Archivio per gennaio, 2012

Uno dei grandi pregi della Settimana Enigmistica è quello di disseminare pillole di cultura spicciola o freddure disegnate in quasi tutte le sue pagine. Mia moglie la compra per fare le parole crociate, io la sfoglio solo per dare una scorsa alle barzellette. La maggior parte di esse, però, difficilmente induce alla risata grassa e convulsa, quella – per intenderci – che ti fa venire le lacrime agli occhi per eccesso di riso… Si tratta quasi sempre di battute dall’intento dichiarato di far sorridere e niente più.

Ogni tanto, però, anche qui si trovano delle vere e proprie perle di comicità e perciò a queste chicche dedico oggi, con grande piacere, il mio post. Per decisione editoriale la S.E. non pubblica mai i nomi degli autori, dunque non mi rimane che ringraziarli tutti in massa per la loro bravura e per i cinque minuti di buonumore che ci regalano in questo (lungo) periodo di crisi.

Sermoni domenicali

Dannazione1

Eh, già…

Giornalisti in erba1

Mettere le mani avanti…

Negazionismo1

Cerchiamo di venire incontro all’analista…

Problemi Esistenziali1

Sostituzioni all’ultimo minuto

Rimpiazzi2

Salutista, ma non troppo…

Salutista_ma non troppo2

Un margine d’errore può sempre esserci…

Sicuro2c

A volte l’uomo non azzecca la prima uscita…

Una brutta serata2

Alla prossima!

Psicologo

Mettendo ordine fra le carte accumulate sulla mia scrivania è saltato fuori un volantino pubblicitario del 2001 dell’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini su cui ho letto la tremenda frase che ha dato il titolo al mio post odierno:

Da vicino nessuno è normale”

È come dire che tutti , sia io che scrivo queste brevi note e voi che mi leggete, se osservati da vicino, abbiamo qualcosa che non va e che, in qualche maniera, piccola o grande, ci allontana dalla “normalità” dei comportamenti.

Per mia moglie, ad esempio, il mio stare quasi tutto il giorno chiuso in casa a cazzeggiare davanti a un computer, è un chiaro (chiarissimo…) segno di anormalità.

Dissento vivamente da questa analisi grossolana per diversi motivi:

· Primo, perché davanti al computer io non cazzeggio, ma produco cultura…

· Secondo, è inverno e fuori fa freddo.

· Terzo, la mia auto è un euro 3 a gasolio e non mi è permesso andare in giro per Milano perché inquino l’aria.

· Quarto, dovrei farmi la barba ogni giorno e spesso non ne ho voglia.

· Quinto, all’una devo portare fuori il cane di mia figlia a fare la cacca e questa è un’enorme seccatura.

· Sesto, chi può stabilire con esattezza cosa s’intende per “normalità”?

· Settimo, settimo… Beh, al momento non mi viene in mente: ma di sicuro c’è un settimo, importantissimo, motivo che mi permetta di contestare ciò che pensa di me mia moglie.

Ohibò!   ROFL_C~1

Nicola

Stop_blogging

Ormai lo sanno tutti, da quando sono in pensione spendo il mio tempo libero cazzeggiando su Internet: il più delle volte è tempo perso inutilmente, tempo che, a detta di mia moglie, potrei utilizzare più proficuamente facendo mille altre cose più intelligenti…

Vabbé, però, in questo mio navigare senza costrutto ogni tanto mi capita d’incontrare gente interessante, tipo il simpatico scrittore di fantasy/fantascienza Alessandro Girola che tiene, come me, un blog sulla piattaforma WordPress dall’intrigante titolo: Plutonia Experiment – Quantum Blog.

Lì su ho trovato due bellissimi post consecutivi che riporto più avanti e che spiegano il successo di questo blog presso gli internauti. Il numero dei commenti che Girola riceve, infatti, è notevole e non certo confrontabile con quello che contraddistingue I pensieri e le divagazioni del Signor Giacomo, la mia amata ma pochissimo seguita creatura…

Per fortuna la mia invidia per il successo altrui è “costruttiva”, nel senso che non mi deprimo quando vedo il grande appeal di altri blogger, anzi questa mia percezione della realtà mi spinge a pensare che se tantissimi “altri” sono più bravi e interessanti di me la colpa è solo mia e devo darmi da fare per migliorare me stesso e il mio prodotto…

Migliorare non è facile, forse basterebbe che mi applicassi un po’ di più. Accidentaccio, non vorrei che oggi, da vecchietto, si ripetesse la storia di quando ero bambino con gli insegnanti che dicevano a mia madre: “… suo figlio non è stupido… il fatto è che non si applica abbastanza!”  ROFL_C~1

Ok, bando alle chiacchiere, eccovi su un bel piatto d’argento, i due famosi post di Alessandro Girola che ringrazio di cuore per averli pensati e pubblicati… prima di me.

