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Il Signor Giacomo

Ogni fine anno è la stessa storia! Inesorabilmente le Feste arrivano e non si può fare nulla per evitarle. Scappare in qualche luogo, il più lontano possibile dal mondo civilizzato, non serve a nulla. Arrivano anche lì. L’età che mi ritrovo sul groppone consiglierebbe sentimenti ben più pacati sul Natale, sulla Fine del Vecchio Anno e sull’arrivo del Nuovo, ma tant’è…

Sentimenti contrastanti che fanno a pugni fra di loro cominciano a procurarmi il mal di testa già a metà novembre quando mia moglie mi placca in un angolo e mi costringe a fare l’elenco degli amici e dei parenti a cui fare un regalo e a decidere il budget su cui contare per questa bisogna. Quello che mi fa venire i fotoni è il fatto che, purtroppo, non si tratta di un elenco lineare ma di un albero genealogico ramificato che partendo da una coppia di amici/parenti si estende ai loro figli e, adesso, anche ai loro nipoti… Poi c’è il regalo per la collaboratrice domestica straniera che dà una mano a mia moglie in casa per tre ore alla settimana e che, naturalmente, ha tre o quattro figli (quando gli italiani ormai ne hanno uno al massimo…); c’è da far felice il portiere, la donna delle pulizie condominiali, la vicina di casa single (quella che ti chiede sempre il sale o lo zucchero perché le scoccia andare al super per così poco) e, di sicuro, mi dimentico di qualcuno. Ma non dispero, Chicca (la mia signora) ha tutto il tempo per aggiornare il lungo elenco.

Sta di fatto che, ogni anno che passa, il budget per i regali di Natale cresce esponenzialmente mentre la mia pensione è ferma al valore di dieci anni fa. Quando faccio presente questo banale particolare, vengo subito tacciato di avere il braccino corto e mi tocca abbozzare.

Una volta deciso a chi fare un presente non è che è finita lì per il sottoscritto, sarebbe troppo bello, bisogna controllare nella lista dell’anno precedente cosa si è regalato a chi per evitare di rifargli lo stesso dono, anche se ci sono amici che da una vita mi fanno lo stesso regalo… Chicca non ammette la ripetizione pedestre perché, a suo dire, questo significherebbe fare un antipatico sgarbo a chi da te si aspetta la dovuta considerazione.

Ovviamente, in questa prima fase non è possibile decidere cosa regalare a chi, infatti solo di qualcuno si ha già un’idea precisa e questi, in genere, sono i propri figli (io ne ho tre). A Michele occorre un materasso perché quello vecchio è sfondato, a Luisa e Emanuela un divano nuovo. Alle mie proteste per l’enormità della spesa, vengo tranquillizzato con la frase: “Naturalmente questi doni sono fuori dal budget natalizio, sono cose di cui hanno un assoluto bisogno per le loro case. A Natale, in compenso, per loro tre compreremo delle sciocchezzuole di poco conto…”. Una bugia spudorata che mi viene condita pari pari ogni anno. Per me è previsto uno spazzolino da denti elettrico e per Chicca un bel vestito per le feste.

La cosa tragica è che per tutti gli altri soggetti in lista, i regali bisogna cercarli nei negozi, e io odio andare in giro per negozi, accidentaccio!

Il fatto è che per negozi, volente o nolente, sono costretto ad andarci insieme a Chicca per la semplice ragione che, se non ci fossi io a calmierarla, lei, per evitare di fare brutte figure, spenderebbe, per ogni singola persona, cifre spropositate. Il concetto del pensierino mirato ma di poco prezzo a lei non passa neanche per l’anticamera del cervello! Lei sceglie un dono non guardando al prezzo ma con la convinzione che la persona a cui è diretto lo apprezzerà. Questo modo di pensare e agire è encomiabile ma porta via un sacco di tempo nei negozi! E non c’è verso di farle capire che buona parte dei regali che riceviamo seguono unicamente la regola del piccolo pensiero, e tacendo, per dirla tutta, dei doni che ci arrivano e che cestiniamo subito in quanto sono chiaramente riciclati dall’anno precedente perché ritenuti troppo di cattivo gusto da chi li aveva ricevuti in passato…

Infine, odio le Festività di Fine Anno perché, a furia di festeggiare a casa mia o in casa di amici, in dicembre ingrasso di almeno due chili, giusto quei due chili che, per perderli, ci avevo impiegato nove mesi, (il tempo di dare alla luce un bambino) ammazzandomi di ginnastica a corpo libero in palestra, di cyclette, di bicicletta, di camminate nei campi e mangiando quasi sempre cibi poveri di grassi e del tutto insipidi…

Pur con tutto ciò, nel mio cuore riesco a trovare dell’amore per le Festività di Fine Anno.

Le amo perché, per un certo periodo di tempo, mi fanno pensare a quando, da bambino, credevo a Babbo Natale e non vedevo l’ora che nascesse il Bambinello per avere finalmente il permesso di aprire i regali messi con estrema cura sotto l’albero dalla mia mamma, anche se sapevo in partenza, viste le nostre modeste condizioni economiche di allora, che sarebbero state piccole cose, ma ero anche sicurissimo che lì dentro c’era compreso tutto l’amore che mia madre e mio padre avevano per me e per la mia sorellina.

Amo le Festività di Fine Anno perché in giro per la città ci sono tante luci e tutte le vetrine sono addobbate al loro meglio, e perché, in questo frangente, si respira un’atmosfera di una stranezza tutta particolare, un’atmosfera che non si ritrova in nessun altro momento dell’anno. Anche se non è assolutamente vero, in questi quindici giorni tutte le persone sembrano più allegre e più buone. Giuro che lo penso davvero ed è proprio questo pensiero che, per quindici giorni all’anno, mi fa sopportare la cattiveria, la prepotenza, le ingiustizie che vedo intorno a me.

