Il momento che stiamo vivendo è bruttissimo non solo per la cattiva situazione economica che c’è in molti paesi del mondo, compreso il nostro, ma anche per le terribili guerre che si stanno combattendo non lontano da noi. I morti e i feriti nei combattimenti ormai non si contano più e non fanno più nemmeno notizia sui giornali o sui telegiornali. Se potessi, con una bacchetta magica, farli terminare non ci penserei nemmeno un istante.  Vivere in pace sul nostro martoriato pianeta è un’utopia che i signori della guerra disdegnano a priori. Eppure la pace, a parole, la sostengono tutti…

Per distogliere dalla mente questi tristi pensieri, faccio ricorso a un breve capitolo del primo libro che ho scritto parecchi anni fa ricordando una guerra particolare e abbastanza cruenta, ma senza morti e feriti, a cui ho assistito quand’ero bambino.

Buona lettura.

Nicola

La guerra del latte

Mucca1

L’estate del 1952 si presentava, in modo non difforme da tutte quelle precedenti, calda, stupendamente oziosa, inframmezzata dai soliti lavoretti fatti giusto per non dispiacere ai nonni che lo ospitavano nella masseria a Incoronata in Puglia.
I nonni confidavano molto in Nicola e nella sua capacità di affrontare con grinta la vita. Spettava a lui, in un futuro non lontano, portare la famiglia a un livello sociale più elevato e questo lo obbligava, quasi sempre, a comportarsi in modo da non deludere le loro aspettative.

Per nonno Pietro, Nicola da subito era diventato “il nostro ometto”.

Una simile definizione, se da un lato soddisfaceva la parte più profonda del suo io infantile, dall’altro, gli andava stretta e insopportabile proprio per la responsabilità che essa comportava. Lui avrebbe preferito mille volte di più potersi abbandonare a quelle gratificanti marachelle che sono il vero pane dei bambini della sua età.

Nonostante avesse solo dieci anni, Nicola aveva capito che conveniva dare ai nonni e ai genitori un’immagine di sé il più possibile rassicurante e matura: ciò faceva distogliere il loro sguardo vigile dalla sua persona quel tanto da permettergli un certo margine di manovra. In quei momenti di distrazione familiare, rari in verità, dava il meglio di sé e riusciva a godere di tutte le opportunità che la libertà e la sua fantasia gli offrivano.

Proprio in quei momenti nascevano le “azioni avventurose” più belle.

Con tale espressione, lui e il cugino Pietro, indicavano quei comportamenti che, una volta scoperti, avrebbero avuto ben altri appellativi e sarebbero stati salutati a scapaccioni e non certo a battimani.

Una di queste azioni, rimasta negli annali della famiglia Losito, fu la cosiddetta “guerra del latte”.

Ogni estate, alla masseria si riuniva una folla di parenti provenienti da diverse città d’Italia. I nonni Palmieri avevano generato sette figli e questi, sposandosi, si erano sparpagliati per tutta la penisola. La loro grande casa e le lunghe vacanze scolastiche erano il luogo e l’occasione adatti a riunirne buona parte. Nell’e¬state del ‘52 il lungo tavolo di cucina ospitava almeno venti persone tra adulti e bambini.

Fra questi c’era Pietro, il carissimo cugino di Roma.

Dopo pranzo, il nonno faceva sempre un breve pisolino seduto scomodamente sulla stessa sedia utilizzata poc’anzi per il pasto. La nonna e le donne di casa, figlie e nuore, rassettavano la cucina chiacchierando fra di loro a bassa voce per non disturbarlo. I bambini, se lo desideravano, potevano salire in camera per dormire o leggere.
In campagna non c’erano altre alternative. La temperatura esterna sconsigliava azioni più impegnative. Lui e il cugino Pietro, però, quel giorno non avevano sonno. I giornalini a disposizione erano stati letti e riletti più volte, per cui entrambi vagolavano annoiati per la cucina. Col proposito di fare qualcosa di diverso dall’ascoltare le chiacchiere delle donne, presero il corridoio che, attraverso l’atrio adibito ad attrezzeria, portava alla stalla. Anche qui, con i due cavalli da una parte e le sei mucche dall’altra, si respirava la stessa atmosfera oziosa del dopo pranzo.
Che inventare allora?
Saliti in groppa a Luna e Fiorello, da quell’alta e privilegiata posizione presero a imitare sfrenate cariche della cavalleria contro orde di indiani cattivissimi e dal volto variamente dipinto. A un certo punto, buttando l’occhio dall’altro lato della stalla e vedendo le enormi e gonfie mammelle delle mucche che ruminavano tranquille, a Nicola venne un’idea.

La comunicò al cugino e lui l’approvò immediatamente.