“Un lodevole proposito per il 2012 potrebbe essere quello di allontanare più gente possibile dal pericoloso mondo della scrittura.
Scrivere è una passione senz’altro interessante, ma come poche in grado di logorare fegato e cervello.
L’Italia è sempre più un paese di allenatori di calcio, di latin lover, ma anche di scrittori ed editori. Si potrebbe quasi dire che ci sono più tizi che scrivono (e pubblicano) che non lettori. Senza tener conto di chi si improvvisa imbrattacarte o editore solo perché ogni tanto va di moda farlo.

Il mio spassionato consiglio, quindi, è di non mettervi a scrivere, piuttosto
dedicatevi alla fotografia, alla musica, alla cucina, al giardinaggio. Tutte cose più tranquille, rilassanti e anche con prospettive economiche non disprezzabili. Questi, dunque:

DIECI MOTIVI PER NON DEDICARSI ALLA SCRITTURA

di Alessandro Girola

1. Girano pochissimi soldi. In Italia gli scrittori che vivono della loro arte sono forse una decina. I libri rendono qualche spicciolo o poco più. In quasi tutti i casi non si va nemmeno in pareggio col tempo e le risorse spese in fase di creazione. Il numero degli acquirenti di cartacei e/o ebook è esiguo. I canali d’informazione dedicati ai libri sono scarsissimi e spesso autoreferenziali.

2. Gli editori italiani sono dei cialtroni. Fanno eccezione pochi, lodevolissimi casi, ma per il resto il panorama è catastrofico. Imprenditori incompetenti, avventurieri delle parole, dilettanti allo sbaraglio, gente che non paga. Il panorama umano è davvero variegato, ma quasi esclusivamente in senso negativo.

3. Scrivere è un attività priva di sex appeal. Nessuno vi troverà affascinanti se affermerete “sono uno scrittore”. Al limite vi guarderanno con sospetto. In fondo siamo uno dei paesi europei con meno lettori in proporzione alla popolazione alfabetizzata. Meglio imparare a giocare a calcio, o fare le modelle.

4. Le soddisfazioni sono poche. Aspettatevi un numero esiguo di complimenti, anche nel caso in cui decideste di regalare i vostri lavori. Pochi feedback, qualche “grazie” sibilato tra i denti, molte critiche (vedi punto 5).

5. Le critiche sono tante. Qualunque cosa voi facciate, troverete sempre il tizio disposto a bocciare il vostro lavoro in nome di una decina di refusi sparsi in duecento pagine di libro.

6. I parassiti vi stresseranno. Per la serie “io parlo bene del tuo libro se tu parli bene del mio”. Oppure, altro esempio “io ti invito a scrivere un racconto per la mia antologia, in cambio tu cerchi di venderla ai tuoi amici”. Qualità, disinteresse, passione? Parole che presto dimenticherete.

7. Troll alle porte. Oltre ai criticoni citati nel punto 5, si faranno presto vivi anche i veri e propri troll. Blogger la cui esistenza sembra vincolata alla sacra missione di distruggere la dignità degli scrittori, e non solo di esercitare un sacrosanto diritto di critica. Attaccheranno voi, le vostre opere, la vostra persona, la vostra etnia, ogni singola parola scritta fuori posto. Vi renderanno la vita un inferno.

8. La dipendenza. Piaccia o meno, la scrittura causa dipendenza. Ed è una passione che richiede tempo, impegno e fatica. Scrivere di notte, nei ritagli tra lavoro, famiglia e vita sociale può diventare un inferno, un’ossessione. Per poi arrivare a un dunque e cadere nei problemi citati finora.

9. Solitudine. Forse è esagerato dire che scrivere è una passione solitaria, ma di certo non è nemmeno l’espressione artistica che vi permetterà di conoscere chissà quante persone.

10. Un giorno arriverete a scrivere una lista come questa, e cercherete di riderci su.

Ecco invece:

DIECI MOTIVI PER DEDICARSI ALLA SCRITTURA

di Alessandro Girola

1. Anche se non pubblicherete mai nulla, nemmeno un racconto, imparare a scrivere in un italiano corretto e piacevole è un obiettivo di per sé nobile.