Amore e odio, dunque, si compensano e fanno sì che, ogni anno a dicembre, non vedo l’ora che arrivino le Festività… anche perché sono sicuro che il 6 gennaio del Nuovo Anno, cioè oggi, arriva la Befana e tutte le Feste vanno via. A bocca apertaSecchioneSorriso

Nicola

 

Carissime amiche e carissimi amici,

con questa puntata delle mie avventure il Signor Giacomo si prende una lunga pausa per poter passare con i suoi cari il Santo Natale e tutte le Feste di Fine e Inizio anno. Colgo, quindi, io l’occasione per fare i miei più sentiti auguri a voi che da tanto tempo mi seguite con affetto: auguri, naturalmente, da estendere alle vostre famiglie.

Il blog riapre (forse) dopo la Befana 2017 che, come è noto, tutte le feste porta via.

Baci, baci.

Betta

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e, per finire…

Buone Feste 2016

Buone Feste a tutti, con la speranza che il 2017 sia un anno di pace in tutto il mondo.

Nicola

Carissime amiche e carissimi amici, come state?

E’ un po’ che non ci sentiamo e devo dire che le cose si stanno mettendo molto male per me. La notizia dell’arrivo di un fratellino (o di una sorellina), purtroppo, è confermata e io, ormai, non posso più farci niente, se non prepararmi al fattaccio e cercare di mettere dei punti fermi in casa per non farmi travolgere dagli avvenimenti. I grandi, a volte, non capiscono le esigenze e le priorità dei propri figli e si comportano come se noi non contassimo niente nel ménage famigliare, tipo chiederci, prima di prendere “certe” iniziative, se vogliamo che la popolazione mondiale aumenti di un’unità… quando siamo già così in tanti!

Vabbè, dovrò farmene una ragione.

Baci, baci.

Betta

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Arrivederci alla prossima puntata!

Betta

Il momento che stiamo vivendo è bruttissimo non solo per la cattiva situazione economica che c’è in molti paesi del mondo, compreso il nostro, ma anche per le terribili guerre che si stanno combattendo non lontano da noi. I morti e i feriti nei combattimenti ormai non si contano più e non fanno più nemmeno notizia sui giornali o sui telegiornali. Se potessi, con una bacchetta magica, farli terminare non ci penserei nemmeno un istante.  Vivere in pace sul nostro martoriato pianeta è un’utopia che i signori della guerra disdegnano a priori. Eppure la pace, a parole, la sostengono tutti…

Per distogliere dalla mente questi tristi pensieri, faccio ricorso a un breve capitolo del primo libro che ho scritto parecchi anni fa ricordando una guerra particolare e abbastanza cruenta, ma senza morti e feriti, a cui ho assistito quand’ero bambino.

Buona lettura.

Nicola

La guerra del latte

Mucca1

L’estate del 1952 si presentava, in modo non difforme da tutte quelle precedenti, calda, stupendamente oziosa, inframmezzata dai soliti lavoretti fatti giusto per non dispiacere ai nonni che lo ospitavano nella masseria a Incoronata in Puglia.
I nonni confidavano molto in Nicola e nella sua capacità di affrontare con grinta la vita. Spettava a lui, in un futuro non lontano, portare la famiglia a un livello sociale più elevato e questo lo obbligava, quasi sempre, a comportarsi in modo da non deludere le loro aspettative.

Per nonno Pietro, Nicola da subito era diventato “il nostro ometto”.

Una simile definizione, se da un lato soddisfaceva la parte più profonda del suo io infantile, dall’altro, gli andava stretta e insopportabile proprio per la responsabilità che essa comportava. Lui avrebbe preferito mille volte di più potersi abbandonare a quelle gratificanti marachelle che sono il vero pane dei bambini della sua età.

Nonostante avesse solo dieci anni, Nicola aveva capito che conveniva dare ai nonni e ai genitori un’immagine di sé il più possibile rassicurante e matura: ciò faceva distogliere il loro sguardo vigile dalla sua persona quel tanto da permettergli un certo margine di manovra. In quei momenti di distrazione familiare, rari in verità, dava il meglio di sé e riusciva a godere di tutte le opportunità che la libertà e la sua fantasia gli offrivano.

Proprio in quei momenti nascevano le “azioni avventurose” più belle.

Con tale espressione, lui e il cugino Pietro, indicavano quei comportamenti che, una volta scoperti, avrebbero avuto ben altri appellativi e sarebbero stati salutati a scapaccioni e non certo a battimani.

Una di queste azioni, rimasta negli annali della famiglia Losito, fu la cosiddetta “guerra del latte”.

Ogni estate, alla masseria si riuniva una folla di parenti provenienti da diverse città d’Italia. I nonni Palmieri avevano generato sette figli e questi, sposandosi, si erano sparpagliati per tutta la penisola. La loro grande casa e le lunghe vacanze scolastiche erano il luogo e l’occasione adatti a riunirne buona parte. Nell’e¬state del ‘52 il lungo tavolo di cucina ospitava almeno venti persone tra adulti e bambini.

Fra questi c’era Pietro, il carissimo cugino di Roma.

Dopo pranzo, il nonno faceva sempre un breve pisolino seduto scomodamente sulla stessa sedia utilizzata poc’anzi per il pasto. La nonna e le donne di casa, figlie e nuore, rassettavano la cucina chiacchierando fra di loro a bassa voce per non disturbarlo. I bambini, se lo desideravano, potevano salire in camera per dormire o leggere.
In campagna non c’erano altre alternative. La temperatura esterna sconsigliava azioni più impegnative. Lui e il cugino Pietro, però, quel giorno non avevano sonno. I giornalini a disposizione erano stati letti e riletti più volte, per cui entrambi vagolavano annoiati per la cucina. Col proposito di fare qualcosa di diverso dall’ascoltare le chiacchiere delle donne, presero il corridoio che, attraverso l’atrio adibito ad attrezzeria, portava alla stalla. Anche qui, con i due cavalli da una parte e le sei mucche dall’altra, si respirava la stessa atmosfera oziosa del dopo pranzo.
Che inventare allora?
Saliti in groppa a Luna e Fiorello, da quell’alta e privilegiata posizione presero a imitare sfrenate cariche della cavalleria contro orde di indiani cattivissimi e dal volto variamente dipinto. A un certo punto, buttando l’occhio dall’altro lato della stalla e vedendo le enormi e gonfie mammelle delle mucche che ruminavano tranquille, a Nicola venne un’idea.