Fu così che i due bambini, afferrate per i capezzoli le mammelle delle due mucche più distanti e spremendole con forza diedero vita, con mirati spruzzi di latte, a una fantastica e combattutissima battaglia. Le mucche, per un po’ li lasciarono fare, poi cominciarono a dare segni evidenti di insofferenza, muggendo e scalciando nel contempo.

Era quello il momento di sospendere le ostilità e porre fine alla guerra.

La battaglia aveva però lasciato visibili macchie sui loro pantaloncini e magliette, macchie che, asciugandosi, si erano trasformate in striature giallastre accompagnate da un acre odore di latte, molto fastidioso all’olfatto. Fu questa la ragione per cui il ritorno in cucina dei due guerrieri non venne accolto con acclamazioni e applausi?
Parrebbe di sì. Il forte olezzo che viaggiava insieme a loro e la situazione disastrosa dei loro indumenti, trasformarono immediatamente l’esito della gloriosa tenzone in una storica disfatta. Mamme e nonni ci misero ben poco a capire cosa i due cugini avevano combinato nella stalla.

Nicola, rincorso da sua madre, si prese subito due solenni sculaccioni e una memorabile tirata d’orecchie. Pietro, prima che la sua potesse afferrarlo per affibbiargli la meritata punizione, fu raggiunto dal bastone che il nonno teneva sempre a portata di mano.

A quel punto successe il finimondo.

Mentre i due bambini piangevano a voce spiegata, la mamma di Pietro, offesa perché a punire il figlio fosse stato il suocero e non lei, iniziò a litigare con la madre di Nicola, colpevolizzandola per non essere mai stata capace in vita sua di bloccare in tempo le malefatte del figlio. Lei, per difendersi, contrattaccò facendo l’elenco delle cose orribili commesse da Pietro sin dal giorno della nascita. I nonni, nel tentativo di frenarle, difendendo ora uno ora l’altro dei nipoti, non fecero che provocare un ulteriore inasprimento della lite che proseguì furiosa per un paio d’ore.

Nessuno, nel frattempo, sembrava più interessarsi di Nicola e Pietro che, archiviato il pianto, si guardarono negli occhi e con gesti del capo e della mano si accordarono per salire in camera da letto e allontanarsi in fretta da un campo di battaglia diventato molto più pericoloso di quello affrontato prima nella stalla.
La guerra del latte si era rovinosamente trasformata nella ”guerra delle zie”, una battaglia così aspra e astiosa da lasciare tra le due donne strascichi e malumori mai interamente sopiti anche dopo anni di successive frequentazioni.

I due cugini, invece, amici per la pelle, nel giro di cinque minuti avevano dimenticato la punizione ricevuta. Dalla camera da letto situata proprio sopra la cucina, se la godettero un mondo nel sentire le loro madri mentre si beccavano in modo così acceso, impegnate, col procedere dello scontro, più nella strenua difesa della bontà e intelligenza del proprio figlio, che nello scusarsi del comportamento incosciente e birichino di entrambi.
Alla masseria una vera pace tornò solo al momento della partenza di Pietro per una nuova destinazione, una settimana dopo. La sua famiglia non si fermava mai per più di un mese in campagna: la loro vacanza, in agosto, proseguiva al lago di Lesina presso i nonni materni. Doversi lasciare così presto, per i due cugini era un grosso dispiacere: in barba alla nota insofferenza fra le rispettive madri, loro due si volevano un bene dell’anima. Il distacco era condito, come sempre, da lucciconi agli occhi. Per Nicola, in assenza del cugino, le “azioni avventurose” ancora possibili in quell’estate che stava volgendo al termine, sarebbero state purtroppo monche di un protagonista attivo ed efficiente.

Mio cugino, in seguito, intraprese la carriera militare in aeronautica, raggiungendo, alla fine, il grado di colonnello. Io, invece, mi laureai in ingegneria elettronica.
Da pensionati, di tanto in tanto, ci incontriamo e, come tutti i vecchi di questo mondo, spesso ricordiamo i bei tempi della nostra adolescenza.
Ci credereste?
Pietro non ha ancora dimenticato il colpo di bastone ricevuto, quella volta, dal nonno e a me provoca ancora sofferenza l’umiliante sculacciata infertami da mia madre di fronte a tutta la parentela.
Se lo incontraste e vi capitasse di parlare con lui della famosa “guerra del latte”, non dategli assolutamente retta.
Quel giorno, la battaglia con le mammelle delle mucche l’ho vinta io.
Giuro.

commenti
  1. sherazade ha detto:

    Sono nata nel ’53 ma le vacanze quando non esistevano ancora noi bambini ovvero mio fratello e me le passavamo nella fattoria in Valle d’Aosta della nostra domestica e ne ho i tuoi stessi magnifici ricordi di mucche di battaglie con la cacca secca …
    Ed è salvifico ritrovarsi nella propria infanzia felice i momenti in cui intorno a noi regna il caos senza spiragli di migliorare.
    Sherabuonasettimana

