Piazza Armerina
Siracusa, 31 maggio 2016, martedì
Oggi, visto che in programma c’è la gita a Piazza Armerina che dista da Siracusa circa 130 chilometri, ci alziamo di buon’ora per raggiungere velocemente in auto questa meta e potere poi visitare con calma la Villa Romana del Casale nella mattinata.
L’idea era quella di andare a Enna in autostrada e da lì dirigersi a Piazza Armerina, ma Peppino ha voluto provare una scorciatoia (a suo dire) più veloce. È andato tutto bene fino al momento in cui sono venute a mancare le indicazioni stradali per Piazza Armerina. A quel punto, essendo priva di navigatore l’auto presa a noleggio e non avendo installato google maps sul cellulare, ci siamo un po’ persi nei dintorni agresti e disabitati non lontani dalla nostra destinazione. Per fortuna abbiamo trovato un distributore di benzina il cui gestore ci ha gentilmente rimessi sulla retta via.
Piazza Armerina è un paese di circa 23.000 abitanti disposto su tre colline al centro di un territorio ricco di boschi e campagne. Il suo centro urbano è dominato dal Duomo, una possente costruzione barocca dei primi anni del 1600. Sarebbe stato interessante dargli un’occhiata, ma decidiamo di lasciar perdere perché ci preme dedicare più tempo alla visita della più importante testimonianza della civiltà romana in Sicilia.
Piazza Armerina
La Villa Romana del Casale, situata a tre chilometri da Piazza Armerina, fu costruita fra il III e IV secolo d.C. nelle vicinanze del fiume Gela e rappresenta, a tutt’oggi, il complesso di mosaici pavimentali più grande, più vario e più bello della Sicilia romana. Vi do qualche numero per farvi capire l’importanza di questa costruzione seppellita dal fango di una terribile alluvione e riportata alla luce solo in anni recenti: 63 ambienti, 42 pavimenti policromi che sviluppano 3500 metri quadri di superficie pittorica e musiva (cioè ricoperta da mosaici) per un totale di 120 milioni di tessere da mosaico di 4/6 millimetri. Il tutto posato da squadre di artigiani in gran parte provenienti dal Nord Africa che impiegarono dieci anni per completarlo.
La Villa, costruita per il tetrarca Massiminiano, in seguito allontanato da Diocleziano, era un complesso disposto su più livelli con funzioni sia residenziali sia di abitazione di pregio, cioè centro economico e amministrativo di latifondo. I suoi diversi gruppi di edifici con sale, peristili, gallerie, terme e corridoi rappresentavano lo stato dell’arte dell’epoca per dare le migliori condizioni di vita possibili al proprietario e ai numerosi ospiti sia stanziali sia di passaggio.
Pianta di Bernhard J.; Scheuvens aka Bjs – Opera propria
Oggi, i pavimenti e i vari ambienti, protetti da capannoni, sono visitabili su pensiline sopraelevate da cui è possibile ammirarli e scattare (senza pagare dazio) foto e filmati. Cosa questa in cui io, mia moglie e i nostri amici ci siamo sbizzarriti e che voi, cari lettori potrete godere da casa cliccando sulle immagini in fondo al post. Ciò perché è complicato per me descrivere a parole la bellezza e la varietà dei soggetti dei mosaici: una grande emozione per la vista potere osservare la bravura di chi ha saputo così bene rappresentare scene di vita domestica e disegnare animali esotici africani.
Naturalmente la cosa che ha colpito di più noi uomini è stata la sala dove sono raffigurate un certo numero di bagnanti in bikini davvero sensuali…
Con queste magnifiche immagini negli occhi, a mezzogiorno lasciamo la villa romana e ci dirigiamo verso il vicino paese di Aidone per visitare il Museo di Morgantina. Il piccolo museo, ospitato nel convento dei Cappuccini annesso all’omonima chiesa, contiene diversi reperti trovati a Morgantina, una località a 15 chilometri da Piazza Armerina, durante degli scavi avviati nel 1955 dagli studiosi dell’Università di Princeton (New Jersey – Stati Uniti). Il pezzo forte è la Dea di Morgantina, del V secolo a.C. attribuita a uno scultore della Magna Grecia allievo nella scuola di Fidia. La statua, alta più di due metri, del tutto fedele alla legge delle armoniose proporzioni delle parti, è piacevolissima da guardare da ogni angolo di visuale. Peccato che le manchino le braccia e il piede sinistro, i capelli e il velo della testa. La testa e le parti nude sono di marmo, mentre il drappeggio in tufo calcareo, in origine era dipinto.
Dea di Morgantina
Da Wikipedia leggo che: “Il museo di Morgantina in anni recenti è stato al centro di eventi di portata storica. Lo Stato Italiano è riuscito a ottenere la restituzione di preziosissimi reperti trafugati dai tombaroli e, attraverso il mercato clandestino acquistati dai principali musei statunitensi. Il 13 dicembre del 2009 sono rientrati dal Museo dell’Università della Virginia due acroliti (dal greco estremità di pietra: due teste, tre mani e tre piedi in marmo) di epoca greca arcaica appartenenti verosimilmente alle dee Demetra e Kore, molto venerate nell’antichità nella Sicilia centrale.
Acroliti di Demetra e Kore
Il 5 dicembre del 2010 è stata la volta del rientro dal Metropolitan Museum di New York di un servizio di sedici pezzi in argento per usi rituali e da tavola, appartenuti a tale Eupolemo, come ci rivelano delle scritte incise nell’arula votiva. Infine nella primavera del 2011 è rientrata l’ormai famosa Dea di Morgantina.”