La comunicò al cugino e lui l’approvò immediatamente.

Fu così che i due bambini, afferrate per i capezzoli le mammelle delle due mucche più distanti e spremendole con forza diedero vita, con mirati spruzzi di latte, a una fantastica e combattutissima battaglia. Le mucche, per un po’ li lasciarono fare, poi cominciarono a dare segni evidenti di insofferenza, muggendo e scalciando nel contempo.

Era quello il momento di sospendere le ostilità e porre fine alla guerra.

La battaglia aveva però lasciato visibili macchie sui loro pantaloncini e magliette, macchie che, asciugandosi, si erano trasformate in striature giallastre accompagnate da un acre odore di latte, molto fastidioso all’olfatto. Fu questa la ragione per cui il ritorno in cucina dei due guerrieri non venne accolto con acclamazioni e applausi?
Parrebbe di sì. Il forte olezzo che viaggiava insieme a loro e la situazione disastrosa dei loro indumenti, trasformarono immediatamente l’esito della gloriosa tenzone in una storica disfatta. Mamme e nonni ci misero ben poco a capire cosa i due cugini avevano combinato nella stalla.

Nicola, rincorso da sua madre, si prese subito due solenni sculaccioni e una memorabile tirata d’orecchie. Pietro, prima che la sua potesse afferrarlo per affibbiargli la meritata punizione, fu raggiunto dal bastone che il nonno teneva sempre a portata di mano.

A quel punto successe il finimondo.

Mentre i due bambini piangevano a voce spiegata, la mamma di Pietro, offesa perché a punire il figlio fosse stato il suocero e non lei, iniziò a litigare con la madre di Nicola, colpevolizzandola per non essere mai stata capace in vita sua di bloccare in tempo le malefatte del figlio. Lei, per difendersi, contrattaccò facendo l’elenco delle cose orribili commesse da Pietro sin dal giorno della nascita. I nonni, nel tentativo di frenarle, difendendo ora uno ora l’altro dei nipoti, non fecero che provocare un ulteriore inasprimento della lite che proseguì furiosa per un paio d’ore.

Nessuno, nel frattempo, sembrava più interessarsi di Nicola e Pietro che, archiviato il pianto, si guardarono negli occhi e con gesti del capo e della mano si accordarono per salire in camera da letto e allontanarsi in fretta da un campo di battaglia diventato molto più pericoloso di quello affrontato prima nella stalla.
La guerra del latte si era rovinosamente trasformata nella ”guerra delle zie”, una battaglia così aspra e astiosa da lasciare tra le due donne strascichi e malumori mai interamente sopiti anche dopo anni di successive frequentazioni.

I due cugini, invece, amici per la pelle, nel giro di cinque minuti avevano dimenticato la punizione ricevuta. Dalla camera da letto situata proprio sopra la cucina, se la godettero un mondo nel sentire le loro madri mentre si beccavano in modo così acceso, impegnate, col procedere dello scontro, più nella strenua difesa della bontà e intelligenza del proprio figlio, che nello scusarsi del comportamento incosciente e birichino di entrambi.
Alla masseria una vera pace tornò solo al momento della partenza di Pietro per una nuova destinazione, una settimana dopo. La sua famiglia non si fermava mai per più di un mese in campagna: la loro vacanza, in agosto, proseguiva al lago di Lesina presso i nonni materni. Doversi lasciare così presto, per i due cugini era un grosso dispiacere: in barba alla nota insofferenza fra le rispettive madri, loro due si volevano un bene dell’anima. Il distacco era condito, come sempre, da lucciconi agli occhi. Per Nicola, in assenza del cugino, le “azioni avventurose” ancora possibili in quell’estate che stava volgendo al termine, sarebbero state purtroppo monche di un protagonista attivo ed efficiente.

Mio cugino, in seguito, intraprese la carriera militare in aeronautica, raggiungendo, alla fine, il grado di colonnello. Io, invece, mi laureai in ingegneria elettronica.
Da pensionati, di tanto in tanto, ci incontriamo e, come tutti i vecchi di questo mondo, spesso ricordiamo i bei tempi della nostra adolescenza.
Ci credereste?
Pietro non ha ancora dimenticato il colpo di bastone ricevuto, quella volta, dal nonno e a me provoca ancora sofferenza l’umiliante sculacciata infertami da mia madre di fronte a tutta la parentela.
Se lo incontraste e vi capitasse di parlare con lui della famosa “guerra del latte”, non dategli assolutamente retta.
Quel giorno, la battaglia con le mammelle delle mucche l’ho vinta io.
Giuro.

Carissime amiche e carissimi amici,

eccomi di nuovo qui per raccontarvi le mie peripezie giornaliere in famiglia e fuori casa. Avete passato delle belle vacanze? Mi auguro di sì. Presto vi racconterò le mie avventure estive: abbiate solo un po’ di pazienza, sto facendo il punto della situazione. Molte cose nuove sono avvenute o stanno per avvenire in casa. Seguitemi e saprete tutto per filo e per segno.

Un bacione a tutti dalla vostra bellissima, simpaticissima, spiritosissima e… modestissima Betta.

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Arrivederci alla prossima puntata.

Betta

Diciamoci la verità: quante volte, arrivati alle soglie dell’estate, abbiamo pensato: “Finalmente andrò in vacanza e potrò fare tutto quello che ho rimandato: 1) per mancanza di tempo dovuta ai troppi impegni di lavoro/scuola, 2) per stanchezza fisica e mentale, 3) per tutti gli altri mille piccoli ma tediosi impedimenti che non ci hanno permesso di realizzare ciò che la nostra geniale capoccia ha partorito durante il lungo periodo autunno/inverno?

Evito di menare il can per l’aia e scendo subito nel personale.