2. Creare storie è un’attività intellettuale che può tornare utile in molti settori estranei all’editoria. Per esempio nei rapporti sociali, o per scrivere un curriculum, o per interagire su Internet.

3. Col progressivo diffondersi di ebook ci si può svincolare dai farraginosi meccanismi dell’editoria tradizionale, lenta e marchettara. Se avete tempo ed energie da impiegare nelle public relations potreste ottenere buoni risultati anche con le autopubblicazioni.

4. Migliorare la vostra scrittura migliorerà di conseguenza la vostra capacità di analisi da lettore.

5. A livello meramente economico la scrittura è la forma artistica che richiedere il minor investimento iniziale di soldi. Vi basterà un computer o, se siete della vecchia scuola, carta e penna. E poi chissà…

6. Aprirsi a un pubblico esterno – non solo amici e parenti – vi servirà a tracciare le giuste proporzioni delle vostre capacità, e quindi a conoscervi meglio.

7. Oltre agli inevitabili troll troverete anche dei lettori gentili, entusiasti e puntuali nel farvi capire cosa funziona e cosa va perfezionato.

8. Essendo scrittura e lettura due attività oramai di nicchia, potreste trovare degli spiriti affini con cui condividere queste passioni, sentendovi un po’ meno isolati.

9. Ci sono dozzine di ottimi progetti di scrittura condivisa o partecipativa. Se avete pochi stimoli, se temete di non trovare un pubblico, beh, queste occasioni sono l’ideale per mettere in mostra le vostre capacità.

10. Male che vada vi farete una cultura globale più ampia, il che non viene granché valorizzato nel nostro paese, ma a livello umano e personale ha un valore impareggiabile.”

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Davvero formidabili questi due post, vero? A me ha colpito di più la prima lista: si capisce che Alessandro Girola ha vissuto sulla sua pelle ciò che la scrittura procura alla mente di chi da tempo si dedica a questo hobby e che da hobby non si è mai trasformato in lavoro a tempo pieno, remunerato adeguatamente. Ma oggi, in Italia, chi può permettersi di vivere con i proventi delle vendite dei propri libri?

E va bene, Girola mi hai convinto: anch’io smetterò di scrivere… MOST_P~1

Nicola

Questo è il titolo del mio primo lungo romanzo. Per coloro che non lo conoscono ancora, presento la copertina e i primi 5 capitoli. E, in fondo all’articolo, ci sono brevi ma importanti Note a margine… animate.

CopertinaAnterioreAllabisognaTango si balla [1600x1200] [1600x1200] [1600x1200]

Prologo

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5 - 1

Capitolo 5 - 2

Alla bisogna tango si balla è disponibile in f.to Pdf, leggibile su Pc con Acrobat Reader:

Schermata Alla bisogna tango si balla in Adobe Reader

sull’emulatore per Pc, Kindle Previewer:

Kindle Preview

su Adobe Digital Edition:

Schermata ADE

Con visualizzazione a libro su Martview:

Schermata Martview

e su Soda 3D Pdf Reader

Schermata Alla bisogna tango si balla Soda 3D

Attualmente sto preparando una versione adatta per essere letta sull’Ipad2 di Apple e sul Galaxy Tab 10.1 di Samsung.

Tutti i software citati per Pc (e cioè Adobe Reader, Soda 3D Pdf Reader, MartView, Adobe Digital Editions, Kindle Previewer) sono gratuiti e scaricabili facilmente da Internet e altrettanto facilmente installabili sul vostro Pc.

Chi è interessato a ricevere gratuitamente Alla bisogna tango si balla può richiedermelo all’indirizzo mail n.losito@alice.it, nell’occasione, fornirò specifici dettagli relativi al tipo di programma scelto per la lettura.

E, per finire, ecco alcune…

Note a margine… animate

Un romanzo lungo come il mio (436 pag.) rappresenta un’impresa titanica (se non impossibile) da condurre in porto su un pc: 010105a_hit

Si corre il rischio di diventare strabici 060104~3

se si superano i classici dieci minuti di attenzione che si può prestare allo schermo a pixel illuminati di un computer. È ovvio che la cosa migliore da fare sarebbe di leggerlo su carta come un vero libro: purtroppo fotocopiare 436 pagine in copisteria è molto costoso. Lo so per esperienza perché ne ho stampate tempo fa una trentina di copie che ho regalato agli amici più intimi…

Il primo consiglio che posso dare è di leggerlo a spizzichi e bocconi, diciamo due o tre capitoli al giorno: i capitoli non sono molto lunghi e si possono affrontare con facilità anche al computer.

