibilità. Il terzo, una speranza. Il futuro, un’ipotesi.

Puoi morire in qualsiasi momento, alla guerra, e in qualsiasi momento puoi restar ferito cioè venire tolto dal cast o dal recinto del pubblico. Tutto è un’incognita lì, un interrogativo che tiene col fiato sospeso, ma proprio per questo ci vibri d’una vitalità esasperata. I tuoi occhi sono più attenti, alla guerra, i tuoi sensi più svegli, i tuoi pensieri più lucidi. Scorgi ogni particolare, percepisci ogni odore, ogni rumore, ogni sapore. E, se hai cervello, puoi studiarvi l’esistenza come nessun filosofo potrà mai studiarla: puoi analizzarvi gli uomini come nessun psicologo potrà mai analizzarli, capirli come non potrai mai capirli in un tempo e in un luogo di pace.

Se poi sei un cacciatore, un giocatore d’azzardo, ti ci diverti come non ti sei mai divertito e non ti divertirai mai nel bosco o nella tundra o al tavolo della roulette. Perché l’atroce gioco della guerra è la caccia delle cacce, la sfida delle sfide, la scommessa delle scommesse. La caccia all’Uomo, la sfida alla Morte, la scommessa con la Vita. Eccessi di cui il vero soldato ha bisogno.

Ne ha bisogno perché di tali eccessi egli vede i lati positivi, i vantaggi che ne ricava. Via i problemi quotidiani, gli assilli che in tempo e luogo di pace gli sembravano così gravi e magari lo erano: i figli da allevare, le tasse da pagare, i debiti da saldare, l’esame da sostenere, l’impiego da mantenere. Via le necessità che laggiù ed allora gli parevano insopprimibili: l’aria condizionata da installare, l’automobile da cambiare, il cappotto da comprare, il molare da incapsulare, le vacanze da organizzare.

Quando la morte può ghermirti in qualsiasi momento e sopravvivere è l’unica cosa che conti, il resto diventa una faccenda irrisoria. Di conseguenza il vero soldato non sa stare lontano dalla guerra, e appena trova un pretesto le corre incontro senza curarsi dei pericoli che dovrà affrontarvi, dei disagi che dovrà subirvi, delle pene che dovrà patirvi, delle infamie che dovrà compiervi. E se non vi muore, se non vi lascia un pezzo del suo corpo, tornando a casa ne avrà una nostalgia nella quale si consumerà fino al prossimo pretesto poi fino alla tomba.

Non parlerà d’altro. Infastidirà i parenti e gli amici coi suoi ricordi di guerra, i suoi racconti di guerra, le sue esperienze di guerra, li annoierà con la storia del giorno in cui una fucilata lo sfiorò d’un pelo, della sera in cui una bomba gli cadde quasi addosso, della notte in cui lui e i suoi compagni si trovarono chiusi in un cerchio di fuoco sicché temevano di non vedere il sorger del sole: invece lo videro e si lanciarono al contrattacco e lasciarono sul campo i cadaveri di trecentoventi nemici.

Sì, nessun divertimento e nessuna avventura gli sembreranno mai paragonabili a quelli che ebbe alla guerra, e privo di lei appassirà. Ingrasserà, invecchierà. Il vero soldato è un masochista. È anche un egoista che non si preoccupa di quello che fa, delle conseguenze che i suoi gesti avranno su sé stesso o sul prossimo, e di rado si pone interrogativi morali: mentre il treno o la nave o l’aereo lo portano verso i pericoli e i disagi e le pene e le infamie che vi affronterà, egli pensa soltanto che sta andando incontro alla sua liberazione.

Alleluja! I ceppi del sodalizio sociale sono tagliati, i fastidi della famiglia sono accantonati, gli sbadigli di noia sono dimenticati, e con essi le regole che stabiliscono il bene e il male.

Alleluja! Tra poco si incontrerà faccia a faccia con la Morte cioè con la Vita. E sarà in pace con sé stesso.

Fine

Crediti: Oriana Fallaci – Insciallah – 1990 Rizzoli Editore.

La striscia di Dilbert è di Scott Adams e l’ho estratta da Linus di Marzo 2014.