Ecco i buoni propositi che avevo fatto per l’estate appena terminata: “Leggere la pila di libri accumulati da tempo sulla scrivania; scrivere il romanzo che (di sicuro) mi porterà fama e ricchezza; disegnare (si fa per dire…) le strisce giornaliere di Betta e il suo bellissimo papà; curare il prato (cercando di non litigare con i sassi che compaiono misteriosamente durante l’inverno); pitturare la tettoia delle auto e la casetta degli attrezzi ammalorate dal maltempo e dall’irrigazione automatica dell’estate 2015; aiutare mia moglie nelle faccende domestiche; badare all’adorabile cane lasciatoci (molto carinamente) in custodia da mia figlia, super impegnata sul lavoro; etcetera etcetera… “

Uno potrebbe (giustamente) sostenere: “Visto che sei un pensionato, cosa ci vuole a realizzare quel modestissimo elenco che hai appena fatto? Basta che ti alzi alle otto del mattino e fai subito colazione; un’ora la dedichi alla lettura; un paio d’ore le usi per scrivere una ventina di pagine del tuo nuovo romanzo (ricordati che Simenon, il famoso autore del Commissario Maigret, buttava giù un libro di oltre 100 pagine ogni settimana e, in più, trovava il tempo da dedicare ogni giorno a una delle 10.000 donne che si è portato a letto nella sua vita); un’ora per curare il prato è più che sufficiente. Diciamo che, così facendo, la mattinata se n’è belle che andata. A questo punto ti siedi a tavola e mangi ciò che la tua cara moglie, con grande amore, ti ha preparato; dopo pranzo dormi un’oretta in poltrona (giusto per favorire la digestione); poi ti metti alla scrivania e disegni (?) tre o quattro strisce di Betta, cercando di essere il più possibile spiritoso. Mezz’ora per questa faccenda (artistica) penso possa bastare. Se guardi l’orologio vedrai che hai ancora quasi tutto il pomeriggio e la sera liberi per dare retta alla tua signora, per portare in giro il cane a fare i bisognini e per rilassarti in giardino.

Non mi dire che questo è un programma impossibile da rispettare!

Esatto. Non è (era) un programma molto impegnativo per un qualsiasi pensionato in buona salute e con parecchie velleità artistiche/pratiche per la testa. Purtroppo quest’estate mi sono scoperto più fancazzista del solito e – ahimè – non ho realizzato quasi nessuno di quei buoni propositi.

Vediamo perché.

Leggere, oddio, ho leggiucchiato, ma, a parte la trilogia di Kent Haruf, tutti gli altri libri che avevo acquistato o che mi erano stati regalati si sono rivelati vera e propria fuffa da cestinare.

Il più importante impegno (scrivere un nuovo romanzo) l’ho tolto subito dalla lista. Al momento di sedermi alla scrivania mi sono ricordato che avevo deciso, ormai da tempo, di abbandonare del tutto la scrittura. Saggia e doverosa decisione maturata in seguito alla convinzione di avere esaurito gli argomenti (vedi la terza voce nel menù sopra il titolo del blog) che avrebbero potuto destare qualche interesse in un pubblico diverso dai parenti e dai quattro amici che mi ritrovo. (Si prega di battere le mani per avere evitato in questo modo che venissero abbattuti almeno un paio d’alberi della foresta amazzonica!)

Di Betta e il suo bellissimo papà ho disegnato un certo numero (piccolo) di strisce che forse pubblicherò a puntate nel blog.

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Di curare il prato non ce n’è stato bisogno. I malefici sassi se ne sono stati buoni buoni nel sottosuolo e l’erba l’ha tagliata ogni settimana una ditta che possiede una falciatrice a motore i cui interventi noi li paghiamo profumatamente.

Mia moglie, un vero tesoro, non ha chiesto i miei servigi: evidentemente ha capito subito che quest’estate non ero in vena di darle retta.

Il cane? Beh, quello l’ho lasciato libero di concimare il prato a suo piacimento e poi era così impegnato a inseguire i gatti dei vicini e ad abbaiare a qualsiasi essere vivente in movimento attorno alla casa che, praticamente, non ha mai richiesto la mia attenzione.

Allora perché quest’estate sono stato così fancazzista?

Sarò sincero. Purtroppo avevo e ho alcuni problemi fisici da risolvere: perdere un po’ di peso e guarire da un doloroso problema alle mie estremità (spina calcaneare in entrambi i piedi). Con il prezioso aiuto della mia signora che ha scoperto una speciale dieta a zona, (tre normali pasti al giorno ben equilibrati fra proteine, carboidrati, grassi e vitamine e tre spuntini tra un pasto e l’altro) in quattro mesi ho perso, spero definitivamente, circa sei chili mangiando di tutto, cioè carne, pesce, verdura, frutta, dolci. Alla faccia dei vegani e dei vegetariani, veri e propri terroristi alimentari che si perdono tutto quanto c’è di sfizioso e salutare nell’infinita varietà di cibi che esistono al mondo!  Visti i buoni risultati, continuerò così anche durante l’inverno per arrivare al peso forma di 75 chilogrammi. Manca pochissimo a raggiungere quest’obbiettivo…

Ho cercato di curare il dolore ai piedi, seguendo le indicazioni mediche, con un ciclo di tre sedute di onde d’urto che, però, non hanno risolto il problema.  Dopo avere letto un articolo scientifico su Internet, ho proseguito con esercizi di fisioterapia specifici per le caviglie, camminando parecchio e andando in bicicletta regolarmente ogni giorno. Con questo daily training, oltre al ridurre il fastidio ai piedi, ho dato anche una valida mano alla dieta dimagrante. In agosto sono stato quattro giorni al mare, dove ho passeggiato sulla spiaggia facendo lambire le mie estremità dall’acqua fredda, e quattro giorni in montagna dove, con amici, mi sono lanciato in alcune gite, scegliendo camminamenti di notevole difficoltà sia in salita che in discesa. Risultato di questi due brevi intermezzi lontano dal mio buen ritiro di campagna: il dolore acuto ai piedi è molto diminuito. Persiste ancora una modesta dolenza che, mi auguro, scomparirà proseguendo gli esercizi ginnici anche in autunno e in inverno.

