Archivio per la categoria ‘poesia prosastica’

Ormai anche le pietre sanno che non amo la poesia in versi, però, pochi sono al corrente che nella mia biblioteca c’è un solo libro di componimenti poetici e che ogni tanto quel libro lo sfoglio.

Lo prendo in mano quando sono un po’ giù di corda come mi è capitato in questo orribile weekend di metà maggio.

Una bomba assurda a Brindisi e un devastante terremoto in Emilia sono stati in grado di demoralizzarmi al punto di pensare quanto fosse sciocco il mio darmi da fare per presentare oggi il mio solito, banale, spensierato post settimanale.

Ad aiutarmi a superare l’impasse c’è voluto Edgar Lee Masters con la sua Antologia di Spoon River: una raccolta non di poesie classiche ma di grandi, grandissime poesie in prosa. Non spendo altre parole, vi lascio a queste sue testimonianze per ricordare a tutti la caducità e bellezza della vita.

Nicola

Jones il violinista1

Hortense Robbins1

Petit il poeta

Samuel Gardner

William e Emily

Poesie tratte dall’edizione del Corriere della Sera:  La grande Poesia.  Copyright RCS 2004

wislawa-szymborska

Premiata con il Nobel nel 1996 e con numerosi altri riconoscimenti, la sorridente signora della foto è generalmente considerata la più importante poetessa polacca degli ultimi anni. In Polonia, i suoi volumi raggiungono cifre di vendita che rivaleggiano con quelle dei più famosi autori di prosa, nonostante in un’occasione Szymborska abbia ironicamente osservato, (Ad alcuni piace la poesia (Niektorzy lubią poezje)) che la poesia piace a non più di due persone su mille. Nata nel 1923 è deceduta il primo febbraio di quest’anno. (cfr. Wikipedia)

Confesso che fino a pochi giorni fa Wislawa Szymborska (nome pronunciabile col rischio di attorcigliare pericolosamente la lingua nella bocca) mi era del tutto sconosciuta, appartenendo io a quella pletora di persone che non amano la poesia. Parecchie volte mi sono chiesto il perché di codesta mia avversione e queste sono state alcune delle risposte che mi sono dato:

1. Perché a scuola, da bambini, ci costringevano a impararle a memoria e da questa insofferenza non mi sono mai liberato.

2. Perché trovare le rime fra le parole l’ho sempre considerato un esercizio mentale abbastanza inutile alla crescita intellettuale. Pesca, esca, tresca, fresca, lasca, frasca, tasca… uffa, che barba, che noia!

3. Perché, essendo logorroico di natura, esprimere un concetto in poche righe, come sanno fare i poeti, mi è sempre risultato difficile.

A ben vedere tutte e tre i motivi esposti sono facilmente confutabili, chiunque potrebbe farmi notare che se mi fossi appassionato almeno un pochino a questa tipologia di composizione letteraria, forse la mia mente ne avrebbe ricevuto dei vantaggi e la mia prosa sarebbe migliorata o quantomeno, riducendosi all’essenziale, sarebbe stata più facilmente fruibile da chi ha poco tempo da dedicare alla lettura.

Comunque alla mia età cambiare non è facile, le mie incrostazioni mentali sono quelle che sono e chi mi ama deve prendermi per quello che sono… ROFL_C~1

Quando giorni fa una mia cara amica mi ha inviato una mail con tre poesie di Wislawa Szymborska, ho ricevuto una specie di bastonata emotiva in testa. Sono stato costretto ad ammettere che (talvolta) anche un componimento poetico può essere appagante e una vera delizia per la mente come un bel racconto in prosa e mi sono convinto a pubblicarle tutte e tre nel mio blog in modo che anche voi possiate apprezzarle.

Ma allora come la mettiamo con la mia conclamata idiosincrasia per la poesia?

Beh, potrei salvarmi in corner sostenendo che esistono due diverse categorie di poesia, le poesie in versi e le poesie prosastiche. Ecco, le poesie prosastiche, quando sono notevoli come quelle più sotto, piacciono persino a me.  Qui, oltre alla grandezza dei pensieri c’è un pizzico di ironia/umorismo.

Pace e bene e buona lettura!

Nicola

La gioia di scrivere

La cipolla

Assenza

 

Parole del tuffatore di Paestum

di Roberto Mussapi

(tratto da “La stoffa dell’ombra e delle cose”  Editore Mondadori, 2007)

 

Io sono l’anima di tuo padre, il tuffatore:
ti ho seguito ogni giorno, ti sono accanto,
conosco come allora le tue zone d’ombra,
il linguaggio dei moti tracciato dalla tua faccia,
niente è cambiato da allora, in questo senso.
Questa è la prima cosa che ho scoperto,
la prima che volevo dirti: non cambia la percezione
dei tuoi attimi, come non cambiava
di notte, nel sonno, o per la distanza.
So che questo mio soffio (dal fondo dell’acqua, tra le attinie)
sarà per te come le mie parole un tempo:
che ti infondevano memoria e coraggio,
più del vino o di una donna che ti guarda.
La mia prima scoperta, la prima verità è che nulla
si spezza nel segreto dell’anima.
Il resto è confuso, è presto
per cercare di riferirti,
coralli, attinie, vite che si disegnano da un moto
d’acqua e si dileguano all’istante.
Non tutto è luce, trasparenza, silenzio,
cunicoli di buio, respiri compressi, poi voci
che inalano in me come se io parlassi.
Scivolo verso un fondo sempre più distante
E sento che una luce sommersa mi chiama da oriente:
non so dove finisca, per ora,
non so che cosa sia ma so che amore
la muove e ne determina il respiro.
Di questo viaggio parlerò più avanti,
quando esperito sarà conoscenza,
posso parlarti di quanto ho lasciato,
sopra la superficie azzurra delle acque,
tra le sabbie bianchissime, le palme,
l’ombra degli ulivi, il vino
che veniva versato dalle anfore:
ama la terra rosa nel tramonto,
immergiti nel mare per gioco, come un tritone,
gusta la frutta, il pane, bevi e mangia,
ascolta le risa delle ragazze,
cerca la loro bocca, ridi e dispèrati,
ringrazia ogni giorno il tuo paese lucente.
Io non sono tuo padre ma la sua anima,
non so quello che vivo ma ricordo,
la riva, la piscina, i colori che formano
lo strano disegno della vita mortale.
Vivi in quella ceramica smagliante e attendi
quanto saprò dirti più avanti, alla fine del viaggio.
Ma ora che dormi come quando in una culla
sembravi cercare i segreti del mondo,
ora che hai spalle più larghe e più radi i capelli,
ascolta le parole della mia anima
non so molto di lei, di me stessa,
(è presto, figlio, non conosco abbastanza,
ho appena iniziato, sto nuotando),
non pensare al mio corpo ( è tardi,
perle, quelli che furono i miei occhi,
e le mie labbra contratte in corallo),
ma ho conoscenza del loro matrimonio,
di quando vivevano all’unisono nel mondo
e io, anima di tuo padre, il tuffatore
ti consegno solo questa esperita certezza
(dal fondo dell’abisso, nel brivido del tuffo):
che anche l’uomo può amare eternamente.