Usciti dal museo avevamo superato abbondantemente l’ora di pranzo e morivamo di fame, perciò ci siamo messi alla ricerca di un ristorante ancora aperto a Aidone. Dopo diversi tentativi infruttuosi abbiamo trovato un piccolissimo locale a gestione famigliare dove ci hanno accolto con estrema simpatia anche se era molto tardi. Ebbene non me ne vogliano gli ottimi ristoratori di Siracusa, ma nella Trattoria Antichi Sapori Aidonesi in via Garibaldi 71 Aidone (Enna) Cell. 338-8816040, abbiamo mangiato alla grande, spendendo il giusto. Questo era solo l’antipasto:
Terminato il lauto pranzo siamo tornati in tutta calma a Siracusa, questa volta senza sbagliare la strada. Ci siamo recati a casa dei nostri amici dove abbiamo chiacchierato del più e del meno e fatto il programma per la visita a Pachino l’indomani. In seguito abbiamo fatto insieme una frugale cena e poi mia moglie e io siamo tornati in albergo a dormire.
Siracusa 1 giugno 2016, mercoledì
Ci siamo svegliati verso le otto e, aperte le imposte della camera d’albergo, ci siamo accorti che, durante la notte, era caduta un po’ di pioggia sulla città. Il cielo mattutino, ancora grigio, non mostra segni visibili di miglioramento. Al momento non piove ma promette di farlo. Telefoniamo agli amici e concordiamo di saltare la gita a Pachino prevista per oggi. Peccato perché questo paese di circa 22.000 abitanti, situato nel lembo più meridionale della Sicilia, stretto fra il mare Ionio e il mare Mediterraneo, è un importante centro vinicolo e ha in Capo Passero il suo riferimento e nei vicini stagni costieri della Riserva Naturale di Vendicari una notevole area di sosta per gli uccelli migratori che attraversano il canale di Sicilia. A detta dei nostri amici, nella riserva si possono ammirare stormi di anatre e, se si è fortunati, è possibile vedere cicogne, fenicotteri e molte altre specie di uccelli anche più rari.
Optiamo, perciò, per un programma diverso. Muniti di ombrello e libretto turistico la nostra nuova meta è il Castello Maniace, situato nella punta estrema dell’isola di Ortigia a pochissima distanza dall’albergo Domus Mariae che ci ospita. Peppino e Teresa che quel castello l’hanno visto diverse volte, rinunciano e ne approfitteranno per prepararci un pranzo casalingo alla siciliana degno di questo nome.
Castello Maniace
La monolitica fortezza, voluta da Federico II nel 1239, rimaneggiata diverse volte sia in epoca spagnola sia dopo i danni subiti durante il terremoto del 1639, conserva ancora l’originaria struttura a pianta quadrata con imponenti torrioni cilindrici angolari che la rendono difficilmente espugnabile dal nemico che arriva dal mare.
Ad accoglierci c’è un importante Portale ad arco rivestito di marmi policromi. Mentre stiamo girovagando tra le antiche mura, una pioggerella poco fastidiosa non impedisce a Chicca di scattare un sacco di foto e a me di usare la videocamera per riprendere i punti più belli della fortezza e lo splendido panorama dei dintorni osservato da una posizione alta e privilegiata.
Usciti dal Castello Maniace, sempre sotto la pioggia, ci avventuriamo per le strade e le viuzze di Ortigia per dare una nuova e più approfondita occhiata alla Siracusa vecchia che ormai giriamo senza timore di perderci. Con passo spedito percorriamo il panoramico lungomare che guarda verso il Porto Grande e una volta arrivati in prossimità di uno dei ponti che collegano l’Ortigia alla Siracusa nuova, due megagalattiche navette stanno sfornando un gran numero di chiassosi turisti accolti da una frotta di bengalesi (gli stessi che vendono fiori dentro e fuori dai ristornati) che stanno facendo affari d’oro vendendo loro ombrellini da 5 euro.
Lasciato il Porto Grande abbiamo poi proseguito verso il centro e, in Piazza Duomo, abbiamo acquistato una confezione di gelato da portare ai nostri amici che ci aspettano per pranzo. Una curiosità: in mattinata, uscendo dall’albergo, avevo acceso il contapassi sul telefonino per vedere quanta strada avremmo percorso nella mattinata, ebbene, arrivati a casa di Teresa e Peppino, nel nostro girovagare abbiamo percorso più di otto chilometri! Non male, vero?
Resta, quindi, giustificato che Chicca e io avessimo una gran fame. Volete conoscere il menù che ci hanno preparato i nostri amici? Antipasti misti gustosissimi, Paccheri alla Norma, Salciccia di Siracusa, Vino bianco doc, gelato, caffè e ammazza caffè. Oh, che bel vivere in Trinacria!
Per finire la giornata con i nostri amici, dopo un corroborante pisolino in albergo, siamo andati a piedi in Piazza del Duomo, giusto per sgranchirci le gambe e farci tornare l’appetito. Qui, entrati in una pizzeria, abbiamo concluso in allegria questo piovoso mercoledì siciliano.
Chi desidera vedere il filmato sulla Villa Romana del Casale a Pazza Armerina e sul Castello Maniace basta che clicchi sulle immagini sottostanti.
Villa Romana del Casale
Castello Maniace
Arrivederci alla prossima puntata!
Nicola
Crediti: alcune foto le ho reperite su Internet e sono di proprietà dei rispettivi autori a cui va il mio grazie. Le foto originali e i filmati appartengono a me e a mia moglie Chicca. Alcune notizie storiche le ho prese da Wikipedia e dal libro di Giuseppe di Giovanni, già ispettore onorario Beni Archeologici, su Piazza Armerina e Morgantina, stampato da Siculgrafica.