Alla luce di quanto vi ho appena rivelato, converrete con me che il mio fancazzismo estivo, in realtà, non è poi così criticabile, anzi, chi mi conosce arriva a definirlo laborioso, il che mi fa assomigliare al grande Murakami, il mio idolo letterario, il quale, come è noto, è diventato uno scrittore di libri memorabili sviluppando con encomiabile tenacia l’arte della corsa a piedi.

Chissà se anche lui aveva da combattere le spine calcaneari ai piedi…

Murakami, allenandosi per maratone classiche e non (leggete al riguardo il suo libretto “L’arte di correre”) è diventato un big della letteratura mondiale. Io, di sicuro, non lo raggiungerò su questo versante, ma spero, comunque, di farmi passare il mal di piedi!

Risultato immagine per murakami l'arte della corsa

Un cordiale saluto a tutti!

Nicola

 

Care amiche e cari amici,

si avvicina l’estate e presto partirò per le vacanze. Purtroppo sono felice a metà. Da un lato sono contenta che la scuola sia finita, ma so che mi aspetta un nuovo ciclo scolastico di sicuro più pesante delle elementari dove, come sapete, ho avuto ottimi risultati. Da un altro lato, sono triste perché, forse, perderò di vista Marco, il mio filarino ufficiale, ma, (chi può dirlo?) l’estate potrebbe essere l’occasione per incontrare ragazzi nuovi e altrettanto carini…

Con questa puntata termina il racconto delle mie prime avventure, ma vi do appuntamento a settembre per riallacciare il nostro colloquio che, per quanto mi riguarda, è stato molto, molto interessante. Con parecchi di voi, infatti, si è accesa una bella amicizia e mi piacerebbe conservarla anche per il futuro.

Un grande bacio a tutti.

Betta

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Arrivederci a settembre!

Il Signor Giacomo, però, ci sarà ancora mercoledì prossimo. Lui vi aspetta numerosi perché ha una cosa da comunicare.

Baci, baci.

Betta

Anni fa, sul sito Web dell’Ingegner Franco Maria Boschetto, lessi un articolo molto spiritoso e, siccome la problematica da lui affrontata allora è ancora tragicamente attuale oggi, ho pensato di riproporvelo qui in modo che possiate farvi sia quattro risate sia prendere spunti per non commettere errori nel caso doveste scrivere il vostro Curriculum Vitae. L’ingegner Boschetto faceva riferimento a una serie di libri (alcuni ormai di culto e quasi introvabili) scritti da Enza Consul, a volte anche in coppia con Assunta Di Fresco, entrambi noti cacciatori di teste per diverse aziende che agiscono sul territorio nazionale. Ecco i titoli:

Curriculì CurriculàLa mia azienda sta stirando le cuoia

 
Uno straccio di curricolo Curricula Ridicula 

Enza Consul è lo pseudonimo di un uomo che preferisce mantenere l’anonimato, mentre Assunta Di Fresco è il nom de plume adottato dalla giornalista economica e scrittrice Lucia Tilde Ingrosso: ebbene questi due autori, nel tempo, si sono dedicati all’argomento, sempre attuale, della ricerca di lavoro tramite la scrittura di un Curriculum Vitae che colpisca l’attenzione di chi cerca collaboratori validi per la propria azienda. In tempi tristi e convulsi di Jobs Act come quelli che stiamo vivendo, libri del genere dovrebbero stare sulla scrivania di tutti coloro, laureati o no, che hanno perso il lavoro, che lo cercano per la prima volta o che ne desiderano uno diverso da quello che hanno già. Quelle che seguono sono perle rare tratte da veri curricula arrivati sulla scrivania dei due suddetti “cacciatori di teste” e che l’Ingegner Boschetto ha avuto la pazienza di riassumere per noi.

Se desiderate che qualcuno si prenda a cuore il vostro nominativo e vi offra un lavoro ben remunerato è opportuno evitare di scrivere quanto segue…

L’ESORDIO

•    L’alfabeto? Sono un laureato in economia e commercio, vi scrivo perché voglio diventare un manager con la A maiuscola.
•    Col binocolo Ho visualizzato la Vs. inserzione leggendola sul giornale.
•    Poliziesco Allego alla presente il mio identikid.
•    Spione Vi chiedo di essere infiltrato nella vostra Banca Dati.
•    Aiuto! Prendo sputo dalla vostra inserzione.
•    Station wagon In risposta al Vostro annuncio premetto che dispongo di un ampio bagagliaio d’esperienza.
•    Lacrime amare Mi sono impelagato in un lavoro che fa piangere.
•    Saldi Sono in offerta speciale perché tra due giorni mi dimetto da dove sto.
•    Non vale un gran che Allego un breve straccio del mio curriculum.
•    Curricula forati Se nel mio curriculum trovate due buchi è perché ho avuto due figlie.
•    Just in retard Spero di essere ancora “just in time” per inviarvi un curriculum, anche se sono passati 32 giorni dall’inserzione.
•    L’africano Mi è giunto il tam-tam della vostra ricerca.
•    Avrà sonno Vi farò una breve ricapitolazione del mio bedground.
•    Barbiere di Siviglia Volete un venditore coi baffi, pelo e contropelo?
•    Fiaba C’era una volta un laureato in filosofia al primo impiego che cercava lavoro.
•    Demenziale Vi ringrazio del Vs. interesse, ma siccome ci ho ripensato, non accetto inviti da sconosciuti. 
•    Superalcolica La vostra offerta mi inebria.
•    Magellano Vi allego una breve ma mi auguro chiara circumnavigazione delle mie esperienze professionali.
•    Modesto La mia può sembrare un’Odissea, ma Ulisse in confronto non è nessuno. Io ho viaggiato per tutta la vita.
•    Tascabile  Il mio curriculum è breve e potrebbe stare nel palmo di una mano: sono monoaziendale.
•    Salomè Non ho segreti, vi scrivo senza veli.
•    San Giovanni Ecco la mia testa su un piatto d’argento.
•    La piovra  La vostra inserzione è tentacolare.
•    Coerente Sono perito agrario ancora in erba.