L’urlo del soldato dipinto di Francesca Grosso:

 http://francescahgrosso.altervista.org/gallery/disegni-di-sogni-improvvisi/#6

 

commenti
  1. Silvia ha detto:

    Buon inizio settimana 🙂

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  2. prschifano ha detto:

    Io ho letto “Niente e così sia”. Molto forte. Forse i libri della Fallaci sono tutti sullo stesso format che è di denuncia verso ciò che lei dice di essere sbagliato. In questo caso non credo che voglia raccontare la storiella dei soldato che creda alla guerra, ma denunciare come il sistema riesca a plagiare gli uomini facendo in modo che questi poi vivano solo per la guerra, anche quando hanno la fortuna di tornare alla vita normale. Insomma la guerra se la fai ti segna e indietro non puoi tornare per quello che hai fatto e per quello che hai visto.

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    • Nicola Losito ha detto:

      Può darsi che tu abbia ragione. Di diverso da te io penso che certi soldati (non tutti) si autoplagino per trovare una giustificazione al loro piacere di andare alla guerra… per sentirsi vivi.
      Nicola

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  3. tramedipensieri ha detto:

    Questo è uno dei pochissimi libri che non sono riuscita a portare a termine, mi ero riproposta di riprenderlo..ma niente
    Non ci ho trovato niente che potesse interessarmi….

    Ciao Nicola
    buona settimana
    .marta

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    • Nicola Losito ha detto:

      Cara .marta,
      quante volte nella mia vita ho iniziato un libro e, dopo poche pagine, avrei avuto voglia di buttarlo nel cestino?
      Tantissime volte.
      Eppure non l’ho mai fatto. Confortato dall’idea che, chi ha avuto la forza di scrivere un tomo con un bel numero di pagine (in questo caso, più di 700), meritava che arrivassi alla fine.
      E non me ne sono mai pentito.
      In mezzo alle tante pagine noiose, ripetitive, spuntava (fiore nel deserto) sempre qualche gemma odorosa che mi ripagava della mia buona volontà.
      Il brano di oggi, ne sono convinto, lo leggeranno in pochi. Alcuni perché al solo vedere il nome di Oriana Fallaci storcono il naso e passano via disgustati. Questi sono i lettori peggiori.
      Alcuni lo inizieranno e lo abbandoneranno dopo poche righe: costoro sono i cosiddetti pacifisti che “ammazzerebbero” tutti quelli che non la pensano come loro… 😀
      Chi, pur avendo idee ben precise sulla guerra, non ha i paraocchi e vuole capire il mondo che lo circonda, leggerà questo breve brano e si accorgerà che Oriana Fallaci non era una guerrafondaia, ma una che si buttava nella mischia per capire ragioni e torti di chi nella guerra vede solo morte e distruzione o voglia di allargare i propri confini con la forza. Ci sono ragioni ideali, per esempio, nelle guerra per difendere la patria dall’invasore.
      Ho voluto pubblicare questo brano perché l’ho trovato di un acume straordinario e scritto altrettanto bene. Come era bellissima la lettera natalizia del colonnello alla moglie immaginaria che ho pubblicato qualche mese fa nel mio blog.
      Ecco perché leggo anche i post di blogger che spesso fanno delle loro sofferenze più intime materia di discussione con i loro followers…
      Un cordiale saluto.
      Nicola

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      • tramedipensieri ha detto:

        Certo, che è meglio continuare e in genere l’ho faccio. Nessun preconcetto per la Fallaci (tra l’altro ho letto altri suoi libri..) quindi non è questo.

        Ricordo che proprio non riuscivo ad andare avanti.
        Mah…

        ricambio il saluto
        gentile Nicola

        ciao
        .marta

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      • Nicola Losito ha detto:

        Tanti amici abbandonano i libri solo leggendo l’incipit. Questione di carattere. Forse dovrei imparare anch’io a fare così di fronte alle tante ciofeche che vengono pubblicate in Italia e all’Estero. 😀
        Purtroppo sono troppo vecchio per cambiare.
        Felice settimana.
        Nicola

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  4. sissa ha detto:

    Non ricordo se ho letto il libro. Se l’ho letto evidentemente non mi ha impressionato come altri suoi testi più antichi o più recenti.
    A me pare di condividere la visione della grande giornalista sulla psicologia del soldato. Per lo meno di chi è soldato dell’anima, che lei sicuramente ha incontrato.
    Riguardo al merito delle opinioni, riesco a (o voglio) leggere in lei una specie di arrabbiatura, data da un sottinteso “La cosa è in questi termini. Come è possibile che nessuno se ne renda conto? Ho ragione io.” Certo, le sue analisi sembrano profonde, puntigliose, ragionate, non di pancia… Forse lo sono anche sotto un certo punto di vista. Ma lei stessa poi dimentica che i suoi puntigli, le sue ragioni, tutti i suoi pensieri, per quanto globali e motivati, partono da una e una sola cosa che è la sua pancia, esattamente come quel “Io odio la guerra” del soldato.
    Da lei possiamo imparare (con tanta fatica in questo mondo in cui individuo e società troppo spesso si mescolano in modo così contorto da non riuscire a districarli l’uno dall’altro) a capire che la propria pancia vale cifre stratosferiche… solo per discorsi particolarissimi adatti alla propria piccolissima esistenza, mentre per gli altri campi di applicazione bisogna dare il resto a un centesimo. oppure tacere
    Oooops… Concedimi Nicola di correggere il tiro:
    Da lei voglio imparare (con tanta fatica in questo mondo in cui individuo e società si mescolano in modo così contorto che non riesco a districarli l’uno dall’altro) che la mia pancia vale cifre stratosferiche… solo per discorsi particolarissimi adatti alla mia piccolissima esistenza mentre per tutti gli altri campi di applicazione a chi me la paga un centesimo dovrò dare il resto.
    Ciao e grazie dello spunto di riflessione.

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    • Nicola Losito ha detto:

      Cara Sissa,
      quello che apprezzo in te è che leggi un testo prima di sentenziare che ti è piaciuto oppure no e motivi le ragioni del tuo apprezzamento o del tuo dissenso.
      Molti si fermano al titolo e passano via. Così succederà per questo breve brano che vale tanto oro quanto pesa anche per chi non accetta per principio le idee della Fallaci.
      La bravura di questa scrittrice stava nel sapere suscitare discussioni per ogni libro che il suo talento partoriva.
      Per potere scrivere quello che ho scritto nell’introduzione di questo post ho aspettato di arrivare alla fine del libro.
      Dare giudizi di merito dopo poche pagine è sempre sbagliato e ingeneroso.
      Per quanto riguarda i pregi e demeriti della pancia, beh io sono uno di quelli che scrivono di pancia e poi, prima di pubblicare un rigo, aspettano che la pancia si sia saziata e poi… caso mai riscrivono da capo il pezzo, cambiando praticamente tutto. Anche se nessuno mi da un centesimo per il mio impegno… ahahahahah
      Grazie per i tuoi preziosi interventi.
      Nicola

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  5. rpapac ha detto:

    E tu l’hai fatto il soldato? Che tipo eri?

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    • Nicola Losito ha detto:

      Provengo da una famiglia di tradizione militare, mio padre lo era, e parecchi altri parenti lo erano. Invece io sono stato fortunato: come unico sostegno maschio della famiglia ho potuto evitare la leva obbligatoria.
      A detta di molti fare il militare per un breve periodo formava il carattere e ci si abituava alla disciplina. Può darsi, però la disciplina e il carattere me li sono formati lo stesso da solo studiando sodo, laureandomi a tempo debito e lavorando con impegno per mantenere con decenza una moglie e tre figli. Penso, dunque di avere fatto il mio dovere a sufficienza… 😀
      Quindi non ho nulla contro i militari e la guerra la giustifico solo se è fatta per difendere la propria terra. In tutti gli altri casi è da evitare come il peggiore dei mali.
      Cordiali saluti.
      Nicola

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  6. ff0rt ha detto:

    Brano molto vero. Tutti i memoriali di soldati d’ogni arma, se sinceri, la raccontano questa passione per la guerra. Personalmente sono appassionato ai piloti d’aviazione, ma credo che sia cumune a tutte le armi. L’adrenalina, la tensione, la sfida, il rischio; la felicità di esserne venuto fuori, alla fine. Qualcuno parla di “gioia di combattere”. Fa parte dell’animo umano, credo, la parte profonda, ombrosa e difficile da raccontare, anche solo da accettare. Forse è (è stato) un istinto necessario alla sopravvivenza delle comunità, a cominciare dall’epoca preistorica.