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    • Nicola Losito ha detto:

      Beh, anche tu e tuo fratello non scherzavate come tipologia di marachelle! 😀
      Non ci avrei mai pensato a usare la cacca secca come proiettili…
      Bella fantasia la vostra!
      Nicola

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      • sherazade ha detto:

        Non era proprio nostra l’idea ma dei ragazzini del luogo!
        Che vuoi che ne sapessimo noi cittadinelli!!!
        Sherabientot

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      • Nicola Losito ha detto:

        Anch’io venivo dalla città (Bologna per l’esattezza), però la fantasia, coltivata con la lettura di libri e la visione di film, non mi mancava. Organizzare marachelle era il sale delle vacanze in campagna di me e di mio cugino… 😀
        E non c’erano scapaccioni di mamma e papà che ci potessero proibire di inventarne sempre di nuove!
        Nicola

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  2. remigio ha detto:

    Una guerra, la prima, genera altre guerre: e quest’ultime, sono sempre più rovinose della prima. 🙂 Un caro saluto, Nicola

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    • Nicola Losito ha detto:

      Esatto. Comunque, nel nostro piccolo caso di guerra da stalla, ben fecero le nostre rispettive mamme a suonarcele di santa ragione!
      Cordiali saluti anche a te.
      Nicola

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    • Nicola Losito ha detto:

      Cara Viv, ricordo che tu hai letto il mio libro e quindi sei a conoscenza di tutte le battaglie combattute da me bambino. Battaglie non tutte perse rovinosamente, come in questo caso. Talune le ho vinte e sono state un momento importante per la mia crescita.
      Un forte abbraccio.
      Nicola

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  3. stravagaria ha detto:

    Ricordavo questo episodio! In campagna è sempre stato così: gli sprechi non sono tollerati. Ricordo che da piccola, in vacanza, il figlio dei contadini presso cui abitavamo, per “farsi bello” con i figli dei villeggianti si mise a scuotere l’albero di pere che si trovava nella corte. Arrivò il padre sfilandosi la cinta e si mise ad inseguirlo urlando mentre noi, bambini di città, guardavamo impietriti…
    non l’ho più dimenticato! Buona giornata 😊

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  4. La il@ ha detto:

    Sei meraviglioso, come sempre. 🙂
    Noi ci limitavamo alle battaglie con (spruzzi di) uva! 😀
    I più arditi a quelle delle albicocche (mature).

    E, tornando a discorsi tristi, i “signori della guerra” sono quelli che dalle guerre traggono guadagno, che sulle guerre vivono..

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    • Nicola Losito ha detto:

      Cara Ilaria, sei sempre (carinamente) esagerata nei miei confronti. Devo necessariamente ringraziarti.
      Anche le vostre battaglie non erano male, devo dire.
      Chissà com’erano contenti i vostri parenti a vedere i vostri comportamenti… 😀
      Cordiali saluti.
      Nicola

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      • La il@ ha detto:

        Beh, erano battaglie epiche e irrinunciabili, non poteva passare estate senza che venissero fatte almeno una volta (e talvolta di più). Il bello è che la battaglia dell’uva era fatta all’aperto, quella delle albicocche invece nei corridoi delle cantine (del condominio in montagna).. e allora sì che la signora delle pulizia se ne accorgeva!!!!!! 😀

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      • Nicola Losito ha detto:

        Hai ragione. Battaglie=marachelle. Non riesco a immaginare la mia infanzia senza quelle. Divertenti, anche se poi le prendevamo di santa ragione dai grandi… 😀
        Nicola

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  5. Caro Nicola, hai scritto proprio un gustoso e vivido racconto.

    I ricordi di un tempo così lontano ed innocente sono sempre molto belli da condividere.

    Un abbraccio,

    Federico

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  6. ventisqueras ha detto:

    ci voleva proprio!
    per combattere Trump la guerra del latte ha ha ha
    ( ma chi ce lo ha mandato quello? )

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  7. mariella1953 ha detto:

    Simpaticissimi monelli!😀😀😀

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  8. sherazade ha detto:

    Non sarà certamente grancosa ma questa è la ‘mia’ luna di stanotte…

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  9. tachimio ha detto:

    Vi vedo , tutti e due impegnati in quella splendida ” guerra del latte”. Si splendida, perché ricca di una poesia intrinseca, quella poesia del vivere semplice, senza artifici ricercati . Una vita ricca, vera comprensiva di tutto, sberle e litigi compresi. Ricordi che non sbiadiscono col passare del tempo ma che riaffiorano per deliziare chi non ha vissuto esperienze simili. Io ricordo la mia infanzia estiva con molto piacere sempre caro Nicola, forse dovrei scrivere qualcosa a riguardo, ma mai riuscirei a scrivere come te . Grazie quindi per questa storia vera raccontata con l’ abilità di un bravo scrittore. Un abbraccio. isabella

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