COME SI PRESENTANO

•    Capelluto puntuale Non sono calvo e ho il fisic du rolex
•    Pinocchio Sono un tipo piuttosto longilineo.
•    I nostri eroi Mio padre è stato ufficiale della Guardia di Finanza, che salva più vite umane degli stessi medici e a rischio della propria.
•    Gerarchie Stato di famiglia: padre, madre, fratello inferiore.
•    Per le mamme siamo sempre bambini Ho due bambini piccoli di 12 e 18 anni.
•    Parentado colto Circa trenta dei miei parenti sono laureati, come il fratello di mia madre. Circa venti dei miei parenti sono diplomati alle scuole medie superiori. 
•    Vocazione familiare Sono sposato e ragioniere, mia moglie è ragioniera, i miei figli sono ragionieri.
•    Parenti d’acciaio Il marito di una cugina di mio padre da parte di mio nonno paterno era ingegnere.
•    Tira e molla Mi sono separato, poi divorziato, poi risposato poi ancora separato, adesso non ci casco più.
•    Culturista Alto: 1.83; pesante:60 kg. Miei punti di forza: bicipite 40 cm. in trazione, torace 140 cm., capacità inspiratoria 10 litri.
•    Bidonato Ho sposato un’ereditiera che però non ha mai ereditato.
•    Sa anche contare! Se prima eravamo in due, adesso col bambino siamo in tre.
•    Scoppia di salute Di salute sto più che bene, e posso migliorare dopo quattro piccoli interventi chirurgici.
•    Buongustaio Qui ora c’è la parte più appetitosa del mio curriculum.
•    Figlio di calcolatrice Ritengo di essere di natura contabile.
•    L’arcobaleno Come potete vedere il mio è un curriculum variopinto.

STUDI E QUALIFICHE

•    Cosa contano i posteriori Mi presento ai fini di un’assunzione a posteriori della mia laurea.
•    Audioleso Ho fatto un corso di specializzazione alla Sordona.
•    Padre-lingua Sono di padre-madre-lingua inglese.
•    Come farà al telefono? L’italiano lo conosco bene ed è già di pochi, le lingue straniere sono scolastiche ma me la cavo con la mimica.
•    Che cosa vorrà dire? Lingue attive: anglo americano. Lingue passive: francese.
•    Sospetto Non sono un pataccaro, anche se vendo orologi.
•    Se lo dice lui… Non sono un markettaro, ma un uomo di vendita.
•    Il cacciatore Nell’ultima battuta ho portato a casa 50 clienti.
•    Beato lui Sono depositario di cultura parauniversitaria e polifunzionale.
•    E allora? Ho partecipato a un gioco a quiz di Mike Bongiorno.
•    Deamicisiano A otto anni prima di andare a scuola vendevo tutte le mattine un cestino di frutta. I miei clienti erano operai che con un pezzo di pane del giorno precedente e il mio genuino prodotto potevano gustare un lauto pranzo. A 14 anni pur continuando a studiare ho avuto una qualifica commerciale superiore e infatti sono passato da venditore abusivo ad ambulante con banco mobile.
•    Sì, si vede Come vedete, sono un autodidattico.
•    Libero a pranzo Prima lavoravo sotto padrone, ma adesso faccio il free-lunch.

ASPIRAZIONI

•    Discreto Ve lo scrivo sotto voce, ho intenzione di cambiare.
•    Il juke box Per la cronaca sono molto gettonato, cioè ho molte offerte.
•    Fantino Vorrei cambiare attività nonostante sia saldamente in sella al vertice aziendale.
•    Il gambero La mia escalation professionale è in discesa.
•    Il faraone Opero soltanto per obiettivi e aspiro a una carriera piramidale.
•    Ambizioni concrete Desidero tanti soldi, prestigio, e avere una segretaria bella, disponibile e con le tette grosse… 
•    La medaglia a tre facce Ci sono tre facce della medaglia che mi spingono a cambiare lavoro: la prima, la distanza. La seconda: i soldi. La terza: mia moglie che lavora nel mio ufficio e già la sopporto a casa.
•    Pregate La crisi ci ha messo inginocchiati.
•    Voglia di carriera Sono pronta a partire dal primo gradino, ma, se posso essere sincera, me lo risparmierei volentieri.
•    Allora quando? Non sono abituato a mercanteggiare quando si parla di soldi.
•    Pagamento alla consegna  Del colore dei soldi ne parleremo in un eventuale colloquio.
•    Politico Riguardo allo stipendio vorrei definire il quorum.
•    Il riscatto Aspettativa economica: vanno bene soldi anche di piccolo taglio basta che non siano al di sotto dei 40 milioni lordi.

ALTRI INTERESSI

•    Sport inediti Arti marziali e bidi bolding
•    Colf Futting
•    Tiro assegno Tiro con l’arco a livello agonia.

HOBBY E DIVERTIMENTI

•    Faccio il buttafuori in una discoteca brasiliana.
•    Mi piace tanto la musica blus, cul jez, tecno.
•    Sono incline ai rapporti umani, sono stato capo scout.
•    Colleziono targhe di inizio secolo con la scritta “ritirata uomini” e “ritirata donne”.
•    Seguo una dieta magrobiotica.
•    L’interesse prioritario è l’Euro.
•    Raccolgo solo cani bastardati.
•    Picnic in moto col sidecar quando non piove.
•    Sono nella banda come sostituto.
•    Studio il buco nero.
•    Pesca subacquea nei bassifondi dello Ionio.
•    Passeggiare sotto la neve in montagna mi rilassa moltissimo.
•    Faccio tornei di bridge con la Canottiera Olona.