Ciò detto, ahimé, devo confessare che non tutti quelli a cui ho regalato il libro cartaceo lo hanno letto fino all’ultima pagina. EV442A~1

Le ragioni possono essere state tante:

1.a) il libro non vale niente (il che potrebbe essere realistico, anche se un simile giudizio è difficile da mandare giù da chi ha fatto tanta fatica a scriverlo…)

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2.a) perché l’argomento trattato non è interessante (non tutti amano leggere le avventure in Rete vissute da tre protagonisti non più giovanissimi).

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3.a) perché molti lettori evitano come la peste di affrontare romanzi voluminosi, indipendentemente da chi li ha scritti).

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4.a) perché è di un autore sconosciuto (ma come diavolo si fa a diventare conosciuti se nessuno ti legge?).

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5.a) perché non dovevo regalarlo a persone che non amano leggere romanzi (ma stravedono solo per i saggi).

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6.a) perché non dovevo regalarlo a persone che, al pari di me, scrivono e si credono autori affermati avendo pubblicato libri con editori a pagamento (questi sono i peggiori lettori in assoluto…).

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7.a) perché non dovevo regalarlo a editor di case editrici (costoro, in genere, sono malpagati per il lavoro, noiosissimo, che svolgono).

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Bene, il secondo e ultimo consiglio che mi sento in dovere di regalare a chi si accinge a leggere Alla bisogna tango si balla è di arrivare fino in fondo al libro. Chi lo ha davvero affrontato senza pregiudizi e senza saltare pagine lo ha trovato intriso di humour, gradevole, ben scritto, degno di attenzione per avere esplorato con umana curiosità il mondo virtuale di Internet e avere scoperto a sue spese quanto esso possa essere intrigante, ingannevole, pericoloso e…

Ok, stop alle sviolinate, provate a leggerlo e poi fatemi sapere cosa ne pensate!

Cordiali saluti a tutti

Nicola

È l’ultimo giovedì dell’anno, ora dell’aperitivo, e mi trovo qui a visitare la mostra “Cezanne, Les ateliers du Midì” . In questo momento c’è poca gente: ho tutto il tempo per guardare e vedere senza correre, e non è cosa da poco durante gli eventi di grande richiamo dove occorre prenotare i biglietti con settimane di anticipo per poi ritrovarsi comunque in coda nei saloni e dover dedicare alle opere esposte solo sguardi rapidi e sfuggenti. Proprio per questo motivo, la mostra di Dalì a cui sono stata giorni fa è rimasta nella mia memoria non come il “sogno che si avvicina”, ma come un incubo: sale poco illuminate, quadri mal disposti, una folla incalzante e rumorosa che preclude ogni tentativo di avvicinamento ai quadri, immagini di per sé ansiogene e di toni scuri, che non ho avuto tempo né di vedere né tantomeno di capire. Unici barlumi degni di nota in tanta desolazione, una Crocifissione inquadrata da una prospettiva inconsueta, un enorme affresco di ambientazione spagnola, desertica ma di colori caldi, e soprattutto i disegni preparatori e il cartoon Destino, disegnato da Dalì per Disney. Nel video, visibile all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=U2vfab6UNpM, finalmente ho incontrato Dalì, poetico, folle, sognatore, e quest’ultima esperienza è tra il paio che salvo dal catastrofico percorso espositivo.

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Dalì – Destino

I quadri di Cezanne in mostra non sono molti, e questo permette di goderseli senza il classico timore di “non riuscire a vedere tutto”; i dipinti esposti nelle prime sale sono talmente distanti dalla maniera pittorica di Cezanne a cui siamo abituati, che potrebbero essere stati dipinti da chiunque altro; eppure sono immagini emozionanti, come il Sogno dell’artista e le Stagioni, forse un tributo o forse il gioco di un esordiente, perché li ha firmati Ingres