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    • Nicola Losito ha detto:

      Avevo diciott’anni e vivevo in un paesino della Romagna dove, tradizionalmente, tutti, senza distinzione di età o classe sociale, odiavano la guerra. Lì noi giovani la sera ci riunivamo nei caffè o nella casa del popolo e si chiacchierava allegramente. E sai qual era l’argomento di discussione più gettonato? I pochi mesi obbligatori dedicati al servizio militare. Giovani e anziani, a parte alcuni casi particolari, raccontavano che quello era stato il momento più denso di ricordi piacevoli della loro vita. La vita in comune, l’addestramento, il simulare la guerra, gli scherzi fra commilitoni, il rapporto spesso problematico con i superiori era rivissuto infinite volte e ogni volta raccontato con passione e nostalgia. E umorismo. Molti sono diventati uomini in quel breve lasso di tempo.
      Nicola

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  7. fulvialuna1 ha detto:

    L’ho letto quando è uscito. Anche a me a tratti è piaciuto a tratti no.
    Credo che la Fallaci sia stata un soldato: in parte amava le guerre che ha sempre ritenuto necessarie in alcuni casi, in parte le ha descritte perchè si potesse conoscerne l’orrore. Non ho grandi commenti da fare, di soldati ne ho conosciuti e ne conosco diversi, non sempre mi trovo in linea con loro, di fondo sono una pacifista, ma a volte sentirli parlare di alcune situazione mi fa nascere qualche dubbio, per fortuna subito rigettato.

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    • Nicola Losito ha detto:

      Insciallah è un libro complesso e, in alcune parti, ridondante: necessitava di una seria sforbiciata perché fosse più fruibile. Ma la Fallaci, quando scriveva, era un fiume in piena ed era difficile fermarla.
      Detto questo, le riconosco notevoli doti di narratrice che, forse, vengono fuori più evidenti in altri suoi romanzi.
      Le due pagine che ho presentato nel mio blog sono un esempio lampante della sua bravura. Poco importa se si è pacifisti oppure no. Le sue analisi sono abbastanza corrette: esaminano sempre il pro e il contro del problema.
      Nicola

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      • fulvialuna1 ha detto:

        Sulla fallaci narratrice, condivido, ho tutti i libri che ha scritto, anche se a volte non ne ho condiviso le idee, mi ha sempre affascinata…sopratutto la forza nel sostenerle.

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      • Nicola Losito ha detto:

        Anch’io la penso come te. La grandezza di un autore la si misura anche dalla sua capacità di suscitare discussioni. Ogni suo libro non è mai passato inosservato in Italia e all’estero.
        Come, invece, succede a tanti scrittori che oggi vanno per la maggiore. Passata la buriana, costoro finiranno nel dimenticatoio.
        Nicola

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  8. Francesca ha detto:

    Sai cosa, Nicola? a volte ci penso. Mi piace leggere il post, ma ancora di più il dialogo che crea, le risposte che dai e ciò che nasce dall’input iniziale. Tornando al discorso sul soldato, amaramente credo che la Fallaci abbia scritto qualcosa di scomodo quanto vero. Non si pensa mai all’entusiasmo che ha accompagnato certi periodi della storia, in cui la guerra era veramente vissuta anche come una liberazione e un grande campo dove investire le energie. La guerra come fu per Byron, in Grecia. Magari idealizzata. O il movimento giovanile sotto la Grande Guerra. Devo proprio darti ragione su un punto, sul fatto che alla fine dei conti abbiamo talmente tante domande cui rispondere che possiamo anche fingere di aver trovato una risposta. C’è chi la trova nella guerra. La guerra e il suo ordine nella gerarchia, la guerra e l’adrenalina, la guerra e la sensazione del vivere che si palesa grazie al contrasto con la morte. Uno stato di cose in cui tutto apparentemente si semplifica per ridursi alla mera sopravvivenza.

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    • Nicola Losito ha detto:

      Cara Francesca,
      posso complimentarmi con te?
      Hai letto e interpretato il brano come penso fosse l’esatto intento della Fallaci quando l’ha scritto. La Fallaci, infatti, non esalta la guerra, ma spiega ciò che sente nella testa il “vero” soldato.
      Si tratta di una profonda analisi dell’anima di quel particolare essere umano che sceglie, di sua volontà, di andare a combattere.
      Nicola

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      • Francesca ha detto:

        Grazie Nicola 🙂 vedi, credo di avere conosciuto una persona così, come la descrive la Fallaci. Questa persona, ben lungi dall’essere cattiva, ama profondamente non la violenza (fa la voce grossa e sa difendersi, ma non farebbe del male a una mosca), ma tutto quello che fa la guerra eliminando ciò che nella società civile non è utile. Rapporti di comodo, tradizioni astruse… rimane solo un confronto tu e io, in cui non contano le raccomandazioni, ma le capacità più pure, la fisicità o l’intelletto, ed entrambi. Questo si, non vuol dire tanto amare la guerra, ma criticare una società spesso molto limitante. Sono esistiti i volontari, sono stati una realtà. E lo sono ancora. La Fallaci lo sapeva certamente benissimo.