CONCLUSIONI (questa volta) SERIE

Ok, fin qui abbiamo scherzato, però, quando compilerete il vostro Curriculum Vitae, fate attenzione agli svarioni. Non siate eccessivamente modesti e nemmeno troppo spocchiosi, cercate la giusta via di mezzo, cioè siate voi stessi e sarete di sicuro apprezzati. Volete sapere come andò il colloquio che ebbi da giovane neo laureato in ingegneria elettronica con il responsabile delle risorse umane della General Electric Company, una nota multinazionale con sede a Milano? L’uomo, un distinto signore con un viso che sprizzava cordialità da tutti i pori, diede una veloce scorsa al mio (scarno) curriculum, mi guardò in faccia e disse: “Mi parli di lei…”

“Non ho molto da raccontare su di me. – dissi – Mi sono laureato tre mesi fa, quindi non ho esperienze lavorative specifiche. Posso solo dirle che il vostro annuncio sul Corriere della Sera corrisponde in pieno alle mie aspettative. Sono in buona forma fisica e godo ottima salute. Credo siano le condizioni ideali per affrontare quello che potrebbe essere il mio primo impegno in campo lavorativo.”

Bene, una settimana dopo ricevetti la lettera di assunzione dalla General Electric. Ma erano altri tempi…

Nicola

driiin! driiin! driiin!

Sto seduto davanti al computer, come ogni giorno, quando il mio nuovo cellulare si mette a squillare. Guardo chi è e vedo la scritta "sconosciuto". Decido di far finta di niente, ma il suono insiste. Alla fine, un po’ seccato, rispondo.

– Pronto! dico di malavoglia.
– Buongiorno signora, potrei parlare con suo marito? dice una voce femminile.

Oh, che ca…, penso, ma per chi mi ha preso, costei?

– Chi lo desidera? rispondo
– Sono Anna, matricola 1234, e chiamo dal call center di Enel.

Capisco subito che si tratta della solita seccatura: la tizia mi proporrà una nuova e fantastica promozione. Il primo istinto è quello di chiudere immediatamente la comunicazione. Poi, chissà perché, decido di divertirmi un po’.

– Anna Matricola, noi ci conosciamo, forse?
– Non personalmente, però, siete nostri clienti da anni.
– Davvero? E mi dica, cosa compriamo di bello da lei?

La voce femminile s’interrompe per un attimo. Forse è rimasta sorpresa dalla mia domanda. Quando riprende a parlare, il timbro vocale è cambiato:

– Mi scusi, signora, potrei parlare con suo marito? E’ importante.
– Cara Anna, io e mio marito siamo una cosa sola, dica pure a me…
– Non vorrei sembrarle sgarbata, ma devo parlare proprio con lui in quanto titolare dell’utenza.
– Parlare di pietanza con mio marito? Ma se lui non sa neanche accendere il forno?
– Ho detto utenza! Non pietanza, signora! E’ in casa suo marito oppure no?
– Mi scusi, signorina Matricola, sa, io sono un po’ dura d’orecchie…
– Appunto. Perché allora non mi passa suo marito, se è in casa. Avrei una certa fretta.
– Ah, voi giovani siete sempre di corsa, non sapete proprio godervi la vita.
– Signora, la prego, sto lavorando e non ho tempo da perdere!
– Cara Matricola, è proprio qui che sbaglia, deve imparare a prendere la vita con più calma.
– Guardi che mi chiamo Anna! Enel mi dà da vivere solo se porto a casa dei nuovi contratti, perciò non ho tempo per chiacchierare con lei.
– Si chiama davvero Anna Elena? Ha il doppio nome, ma che bello! Anche una mia amica, quella che abita a Bologna, si chiama così ed è una persona molto simpatica. Purtroppo ci sentiamo pochissimo e non mi è facile andare a trovarla, sa, noi viviamo a Milano…
– Mi chiamo Anna e basta! Per favore, signora, mi può passare suo marito?
– Oh, mi scusi, cerchi di capirmi. Io sono anziana e ricevo pochissime telefonate. Quando qualcuno mi chiama, ne approfitto sempre per chiacchierare un po’!
– D’accordo, d’accordo! Lei è molto simpatica, ma adesso può passarmi il signor Nicola, per favoreeee!
– Conosce il nome di mio marito? Come mai?
– Gliel’ho detto prima: siete nostri clienti, ho le vostre bollette qui davanti a me! Faccia la brava, me lo passi…
– Va bene, va bene, però non si arrabbi! Vado a chiamarlo.

Appoggio il cellulare sulla scrivania e aspetto una manciata di secondi prima di riprendere a parlare.

– Mi dispiace, mio marito non è in casa. Può dire a me?
– Ma vaff… (qui in realtà non ho capito bene cosa la ragazza stia dicendo…)
– …
– …

click!

E’ mai possibile che quell’imbranata di centralinista non si sia accorta di stare parlando con un uomo? Vabbè, da un lato mi dispiace un po’ di averla presa in giro, ma anche lei, signore Iddio! come ha fatto a confondere la mia bella voce maschile con quella di una donna?

Non sarà mica che, invecchiando, ho perso la virilità?
Accidentaccio, è impossibile che io abbia una voce femminile!
Ecco una ragione in più per odiare sto ca… di telefonino nuovo…

Nicola

Ai miei tempi, parlo di quasi mezzo secolo fa, trovare lavoro per un giovane era sicuramente più facile. Non c’era stato bisogno di inventare l’odierno Jobs Act per facilitare la possibilità di essere assunti a tempo indeterminato. I problemi, però, nascevano una volta entrati nel mondo del lavoro.

Forse non tutti sanno che, prima di intraprendere sul campo la mia attività di ingegnere elettronico, partecipai a un corso di formazione a Borgolombardo, promosso dalla società che mi aveva assunto insieme a una ventina di colleghi che arrivavano da ogni parte d’Italia. Il corso serviva per darci gli strumenti e le informazioni necessarie e sufficienti per aggredire il nascente mercato informatico dove l’IBM già la faceva da padrona. Tutto perfetto, dunque, senonché fra i tanti ottimi insegnanti che ci seguivano un bel giorno se ne presentò uno che aveva molte doti ma certamente non possedeva il dono della chiarezza di esposizione. Un nerd ante-litteram, cioè un tipo molto simile al signore qui sotto:

Produzione1

Un collega, neo assunto come me, aveva con sé un registratore e si prese la briga di memorizzare una sua lezione. Quanto segue è la copia dattiloscritta fedelissima di quella registrazione.