Ho sempre trovato istruttivo guardare i quadri prima da distanza e poi molto da vicino, magari un po’ di sbieco, per cogliere l’insieme della prospettiva e l’intreccio della pennellata. All’inizio lo facevo per imparare, sì, per imparare a muovere il pennello sul legno, nei miei maldestri tentativi di pittura a olio sul compensato. La pennellata è personale, è per il pittore una sorta di calligrafia, di impronta digitale, si adatta di volta in volta alla rappresentazione del mondo, segue le forme sinuose delle onde o delle colline, i tratti decisi di alberi ed edifici, le sagome leggere di nuvole e petali… ma rispecchia anche l’io di chi dipinge. Nel Duemila ho provato un’emozione incredibile a contemplare le pennellate di Leonardo sulla tavola della Vergine delle rocce al Louvre. Potevo quasi sfiorare la superficie, nemmeno un vetro mi separava dalla pittura, avrei potuto toccarla, ci ho pensato, ma non ho osato. Nulla di paragonabile alla visita alla Gioconda, sepolta dietro vetri blindati, sorvegliata da guardie armate, irreparabilmente distante dietro un mare tempestoso di teste ondivaghe, colli allungati e flash lampeggianti… nemmeno a dirvelo, mi comunicava più mistero e aspettativa ammirare quel sorriso celebre sul coperchio della scatola di latta dove la nonna teneva i cotoni da ricamo; quando ho potuto finalmente vederla dal vivo a Parigi, ne sono rimasta profondamente delusa.

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 Leonardo – Vergine delle rocce

La pennellata di Cezanne è densissima, carica di materia, nelle nature morte come nei panorami i primi piani si sollevano letteralmente dalla tela a forza di materia, ogni piano luminoso emerge a colpi di olio stratificato su altro olio. È la pennellata di un Capricorno, legato alla terra e alla materia, introspettivo, analitico… perfino i suoi cieli sono chiari, ma coperti di pennellate talmente dense da screpolarsi; così anche le fronde degli alberi di Provenza sembrano leggere solo a distanza, basta avvicinarsi per sentire tutto il peso di quelle frasche che sembrano scolpite in una pietra verde. Anche i colori di Cezanne appartengono alla Terra, predominano le ocre, terre, verdi scuri, bruni, blu violacei.

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Cezanne

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Cezanne

Viceversa, Leonardo era un Acquario, segno di Aria, di leggerezza, di versatilità… le sue pennellate sono impalpabili, aeree, come i suoi orizzonti persi nella foschia. Nonostante la leggerezza, i primi piani di Leonardo hanno una definizione di dettagli da naturalista, da fotografo: nell’Annunciazione, le erbe in primo piano e gli alberi sullo sfondo sono descritti con una precisione da guida botanica, puoi identificarli senza ombra di dubbio.

Certi ritratti di Goya, invece, rivelano una pennellata che da vicino pare incerta, ma che a debita distanza ti descrive il pizzo di un colletto con tutta la leggerezza e la precisione necessaria; poco più in là, colpi di pennello agili e precisi come tagli di fioretto ti illuminano la piega di un tessuto, il riflesso di un gioiello, dettagliano un occhio e ti spalancano un’anima… Goya era un Ariete, Fuoco.

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                  Leonardo – L’annunciazione          Goya – Don Manuel Osorio

E l’Acqua? La liquida fluidità delle figure e degli abiti vaporosi, i riflessi della Senna e degli sguardi femminili, i giochi della luce e dell’ombra, una inquieta malinconia che vela i momenti della festa, balli e gite fuoriporta, sono i classici temi di Renoir; in un altro pittore d’Acqua, Michelangelo, la continua contrapposizione dei chiaroscuri che scolpiscono i volumi… serenità e malinconia, solidità e leggerezza, luce e ombra, bene e male, le dualità contrastanti che convivono nel doppio segno dei Pesci e fluiscono incessantemente dall’uno all’altro polo, come nel simbolo cinese yin-yang.

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                          Renoir                                   Michelangelo

Non so perché ho raccontato alcuni quadri e artisti a partire dalle loro pennellate e le ho messe in relazione agli elementi, ai segni zodiacali e ai simboli, non mi occupo affatto di astrologia, ma mi è sembrato il modo più semplice per comunicare con immediatezza le mie sensazioni. Ci tengo a precisare che non ho studi artistici alle spalle; se ho provato a dipingere a olio è perché ho trovato in casa una vecchia cassetta di tubetti mezzi rinsecchiti e un cavalletto pieghevole… in verità, mi è sempre piaciuto disegnare, soprattutto quando a scuola si faceva la “copia dal vero” di una mela o un barattolo portati da casa e per un’ora carta matita, pastelli o tempere si muovevano come volevo io. Adesso in città non ho tempo per dipingere, né un posto sicuro in casa per tenere in giro cavalletto e colori in attesa dell’attimo fuggente… ma vi immaginate la mia micia rossa che passeggia sulla tavolozza annusando con circospezione tubetti e pennelli impregnati dell’odore acre e caratteristico dell’olio di lino e della trementina e poi passeggia solenne per casa con il pennacchio della coda ritto in aria a punto interrogativo, seminando ovunque tracce multicolori delle sue zampine, come il gattino Matisse degli Aristogatti?