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      • Nicola Losito ha detto:

        Il finale del brano della Fallaci (carta canta!) conferma in pieno il tuo pensiero.
        Peccato che dei miei 275 followers (?) solo in pochi abbiano letto il racconto e apprezzato per quello che veramente vale.
        Grazie ancora per i tuoi interventi.
        Nicola

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  9. Andrea Magliano ha detto:

    Ciao Nicola. Premetto che questo tuo brano è il primo che leggo della Fallaci. Nonostante mille interessi, la trovo ancora una lettura distante da me. La mia generazione era già esente dall’obbligo di leva e, vivendo lontano da ambienti militari, non ho una reale esperienza. La mia cultura arriva dalla filmografia statunitense, in particolare quella sovversiva del Vietnam, e trovo magnifico il ritratto che Kubrick costruisce della caserma in ‘Full metal jacket’ al pari di un manicomio e una fabbrica delirante. Mi permetto di consigliarti anche ‘Jarhead’ di Sam Mendes, passato molto in sordina.
    Saluti
    Andrea

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    • Nicola Losito ha detto:

      Non mi meraviglio. Anch’io avevo escluso la Fallaci dalle mie letture. C’era troppo chiasso attorno a lei. Il coro degli ammiratori a prescindere era pareggiato da un analogo coro di detrattori a prescindere. Gli uni armati e urlanti contro gli altri. Un amico l’anno scorso mi regalò “Un cappello pieno di ciliegie” e allora mi decisi ad affrontare questa scrittrice. Quel grosso tomo mi piacque a metà: troppo lungo e alcune parti erano noiose. Anche qui parecchie pagine erano godibilissime.
      Praticamente è lo stesso giudizio che do su Insciallah. La Fallaci aveva una facilità enorme a scrivere e forse non si rendeva conto che alcuni tagli, ben fatti, le avrebbero procurato un numero maggiore di lettori.
      Comunque, caro Andrea, non è un’autrice da escludere a priori.
      Un cordiale saluto.
      Nicola

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  10. tempodiverso ha detto:

    ed io mi sono soffermata proprio perché parlavi della Fallaci, che come hai detto può piacere o meno, anzi direi della quale si possono condividere le opinioni o meno, fermo restando che è stata una donna e una scrittrice da ammirare, per il talento con il quale ha saputo raccontare anche aspetti degli eventi che altri avevano ritenuto secondari, per la passione con la quale lo ha fatto e per la coerenza con la quale ha vissuto. Che certe sue dichiarazioni siano state anche esagerate, estremizzate, può essere vero, ma anche questo è coerente al modo viscerale che aveva di esprimersi. Consiglio uno degli ultimi, scritto durante la malattia: “Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci”, non fa sconti a se stessa, come non ne aveva fatto agli altri.

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    • Nicola Losito ha detto:

      Tutto vero ciò che scrivi. La Fallaci è stata molto amata e molto odiata per le sue idee e le sue convinzioni. Veniva amata in modo viscerale da molti e odiata parimenti da altrettanti. Non c’erano vie di mezzo. Ecco spiegato perché questo post, anche se non è la classica marchetta in pro di uno scrittore, è stato poco commentato. Per qualcuno basta vedere scritto il nome della Fallaci per passare oltre e non fermarsi a leggere. Questa è la mentalità partigiana di molti italiani. Un nemico lo è per sempre. Questa gente, purtroppo, non sa cosa si perde… 😀
      Io non sono uno sfegatato di questa scrittrice. Anzi l’ho conosciuta, dal punto di vista letterario, solo quest’anno. I suoi libri potrebbero guadagnarci parecchio, tagliando alcune lungaggini e ripetizioni. Però poi incontri alcune pagine memorabili e allora sei costretto ad ammirare la sua bravura. Il brano che ho estratto ne è un esempio.
      Nicola

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