Buon divertimento.

Nicola

Produzione4

Programmazione della produzione con il computer

“Programmare la produzione col computer può sembrare complicato, ma, come vedremo, non è poi così difficile… anzi, dico di più, molto spesso qualsiasi ragazzina, in 10 minuti, è in grado di farla”.

Questo fu l’incipit tranquillizzante. Non sapevamo, ahimè, quello che ci aspettava nel prosieguo della lezione. Il prof si tolse la giacca, si tirò su le maniche della camicia, si portò nei pressi della lavagna portablocco da conferenza, e prese a disegnare dicendo:

“Ci sono dei mobili, ci sono dei cassetti: 1° cassetto, 2° cassetto, 3° cassetto, 4° cassetto, 5° cassetto, estraggo la scheda rossa dalle 30.000 così non si consumano. Si prendono poi i pacchi di schede a mano perché la manina in certi casi è più efficace del calcolatore. Quindi con questo sistema si sa subito ciò che si vuole, ma non si può andare oltre perché non si fa più in tempo in quanto certe cose ci servono il 1° mese, certe altre il 2° mese, certe altre ancora il 3° mese e, al limite, si potrebbe proseguire fino all’infinito senza però risolvere il problema di fondo.
È semplice, no?

Produzione3

Però adesso vogliamo affinare il discorso dividendo il pacco di schede nei 3 mesi A, B, C secondo il codice materiale 1°, 2°, 3° e secondo un altro codice supplementare che per il momento non ci interessa, così facendo possiamo mettere in evidenza ciò che vogliamo. Ma può darsi che sia così e può darsi che non sia così in maniera continua, oppure l’andamento non è continuo, può essere così o così.
Ora, con questa spiegazione supplementare, il concetto dovrebbe essere chiarito.
In altre parole, io volevo dire che questi risultati sono un problema di volumi e di tempi.
Ora ci chiediamo: che incidenza c’è di fronte a questo problema? Non si può dire che un mese vale l’altro, però, mediamente si compensano.
Con questo abbiamo definitivamente chiarito il concetto.

Guardate che siamo sempre alle solite e la semplificazione che abbiamo fatto è servita unicamente per portare avanti il discorso, se no si chiudeva tutto, perché se uno vuol costruire automobili non è che costruisca automobili ma costruisce i pezzi con i quali poi costruisce le automobili.
Era una semplificazione necessaria e fittizia che, però, ora va ancora migliorata costruendo una curva e basandosi sul passato, così riusciamo finalmente a sfruttare appieno i dati del problema.
Ogni volta, come ogni giorno, ci si potrà ritrovare nel disordine perché certi elementi esistono e cerchiamo di sfruttarli, ma non possiamo fare molto di più, perciò useremo la fase n e la fase n-1, ma questo non lo posso sapere a priori perché non sempre è così.
È chiaro però che nella programmazione a monte, la prima programmazione è quasi sempre l’ultima da considerare ma è la prima da eseguire.
È impossibile non capire.

Se ci riuscisse, ma è palese che non sempre riesce, potremmo migliorare ulteriormente l’analisi e invece di vedere la programmazione a monte, a mano a mano, si prendono dei provvedimenti sulla programmazione a valle, infatti può darsi che l’omino in fabbrica abbia sbagliato a procedere.
Purtroppo non posso partire da 3 mesi fa, la lavorazione sarà tutt’altra cosa, da destra verso sinistra, mentre noi ovviamente la considereremo da sinistra verso destra per avere una visione del problema più aderente alla realtà. Questa ipotesi, a dire la verità, non è molto facile da realizzare e non è detto che dando la precedenza al problema più lungo, la programmazione sia più facilmente realizzabile, in quanto uno non saprà mai con che cosa ha a che fare.
L’esempio che segue chiarirà i punti che sono rimasti ancora oscuri.
Supponiamo che questa sia l’ora 7083, perché 1000 nella nostra impostazione è 999 e bisogna anche stare attenti all’anno e distinguerlo bene in modo da non confondere il 2° giorno del 1° quadriennio con il 1° giorno del 2° quadriennio, altrimenti si mette automaticamente 1000.
Questo per dire come, alle volte, si è alla caccia disperata della soluzione ottimale, però non bisogna mettersi nella condizione di chi usa contemporaneamente bretelle e cintura.
Cambiamo FLIP (foglio).

Produzione2

A volte si lavora a giorni, a volte si lavora a settimane, a volte si lavora a decadi, a volte si lavora a mesi, però l’elaborazione più semplice non è quella che prende in considerazione l’anno ma è quella che considera il minuto perché guardate che, e da questo non ci si scappa, a meno di evenienze imprevedibili, con l’infinito noi non avremo mai niente a che fare. E poi non è detto che stringendo la base si migliora di molto perché c’è anche il rovescio della medaglia, ma noi ne facciamo a meno.
Si tratta solo di ragionare, il giorno può essere contenuto nella settimana, ma se io ho una operazione che dura 6 giorni, dovrò spaccarla in 5 tronconi collegando l’ultimo troncone con il primo e così di seguito fino a che avrò ottenuto un pezzo, poi continuo con gli altri pezzi.
Ma ora vediamo meglio.
Cominciamo a configurare la produzione, dato che prima, a monte di questa fase, non si configurava affatto. Ma conviene fare un salto in avanti, poi ritorneremo indietro in quanto si potrebbe fare confusione, ma a noi ora non conviene…

Vedo purtroppo che si è fatto tardi, completeremo il discorso nella prossima lezione.”

****

Adesso potete capire perché i miei inizi in campo lavorativo furono piuttosto difficili… A bocca aperta

Nicola

Crediti: il testo dattiloscritto è di proprietà di un ex collega del famoso corso di cui si è detto all’inizio del post. Le immagini le ho prelevate da Internet, presupponendole prive di copyright. In caso contrario sono disponibile a citare i nomi degli autori.