Gli oggetti in primo piano nei quadri di Cezanne, vasi, frutta, tronchi, case, sono cerchiati di scuro, come da bambini ti insegnano che non devi fare, eppure mantengono il loro volume, pur quando sono talmente precisi, talmente artificiali da diventare cubisti: uno degli ultimi quadri della mostra, un bosco di pini con uno sfondo indecifrabile, ricorda straordinariamente le Damoiselles d’Avignon di Picasso, pur se i due soggetti sono totalmente diversi.

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                          Cezanne                                    Picasso

In effetti un critico d’arte vi direbbe che Cezanne è stato un ispiratore del Cubismo. Quel giovedi sera io ignoravo tutto di Cezanne e dei cubisti, perché non ho letto nulla delle didascalie della mostra. Odio dover leggere ai musei, c’è sempre troppo testo a caratteri troppo piccoli, poca luce e troppa gente per farlo tranquillamente, se proprio devo, leggo solo i titoli dei quadri e al massimo i luoghi di provenienza delle opere… Per sapere se Cezanne era davvero un segno di Terra come ho immaginato, ho cercato la sua biografia su Wikipedia mentre scrivevo questo commento.

Non condivido del tutto questa mania di classificare i periodi artistici, mostrare quasi sempre le opere in ordine cronologico…. si, può essere utile, didattico, ordinato, ma ogni opera d’arte è una storia a sè, può essere riuscita o non compiuta, ma deve comunque comunicarti la poetica, il pensiero, il suo messaggio.

Incasellare opere e artisti in una corrente, in un periodo ti dà una sensazione libresca e scolastica dell’arte, può servire quando devi costruire uno schema, ma poi gli schemi devono essere rotti, come i giocattoli meccanici due giorni dopo Natale, e sarebbe molto più liberatorio ricostruire la storia dell’arte per analogie, per differenze, per contrasti, per soggetti… Quello che ho colto alla mostra sicuramente non stava scritto sui tabelloni, forse si poteva coglierlo tra le righe manoscritte di Cezanne che giganteggiano nei saloni (“L’armonia del colore accresce la precisione del disegno”), oppure nei suoi quadri… ricorderò a lungo la pennellata greve, il cielo opaco, i colori terrosi, le masse pesanti che sembrano scolpite nella pietra. Se uno storico dell’arte mi raccontasse i pittori a partire dal loro gesto, dai loro colori, dai loro soggetti, per arrivare a spiegarmi storia, correnti e avanguardie solo alla fine, probabilmente vorrei ascoltarlo giorno e notte e arriverei a capire l’Arte nel suo senso più profondo; a volte è un dettaglio a metterti in moto la fantasia e l’intuizione, nell’arte come nella scienza, una pennellata può essere illuminante quanto la mela di Newton. Peccato però che l’arte ce la raccontino sempre nel modo noioso, quello che non ti avvicina ma ti allontana, quello che ti porta a concludere che l’arte è cosa per gli iniziati, gli eruditi, o per quelli che hanno tempo da perdere.

A questo punto dovrei concludere, forse incitando chi legge a visitare la mostra o a non farlo… decidete voi! Forse ci andrete, se vi ho incuriosito a sufficienza, oppure se vorrete controllare se quello che vi ho raccontato ha senso oppure se si tratta di folli divagazioni di una presuntuosa imbrattatele della domenica… In attesa di ricevere, eventualmente, le vostre impressioni personali sulla mostra, un sincero augurio di Buon Anno e l’invito a non essere, almeno per una volta, vittime rassegnate dell’audioguida.

Silvia Russo

2011 in review

Pubblicato: 01/01/2012 in Uncategorized

The WordPress.com stats helper monkeys prepared a 2011 annual report for this blog.

Here’s an excerpt:

A San Francisco cable car holds 60 people. This blog was viewed about 2.200 times in 2011. If it were a cable car, it would take about 37 trips to carry that many people.

Click here to see the complete report.